Al Presidente del Consiglio di Stato
Cons. Paolo Salvatore
Al Segretario Generale del Consiglio di Stato
Cons. Antonino Anastasi
OGGETTO: Osservazioni alla bozza di regolamento di organizzazione e decentramento del Ministero della Giustizia a cura dei coordinamenti nazionale FPCGIL Organizzazione Giudiziaria, Archivi Notarili e Giustizia Minorile.
Alla fine dello scorso dicembre le OO.SS sono state convocate per la presentazione del regolamento di organizzazione e decentramento del Ministero della Giustizia in applicazione del D.lgs. 240/06: nonostante le critiche da noi espresse come FPCGIL su come siano stata operate alcune scelte l’Amministrazione ha ritenuto di non dover tener in conto le nostre obiezioni.
Poiché si tratta di materia delicata e relativa a settori importanti per il funzionamento di tutta la giustizia riteniamo opportuno fare alcune segnalazioni nel merito; è infatti a nostro avviso un progetto destinato a fallire su molti fronti, con conseguenze gravi sul funzionamento degli uffici e l’efficienza del servizio reso alla cittadinanza.
Organizzazione Giudiziaria
Per quanto attiene la parte relativa all’organizzazione Giudiziaria il regolamento di organizzazione che ci è stato presentato, mette in evidenza alcuni elementi di criticità.
Come prima questione dobbiamo sottolineare che questo provvedimento si cala in una realtà che avrebbe bisogno di risorse economiche e materiali, ciò inficia buona parte dei provvedimenti assunti e li colloca dentro una dimensione prevalentemente contabile piuttosto che organizzativo funzionale. Ci sarebbe bisogno di un intervento straordinario di ristrutturazione e invece ci troviamo al cospetto di uno smantellamento del servizio. Nel regolamento si parla di attribuzione di risorse da parte dei capi dipartimenti ma non si comprende affatto quale potrebbe essere il processo di finanziamento per funzioni che prima erano riservate all’Amministrazione Centrale ed adesso verrebbero ripartite fra articolazioni ministeriali periferiche.
Queste articolazioni periferiche avrebbero infatti una serie di necessità non trascurabili come organici, mezzi e beni, strutture in cui far risiedere gli uffici e attrezzature per il funzionamento.
In relazione agli organici la bozza e la relazione non dicono nulla: è da sottolineare che il D.lgs. 240/06 prevedeva aumento di dotazione organica di 160 unità di personale amministrativo non dirigenziale appartenenti alle posizioni economiche C2, C1, B3 e B2 ( v. art. 9 D lgs. 240/06). Tale aumento stabilito dalla legge, pur in forma insufficiente, chiariva che un progetto del genere non poteva essere realizzato con dotazioni organiche insufficienti ma che avrebbe necessitato di un potenziamento delle stesse.
Con lo schema di regolamento si propongono ristrutturazioni e accorpamenti di direzioni generali a livello centrale, ma non è dato sapere quali attribuzioni di risorse saranno destinate alle direzioni generali decentrate. Si consideri che quel previsto aumento di organico di 160 unità disposto dal D.lgs 240/06 si basava su una dotazione organica fissata per il DOG in circa oltre 47.000 unità. Oggi in base alla legge 133/08 si presenta una dotazione organica di 44.000. E’ evidente che per queste nuove strutture che avranno in forma prevalente compiti complessi connessi all’espletamento dell’attività giudiziaria sul territorio non è stata operata alcuna previsione di adeguato fabbisogno.
Si ritiene che l’efficienza non passi attraverso tagli alle dotazioni organiche, come invece sembra indicare la relazione allo schema di regolamento, ma debba prevedere un giusto equilibrio fra politiche degli organici e organizzazione. La previsione della sostituzione del personale cessato dal servizio nel rapporto 1 a 10 contenuta nella legge 133/08 non risponde alla necessità di investimenti per un rinnovamento e ringiovanimento di sistemi e metodi di lavoro e costituzione di nuove strutture amministrative.
