Nessun Ministro, in una normale democrazia, si sarebbe potuto permettere di avanzare affermazioni così gravi sulla morte violenta di un ragazzo di trent’anni, tanto meno colui che ha dato il nome ad una legge che antepone la repressione alla cura, che colpevolizza le persone con dipendenza, che offre a piene mani carcere anziché recupero, costrizione anziché servizi alla persona.
Il Ministro Giovanardi, affermando che Stefano Cucchi è morto perché tossicodipendente, non solo stravolge la realtà dei fatti, quella delle cronache, quella giudiziaria, ma, con cattiveria e senza scrupoli, assolve di fatto tutti i soggetti di questa triste storia dalle loro responsabilità e scarica su quel corpo martoriato e abbandonato la colpa della sua morte.
Se il Ministro abbandonasse per un solo attimo la sua personale e controproducente guerra alla marginalità, alla sofferenza ed al disagio che lo stato di dipendenza spesso porta in sé, si accorgerebbe non solo della gravità delle sue affermazioni, ma anche della sostanziale inutilità e, a questo punto pericolosità, della sua legge liberticida e repressiva.
E’ la sua legge che non ha dato a Stefano Cucchi un’alternativa che, visti gli avvenimenti, avrebbe significato vita; è la sua legge che impone la carcerazione dei tossicodipendenti e che rende proibitiva, nei fatti, la possibilità di recupero attraverso la loro presa in carico nei servizi del sistema sanitario nazionale.
Che un Ministro, invece di interrogarsi sul dilagare del fenomeno delle droghe nel nostro paese, anche a fronte della normativa che porta il suo nome, si sperimenti in queste considerazioni pregne di bassa ideologia, la dice lunga sulla sua inadeguatezza.
Un soprassalto di dignità imporrebbe al Ministro Giovanardi di chiedere immediatamente scusa al papà, alla mamma, alla sorella ed alla società tutta per queste gravissime e violente parole in libertà che, a nostro giudizio, uccidono per la seconda volta Stefano Cucchi.
Sig. Ministro, si scusi e basta.
Roma 9 Novembre 2009