Al Ministro della Giustizia
On. Alfonso Bonafede
Egregio Ministro,
qualche giorno fa le agenzie di stampa hanno riferito la notizia del rinvio a giudizio di due dirigenti penitenziarie, una direttrice di un istituto della capitale e l’altra direttrice di uno degli Uffici della Direzione generale detenuti incaricata del coordinamento delle relazioni tra le REMS ed il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria.
Sulla vicenda specifica confidiamo nel lavoro della magistratura e nella possibilità che si chiarisca l’intera vicenda anche in relazione agli ambiti di responsabilità attribuiti alle due dirigenti
penitenziarie.
Si tratta di una vicenda questa che si aggiunge ad altre dolorose storie che molto spesso trovano nel dirigente penitenziario il capro espiatorio privilegiato. La responsabilità oggettiva quale culpa in vigilando si estende fino ad ipotizzare che il dirigente possa vedere e prevedere oltre ogni limite il verificarsi degli eventi.
Una figura professionale, quella del dirigente penitenziario, introdotta già nella riforma del 1845 che poneva a capo dell’istituto di pena un direttore al quale era attribuita la totalità dei poteri di gestione degli istituti e quindi su di lui, per questa ragione, gravava una grande responsabilità.
Nella riforma del 1975 è la legge ordinamentale che declina tutte le responsabilità attribuite al Direttore dell’istituto penitenziario, alle quali si aggiungono quelle derivanti, dalle norme sulla contabilità generale dello Stato, quelle relative alla sicurezza dei luoghi di lavoro, della salubrità ed igiene degli ambienti, delle condizioni detentive, della gestione del personale.
Si tratta di una figura dirigenziale a tutto tondo che solo nel 2005 con la legge che istituisce la dirigenza penitenziaria trova una sua prima definizione normativa. Nel 2006 il decreto legislativo che detta la disciplina ordinamentale della carriera dirigenziale penitenziaria lascia il lavoro a metà.
Il rinvio agli accordi negoziali per la definizione degli aspetti giuridici ed economici del rapporto d’impiego del personale della carriera dirigenziale ad oggi non è stato mai attuato.
La dirigenza penitenziaria quindi è una e forse l’unica delle dirigenze di diritto pubblico che non ha ancora ottenuto una disciplina organica del rapporto di lavoro.
Il procedimento negoziale sino ad oggi mai avviato lascia nel limbo circa 286 dirigenti. Con l’organico insufficiente (da 23 anni non viene bandito un concorso pubblico per le nuove assunzioni) a coprire le sedi penitenziarie presenti nel territorio nazionale, molti di questi dirigenti sono assegnati d’ufficio alla direzione di due e a volte anche tre istituti penitenziari contemporaneamente senza alcuna tutela e retribuzione aggiuntiva.
L’assenza di contratto si protrae da 14 anni.
La mancata definizione del perimetro contrattuale in grado di disciplinare la cornice giuridica del ruolo della dirigenza penitenziaria ha eroso il sistema delle tutele di questi lavoratori dirigenti impegnati in prima linea nella gestione della esecuzione delle pene.
La stagione negoziale non va più rinviata, lo scorso 4 giugno con un DPCM, il Dipartimento della Funzione Pubblica ha individuato la delegazione sindacale che partecipa al procedimento negoziale per la definizione dell’accordo relativo al triennio normativo ed economico 2019/2021, riguardante il personale della carriera dirigenziale penitenziaria, non possiamo far cadere nel vuoto questa opportunità.
Non è più sufficiente la modalità tradizionalmente adottata di negoziare la concessione di alcuni “bonus” a margine della contrattazione riservata al comparto sicurezza per la dirigenza della Polizia di Stato. Non è più tempo di analogie contrattuali con le altre dirigenze del comparto sicurezza.
E’ necessario un riconoscimento specifico del ruolo di una categoria di dirigenza che da sempre assicura nel rispetto delle garanzie costituzionali l’esecuzione delle pene detentive assumendosi la responsabilità delle scelte che assume nell’ambito della sicurezza, del trattamento riservato alle persone ristrette e della gestione amministrativo contabile degli istituti penitenziari.
Per quanto sopra esposto la Fp CGIL le chiede di sollecitare al Ministro per la Pubblica Amministrazione l’avvio delle procedure negoziali per la definizione dell’accordo relativo al triennio normativo ed economico 2019/2021, riguardante il personale della carriera dirigenziale penitenziaria,e contestualmente di convocare un incontro con le organizzazioni sindacali rappresentative del suddetto personale per discutere delle principali criticità del settore.
Distinti saluti.
La coordinatrice nazionale Fp Cgil Il Segretario nazionale Fp Cgil
Carla Ciavarella Florindo Oliverio