Dunque resta da capire come un progetto del genere possa venire attuato in condizioni di mancanza di risorse e di personale come quelle attuali, per far fronte alle quali ad oggi non è stata data alcuna risposta concreta dall’Amministrazione.
Grave operazione è il passaggio da 16 a 9 delle direzioni regionali previste dall’art. 6 D lgs 240/06. E’ evidente che tale passaggio è dovuto a un taglio delle posizioni dirigenziali, sempre riconducibili alla legge 133, e finalizzato altresì a una mera riduzione dei costi: infatti o a suo tempo la legge ha fatto una previsione sbagliata o adesso sta sbagliando l’Amministrazione, in quanto non ha dato alcuna giustificazione plausibile a questo dimezzamento delle direzioni regionali.
La conseguenza di ciò è che si accorpano regioni di importanza a elevata densità di circoscrizioni giudiziarie in una unica direzione regionale così da costituire mega-strutture come quella di Milano o quella prevista per il Triveneto nell’ambito delle quali si perdono gli eventuali benefici del decentramento.
Suscita dubbi il mancato riconoscimento di esigenze di autonomia delle regioni a statuto speciale, che fatta eccezione per la Sicilia, vengono tutte accorpate (Sardegna, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta), con le conseguenze nefaste che ne derivano.
In merito agli accorpamenti poi non sono chiari i criteri perché si individua nella Calabria una singola Direzione e si accorpano regioni come il Piemonte, Valle d’Aosta, la Liguria e parte della Toscana alla Lombardia.
Per quanto concerne le competenze rileviamo che nelle aree funzionali previste dalla delega per il decentramento non rientrano le spese di giustizia, mentre altre funzioni che, in base alla delega avrebbero potuto essere decentrate, restano in capo all’amministrazione centrale: questo ad esempio materia di contrattazione integrativa inerente funzionalmente la materia della gestione del personale e della formazione. Si rammenta che il CCNL Comparto Ministeri prevede un’articolazione decentrata in materia di relazioni sindacali nella parte in cui prevede che
“Ove il modello organizzativo delle Amministrazioni preveda articolazioni di livello regionale o interregionale, la contrattazione di cui al presente punto A si svolge anche presso tali strutture in un’apposita sessione negoziale con i medesimi soggetti, tempi e procedure previsti per il livello nazionale, limitatamente alle materie relative alla gestione delle risorse dei fondi, alla mobilità e alla formazione, specificatamente demandate a tale sede.”( v. art. 4, comma 3, lett. A) del CCNL del 16 febbraio 1999, come integrato dall’art. 4 comma 5 CCNL del 14 settembre 2007:
Non si capisce poi perché si debba mantenere la struttura della Direzione Generale del Personale al Ministero solo per il personale dell’Amministrazione Centrale e della Cassazione, svuotandola dei compiti che prima riguardavano la gestione del personale di tutta Italia e rendendo così la gestione del personale del Lazio maggiormente parcellizzata e in capo a due Direzioni.
Il provvedimento è inoltre poco chiaro per quanto attiene la ripartizione di competenze relative ai sistemi informativi automatizzati: mentre si ribadisce il livello di responsabilità in capo al direttore generale in base all’art. 10 d lgs.39/93 si imputa al Capo Dipartimento del DOG lo svolgimento dei compiti attribuiti al centro di competenza previsto dall’art. 17 D lgs 7 marzo 2005 n. 82, composto anche dai dirigenti delle strutture informatiche e responsabili della pianificazione dei progetti informatici.
