Stato di agitazione delle lavoratrici e dei lavoratori della Giustizia. A proclamarlo sono Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Pa che, nel denunciare “l’immobilismo del Ministero della Giustizia”, così motivano la decisione: “Da mesi stiamo chiedendo ai vertici del Ministero, e dei quattro dipartimenti che lo compongono, l’apertura del tavolo negoziale per iniziare il confronto sul contratto integrativo del personale del comparto delle Funzioni Centrali e procedere agli adempimenti previsti dal CCNL 2019/2021 e dare risposte alle aspettative vecchie e nuove del personale, a partire dalle progressioni verticali che consentirebbero l’apertura di percorsi di carriera, ma non abbiamo ricevuto alcuna risposta”.
Per i sindacati, “i ritardi dell’amministrazione rischiano di compromettere ancora una volta la piena esigibilità del contratto. Dal primo novembre 2022 dovrebbe esserci il passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento che, assieme alla ridefinizione della struttura delle retribuzioni, dovrebbe anche portare alla definizione delle nuove famiglie professionali. Ma per quella data, di questo passo, si rischia di non aver neanche iniziato la discussione. Se a ciò si aggiunge che non sono state portate a termine neanche le progressioni economiche definite dai precedenti contratti integrativi, si capisce facilmente il rischio che stanno correndo i lavoratori del settore”.
“Non è più tollerabile – proseguono Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Pa – che i lavoratori dei quattro dipartimenti della Giustizia siano sempre svantaggiati nelle progressioni economiche e di carriera rispetto al resto del personale del pubblico impiego a causa dell’inerzia delle amministrazioni e del Ministero della Giustizia. Per questo dichiariamo lo stato di agitazione del personale che andrà avanti fino a quando non avremo risposte concrete”, concludono.