Smart working: secondo i dipendenti del Trentino l’innovazione è possibile

01 Luglio 2020

Lavoro agile, sì o no? In Trentino è stato chiesto ai dipendenti pubblici. E tra rischi e opportunità, il verdetto è piuttosto chiaro: si può fare.

Il Coronavirus ci ha sottoposti tutti a grandi prove personali e spesso professionali. Una delle grandi sfide dell’emergenza per il Paese è stata quella della Pubblica Amministrazione che, dopo anni di dichiarati intenti di evoluzione e innovazione digitale, si è ritrovata improvvisamente immersa nella sfida dello smart working. Come tutte le cose, anche lo smart working ha i suoi pro e i suoi contro, le sue opportunità e i suoi rischi. Per i dipendenti, è certamente una modalità di lavoro che consente ai dipendenti di conciliare vita e lavoro e di ridurre (o addirittura eliminare) i costi e lo stress degli spostamenti per raggiungere il posto di lavoro. Per la Pa è uno strumento di innovazione, digitalizzazione e di semplificazione, miglioramento ed efficienza dei servizi. D’altro canto, in assenza di regole ben definite, rischia di diventare uno strumento-trappola, che non concede al dipendente il diritto alla disconnessione e che lo obbliga a lavorare con strumenti informatici propri e inadeguati, che crea isolamento tra colleghi e che rischia di rendere complicata l’organizzazione del lavoro sotto molti punti di vista.

La Fp Cgil del Trentino ha voluto raccogliere le opinioni dei protagonisti di questo smart working, i lavoratori pubblici, per comprendere rischi e opportunità di una modalità di lavoro ormai molto utilizzata in alcune parti d’Europa e del mondo. E per farlo li ha sottoposti un questionario, a cui hanno partecipato 1.220 dipendenti provinciali, pari al 38,3% del totale degli smart-workers.


Orario e carico di lavoro
Ciò che è emerso con chiarezza dai questionari è che, in questi mesi di smart-working l’orario e il carico di lavoro sono per lo più rimasti invariati. Si è evidenziata, dunque, una complessiva tenuta dei livelli medi delle prestazioni e quindi della produttività. Circa l’80% degli intervistati infatti dichiara di aver mantenuto gli stessi ritmi.

Stress
Ci si divide invece sul tema dello stress per la conciliazione vita-lavoro. Per il 46%, infatti, lo stress in modalità smart-working è diminuito, per il 23,4% (comunque una fetta consistente) è invece aumentato. C’è da dire che la chiusura di scuole, asili e strutture per anziani e disabili ha comportato un aumento del lavoro di cura. E a rimanere coinvolte, in questo caso, sono state soprattutto le donne, dovendosi dividere tra video-conferenza, compiti dei figli e faccende di casa. L’emergenza Covid-19 ha esasperato gli squilibri familiari che vedono la donna come mamma e casalinga, oltre che con contratti ‘meno ricchi’, precari e part-time. Sono state infatti molte le donne indotte a lasciare il proprio lavoro in questi mesi.

Difficoltà
L’82,1% degli intervistati dichiara di non aver auto difficoltà ad accedere allo smart-working. La Pa del Trentino è dunque riuscita a dare una risposta tempestiva ed efficace al cambio di abitudini imposto dall’emergenza. Tra le difficoltà riscontrare emerge comunque l’assenza di strumenti informatici, infatti il 67,3% dichiara di aver lavorato con strumentazioni proprie.

Post-emergenza
L’87,9% degli intervistati utilizzerebbe la modalità dello smart working anche dopo l’emergenza. Tra le ragioni emerge soprattutto il vantaggio di evitare gli spostamenti (40,3%) e la gestione dei figli (17,2%).

Smart working, sì o no?
In generale, comunque, ben il 93% dei dipendenti intervistati si dichiara soddisfatto dell’esperienza in smart-working. Un dato inequivocabile.


Conclusioni
Questa fase di emergenza ha dimostrato che la semplificazione e l’innovazione della Pa – impensabili fino a pochi mesi fa – sono invece possibili. Lo possono essere se si compie uno sforzo culturale che riponga fiducia nelle persone che lavorano per la Pa e che non ragioni, al contrario, in una logica denigratoria e punitiva. Il cambiamento è possibile ma non può procedere senza una solida partecipazione sindacale che individui le regole per organizzare al meglio il lavoro ed eliminare i punti di criticità. È la contrattazione collettiva lo strumento con cui regolare orario di lavoro, formazione, valutazione delle prestazioni, disconnessione e molto altro. Dunque il verdetto è chiaro: con la giusta organizzazione, si può fare.

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