Si interviene sul principio di separazione tra compiti di direzione politica e di direzione amministrativa, di distinzione tra indirizzo e controllo, e attuazione e gestione, principio indicato nella legge delega n. 421/92 (v. art.2) e incardinato nel D.lgs 165/01 (v.art. 4). Lo schema di regolamento intacca l’autonomia del dirigente nella gestione delle risorse finanziarie ridisegnando i poteri in ordine ai fondi destinati ai programmi di informatizzazione: viene infatti eliminata la previsione dell’art 6 del DPR 55/01 secondo la quale il dirigente generale opera con autonomia di bilancio in ordine ai fondi destinati ai programmi di informatizzazione “che gestisce con autonomia tecnica secondo le indicazioni della conferenza di cui al comma 2”. Con ciò si rischia di appesantire l’azione amministrativa con maggiori vincoli a discapito delle finalità di economicità, speditezza e rispondenza al pubblico interesse (v.art. 2 L 421/92)
Il regolamento fa riferimento alle risorse e al personale dei CISIA come strutture trasferite alle direzioni generali regionali: non è chiaro attraverso quali modalità si coordinerà sul piano periferico la programmazione, progettazione, sviluppo e gestione dei sistemi informativi automatizzati, competenze che restano in capo alla struttura dell’amministrazione centrale.
Nel complesso se da un lato si decentra dall’altro si accentrano competenze verso funzioni del Capo Dipartimento che include competenze dirette nella pianificazione dei progetti informatici attraverso il centro di competenza integrato da dirigenti, strutture informatiche e responsabili.
Andrebbe anche chiarito il ruolo e l’autonomia dei dirigenti delle strutture informatiche: gli stessi sono inseriti nelle direzioni generali regionali, sono in relazione funzionale con il responsabile per i sistemi informativi automatizzati, compongono il centro di competenza di cui all’art. 17 D.lgs. n. 82/05 . L’intersecarsi di strutture e di livelli decisionali può inficiare quel profilo di autonomia tecnica che necessita per un’efficace azione di gestione dei progetti di profilo nazionale per l’automazione dei servizi oggetto dei piani di programmazione triennali.
Giustizia Minorile
Per quanto attiene al Dipartimento per la giustizia minorile viene proposta un’architettura organizzativa che non produce i risparmi richiesti dalla Legge 133 e produce confusione ed inefficienza: al Dipartimento vengono tolte le competenze sulla gestione del personale e dei beni e servizi e sul trattamento dei minorenni che vengono demandati al Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria.
Non solo, nella proposta del ministero, il personale civile della struttura centrale viene gestito dalla Direzione Generale del Personale del DOG, mentre il personale civile dei Centri per la Giustizia Minorile e dei Servizi dipendenti viene gestito dalle costituenti Direzioni regionali od interregionali del DOG, competenti per territorio, a cui viene peraltro demandata tutta l’organizzazione dei servizi. Per semplificare l’organizzazione è stato anche previsto che il personale del comparto sicurezza del DGM, polizia penitenziaria ed alcuni funzionari a cui è stato riconosciuto dal Consiglio di Stato il diritto ad accedere al trattamento previsto per i dirigenti penitenziari ed i connessi beni e servizi, venga gestito a livello centrale dal Dipartimento per l’ Amministrazione Penitenziaria e a livello periferico dai Provveditorati Regionali della stessa Amministrazione degli adulti.
I Centri per la Giustizia Minorile, la prima articolazione effettivamente decentrata del Ministero della Giustizia, in questo quadro sono soppressi e tutta la materia concernente il trattamento dei minori sottoposti a misura penale, compresa finanche la compilazione delle tabelle vittuarie per i minorenni ristretti negli istituti penali per i minorenni, è trasferita nella competenza delle articolazioni regionali del DOG.
E’ stata, inoltre, prevista a livello centrale una fantomatica direzione generale che deve assumere in se le materie relative alla formazione del personale – nella formulazione proposta di competenza delle articolazioni periferiche del DAP e del DOG – delle autorità centrali e delle relazioni internazionali.
Rispetto a questo, così come già accaduto in precedenti occasioni, dobbiamo esprimere la nostra ferma contrarietà. La giustizia minorile costituisce uno dei pochi organismi di eccellenza del Ministro della Giustizia: ha prodotto innovazione – non è un caso che quasi tutte le misure recentemente proposte dal Ministro della Giustizia per la riforma della procedura penale vengano ormai da oltre un decennio utilizzate con successo dall’ordinamento minorile – e soprattutto ha raggiunto il suo obiettivo istituzionale, cioè la riduzione della recidiva, ricordiamo che la carcerizzazione dei minorenni è ormai residuale in virtù dell’efficacia delle misure sostitutive ed alternative previste e della specializzazione del personale che al sostegno di tali misure partecipa. La giustizia minorile, in questo senso fa prevenzione e contribuisce alla produzione di risparmio, evitando l’uso di risorse che altrimenti dovrebbero essere destinate ai contesti carcerari degli adulti.
