L’associazione ‘La Nostra Famiglia’ ha deciso unilateralmente di procedere per 1.600 lavoratori ad un cambio di contratto di lavoro, verso uno peggiorativo, e lo ha deciso unilateralmente. Un’operazione di divisione dei lavoratori, perché il cambio interesserà molti ma non tutti. Uno scarico di responsabilità a motivare il tutto, che neanche a dirlo non contempla errori gestionali da parte dei vertici. È in estrema sintesi la vertenza che riguarda ‘La Nostra Famiglia’, ovvero quell’associazione che, come si legge sul loro sito, si dedica alla cura e alla riabilitazione delle persone con disabilità, soprattutto in età evolutiva. Presente in sei regioni italiane con 28 sedi (12 in Lombardia, 8 in Veneto, 2 nel Friuli Venezia Giulia, 1 in Liguria e Campania, 4 in Puglia), annovera 2.468 lavoratrici e lavoratori.
Una vertenza che si trascina da un anno, come peraltro abbiamo raccontato in una lettera aperta indirizzata ai familiari dei piccoli pazienti, e che si è acuita nel corso delle passate settimane quando l’associazione presieduta da Luisa Minoli, esattamente il 6 novembre dello scorso anno, comunicava la proposta di suddividere l’applicazione del contratto: a circa 1.600 lavoratori quello di Aris Rsa e ai rimanenti 400 quello della Sanità Privata, appena rinnovato. Il tutto adducendo motivazioni di tenuta occupazionale, anche in ragione di perdite di bilancio, imputabili, invece, alla mancanza di un vero controllo di gestione. Come Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl ribadivamo quindi la volontà di ricercare soluzioni alternative, possibili nel caso ci fosse una effettiva volontà, ma respingevamo al mittente l’ipotesi di diversificare il contratto nazionale di riferimento, rivendicando per tutti i 2.000 dipendenti il nuovo contratto della Sanità Privata.
Lo scorso anno in numerosi incontri, come sindacati, abbiamo sollecitato La Nostra Famiglia ad aprire le interlocuzioni necessarie con le Regioni, ma senza nulla di fatto. E a dicembre, quindi, ci siamo rifiutati in maniera categorica di sottoscrivere un accordo che non riconosce ai lavoratori quello che legittimamente aspettano da 14 anni, ovvero il contratto nazionale della Sanità privata. Ovviamente dopo le lettere ricevute dai lavoratori sul cambio di contratto, la vertenza ha preso una piega diversa: sono partite le diffide nei confronti dell’associazione sull’applicazione contrattuale e una battaglia legale per riconoscere a questi lavoratori ciò che gli è stato negato.
In questi mesi di battaglie non è mai mancato il sostegno da parte delle famiglie dei pazienti alla lotta delle lavoratrici e dei lavoratori. Decine e decine di messaggi sono infatti arrivati presso le strutture dell’associazione da parte dei familiari dei bambini assistiti in solidarietà con la lotta delle lavoratrici e dei lavoratori: uniti, utenti e operatori, per rivendicare dignità e rispetto per i lavoratori dell’associazione. Tra i messaggi anche quello del campione interista Javier Zanetti che per ben due volte, con una netta scelta di campo, ha scelto di stare dalla parte dei lavoratori. La lotta continua quindi perché in ballo non c’è “solo” il diritto dei lavoratori a vedersi riconosciuto il giusto contratto ma anche la cura che questi ultimi garantiscono, con professionalità e abnegazione, alle bambine ai bambini interessati.
Questa vertenza rappresenta con maggiore evidenza la necessità di andare a rivedere il sistema di accreditamento sanitario, dell’urgenza di andare verso l’erga omnes dei contratti per evitare dumping contrattuale, di andare verso una riforma del sistema sociosanitario nazionale come proposto dalla Fp Cgil insieme alla Cgil con il position paper New Deal per la Salute.