MIC – Comunicato su caso MarTA

08 Luglio 2022

Conciliazione sul MarTA: il MIC rinuncia ai vigilantes.

La vicenda del Museo Nazionale Archeologico di Taranto, che ha visto in questi giorni l’insorgenza di un grave conflitto dovuto, oltre che a motivi relativi alla gestione interna del Museo, al grave precedente relativo all’utilizzo dei vigilantes privati in sostituzione del personale interno in occasione della prima domenica di questo mese, si è fortunatamente conclusa con un esito positivo a seguito della riunione del tavolo nazionale, convocato di gran fretta dalla DG Musei per un tentativo di conciliazione e che ha visto, tra l’altro, l’interruzione ed il ritiro dell’affidamento ai vigilantes del servizio di vigilanza interno al Museo.

Non possiamo, quindi, che esprimere soddisfazione per avere contrastato con successo un tentativo di stravolgere il senso della funzione squisitamente pubblica della tutela e della custodia del patrimonio culturale, che il Codice dei Beni Culturali affida esclusivamente ai dipendenti pubblici, ed evitato un precedente che avrebbe potuto condizionare molte scelte dei cosiddetti direttori manager, avvinti dalla necessità di dimostrare a tutti i costi incrementi di visitatori tramite la massimizzazione degli orari di apertura in grave carenza di personale.

Ma allo stesso tempo non vengono meno i motivi della nostra forte preoccupazione sullo stato dei servizi che il Ministero dovrebbe offrire, che non riguardano solo i settori più esposti mediaticamente, ma l’insieme delle attività di tutela e conservazione del patrimonio culturale penalizzate pesantemente da una serie di riforme dal pesante taglio liberista delle riorganizzazioni in salsa franceschiniana e su cui i fattori strutturali di crisi organizzativa che denunciamo incidono in maniera persino più grave rispetto ai cicli museali.

In questo contesto il caso MarTA è emerso solo grazie all’improvvida decisione della sua Direzione di annunciare la chiusura del Museo nelle domeniche e quella scellerata del Ministro di utilizzare i vigilantes privati, forse con l’intento di replicare il caso Colosseo, quando la convocazione di una legittima assemblea scatenò una caccia mediatica ai lavoratori del Ministero e causò l’intervento liberticida sul diritto allo sciopero nei luoghi della cultura, ad opera dell’attuale ministro. Se questo effetto non si è evidenziato è solo perché emerge sempre più la consapevolezza, da parte delle comunità e dei media locali, degli effetti contraddittori tra la politica degli annunci di creazione di siti che dovrebbero dare lustro ai territori e la realtà del progressivo arretramento dei servizi pubblici dedicati e dei mancati investimenti sulle nuove strutture ministeriali. Almeno per quel che riguarda il famoso connubio cultura/turismo incentrato sulla scommessa del sistema museale. Solo per rimanere a Taranto fa specie invece che nessuno si interroghi sullo stato organizzativo della Soprintendenza Nazionale al patrimonio subacqueo, la cui dimensione organizzativa teorica dovrebbe essere percepita come uno straordinario volano per lo sviluppo di questa città e che invece fa i conti con le note carenze strutturali accompagnate da un certo disinteresse da parte dell’opinione pubblica. Ma lo stesso effetto sta avvenendo a seguito dello spacchettamento di alcune Soprintendenze territoriali, che vengono percepite come una medaglietta dalle comunità interessate, salvo poi disinteressarsi del tutto sulle loro reali capacità di funzionamento.

Per questo, in conclusione, è più che mai urgente e necessario proseguire nella mobilitazione unitaria che abbia al centro le rivendicazioni che hanno caratterizzato la riuscitissima giornata dei presidi del 4 luglio. Ovvero l’apertura di in confronto a tutto tondo su quello che occorre per rilanciare le attività del Ministero, a partire da un piano di occupazione straordinaria che qualifichi i fabbisogni funzionali alla ripresa dei servizi e corrisponda alle esigenze qualitative dettate dai processi di innovazione organizzativa posti al servizio delle comunità che devono potersi riconoscere nel patrimonio culturale posseduto. Un confronto che certo richiami la politica alle sue responsabilità ma che deve sollecitare una nuova consapevolezza sociale sul carattere strategico di questa scommessa. Noi ci siamo e ci saremo, insieme ai lavoratori che questa consapevolezza la vivono misurando gli effetti del degrado sulle loro condizioni di lavoro e, ci auguriamo, insieme ai cittadini.

Claudio Meloni

FPCGIL Nazionale Ministero della Cultura

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