Esprimiamo la nostra ferma contrarietà al disegno di riorganizzazione della giustizia minorile proposto dal ministero, perché la giustizia minorile, avendo ormai acquisito tutte le previsioni proposte dai trattati internazionali costituisce per l’Italia un alto elemento di civiltà giuridica ed un modello organizzativo sempre più adottato dalle altre nazioni.
Noi siamo convinti che uno stato che intenda proteggere i giovani non dovrebbe risparmiare sulle strutture che dei giovani si occupano, soprattutto su quelle che operano in settori delicati quali sono i contesti della devianza giovanile, siamo, infatti, sicuri che quanto speso per la giustizia minorile costituisce un investimento e un risparmio per il futuro.
Si potrebbero, comunque, ottenere gli stessi risparmi mantenendo l’unicità nella gestione e la salvaguardia della specializzazione del Dipartimento per la Giustizia Minorile – anche il Ministro della Giustizia il 26 novembre in sede di audizione nella Commissione Giustizia della Camera dei Deputati ha dichiarato “di essere contrario all’incorporazione” dei servizi del DGM in altri organismi del Ministero – prevedendo che la seconda direzione generale del dipartimento si occupi dei beni e del personale della giustizia minorile, ulteriori risparmi effettivi potrebbero sicuramente derivare dalla riorganizzazione territoriale e quindi da una riduzione dei Centri per la Giustizia Minorile.
Archivi Notarili
Gli Archivi Notarili, fino ad oggi una direzione totalmente autonoma, hanno una loro specificità per i compiti svolti.
In questi anni gli Archivi hanno potuto migliorare i risultati dimostrandosi un’Amministrazione con un bilancio in attivo e ciò è stato possibile soprattutto alla loro autonomia che ha permesso una gestione elastica sia di piccoli problemi che grandi emergenze, con ottime conseguenze con il rapporto con l’utenza.
Si segnala inoltre che il personale degli Archivi in questi anni ha acquisito una formazione di alto livello e altamente specializzata.
La proposta contenuta nel progetto di riorganizzazione stravolge questa amministrazione privandola di una Dirigenza autonoma, e accorpandola alla Direzione degli Affari di Giustizia che avrebbe in questa maniera funzioni di vigilanza attraverso l’esercizio anche di poteri ispettivi.
L’Ufficio Centrale degli Archivi sarebbe dunque sotto la vigilanza ed il controllo del Capo Dipartimento DAG in materia di coordinamento di tutti gli archivi del territorio nazionale.
Anche in questo caso si prende un’amministrazione virtuosa, fino ad oggi un esempio per il buon funzionamento della pubblica amministrazione, le si toglie autonomia nonostante la sua specificità, semplicemente in conseguenza di tagli indiscriminati alle posizioni dirigenziali, e non al fine di una seria riorganizzazione.
CONCLUSIONI
Questo schema di riorganizzazione è a nostro avviso farraginoso, pasticciato e assolutamente inadeguato per un serio progetto di decentramento come era nello spirito della legge.
Per una politica di risparmio miope si tende ad accorpare la gestione di dipartimenti assolutamente diversi con delle importanti specificità, creando un’Amministrazione ancora più complessa e disordinata, e certamente meno funzionante.
Si rischia di peggiorare il lavoro ed il servizio reso alla cittadinanza in un settore così delicato come quello della giustizia, del trattamento minorile e degli archivi notarili.
Crediamo che sia opportuna una profonda analisi e un nuovo schema di riorganizzazione che abbia come finalità la resa di un servizio efficace per i cittadini.
Roma, 24 febbraio 2009