IL MANIFESTO del 26 Giugno 2008
Gli operatori dei centri per le tossicodipendenze segnalano un forte cambiamento dell’utenza dei servizi.
Rispetto al passato, quando i frequentatori erano prevalentemente eroinomani, oggi nei Ser.t vanno a curarsi soggetti più giovani con problemi legati al «policonsumo», come alcol e cocaina.
Il 60% degli assistiti sono lavoratori dipendenti, quando vent’anni fa la percentuale maggiore era costituita da disoccupati.
Ce ne parla Lorena Splendori che coordina il Gruppo nazionale operatori dei Ser.t della Cgil.
La composizione sociale e professionale è molto mista, si va dagli operai ai piloti d’aereo.
Una differenza importante, che conferma le testimonianzeraccolte sul manifesto tra i giovani metalmeccanici, tra il vecchio eroinomane e il giovane cocainomane è che il primo viveva la droga come evasione, in modo trasgressivo, persino con qualche valenza antisistema.
Oggi, il giovane operaio che «tira» vuole «chiamarsi dentro, non fuori. Ci racconta di un retroterra così pesante che per star bene si fa di sostanze».
Per lavorare, per divertirsi, per fare l’amore, «semplicemente per vivere. E’ un segno della fatica di vivere in epoca di passioni tristi», ci dice Lorena. In altre parole, «non cercano il cambiamento, questi giovani operai cercano di farcela nella normalità della vita e della condizione lavorativa date». Nelle sostanze «cercano la normalità per costruire relazioni, non lo sballo».
Droga non più in chiave antisistema ma tutta interna al sistema che genera problemi sociali e propone essa stessa la soluzione, che poi non è una soluzione ma un’integrazione a valori e culture ieri distanti dal mondo del lavoro.
L’eroina circola ancora, o meglio circola di nuovo. Tendenzialmente fumata come analgesico, per il suo effetto curante da parte di chi comincia ad accusare le conseguenze devastanti della cocaina.
«Dietro le quote di sostanze immesse sul mercato – ci dice Lorena – c’è una strategia precisa. A noi risulta che dopo il boom della cocaina, in alcuni paesi come l’Albania, si stiano accumulando quantitativi enormi di eroina.
Temo il giorno in cui decideranno di buttarla sulla piazza, e questo avverrà quando la cocaina, che oggi circola a prezzi molto bassi, avrà sortito i suoi effetti sui consumatori che quando non ce la fanno più cominciano a usare l’eroina, praticamente come medicinale, direi automedicante».
Gli utenti che arrivano ai Ser.t sono già a «un consumo problematico se non alla dipendenza vera e propria.
Chi inizia con la cocaina in fabbrica solo più tardi arriva ai servizi, quando non riescono più a gestire il rapporto con la sostanza. Per questo li conosciamo meno».
L’età media, ma parliamo già di consumo problematico, si abbassa ai trent’anni ma si inizia molto prima.
Gli eroinomani invece sono sessantenni, «siamo già in presenza di casi di terze generazioni che arrivano ai Ser.t, prima il figlio e ora il nipote dell’eroinomane classsico».
C’è anche, e ancora, chi arriva all’uso delle droghe per reggere lavori particolarmente pesanti.
Su questo, come su tutti gli altri aspetti e motivazioni e sulla crescita preoccupante del consumo tra i lavoratori, «il sindacato dovrebbe indagare di più».
Gli operatori dei Ser.t registrano differenti composizioni sociali in relazione al territorio in cui operano.
Per fare solo un esempio, se a Lanciano la metà degli utenti è costituita da operai della vicina Fiat-Sevel, a Napoli in maggioranza sono ancora disoccupati.
Molto spesso l’uso di sostanze non è consapevole, almeno finché non diventa problematico.
Per questo gli operatori dei Ser.t mettono l’accento sulla prevenzione, prima ancora che sulla cura.
Nel 2002 hanno varato una «Carta dei diritti dei cittadini, degli utenti, delle operatrici e degli operatori».
La sfida è far convivere chi vive nell’area in cui c’è il servizio e garantirgli la sicurezza, gli utenti e chi lavora per la loro salute.
Una sfida non semplice, anche in relazione al fatto che alcuni interventi esterni vorrebbero vedere trasformato il servizio di cura in servizio di repressione.
Al Ser.t si arriva naturalmente per scelta libera, «come dovrebbe essere sempre», ma anche per decisione della prefettura che in base alla legge 309 invia nei centri persone fermate, «magari perché presi con uno spinello».
Si tratta di interventi coatti, che ben poco responsabilizzano l’utente e al tempo stesso rischiano di snaturare il servizio.
La legge sulla privacy, che dovrebbe tutelare i lavoratori da controlli impropri per verificare l’eventuale consumo di sostanze, ha le sue eccezioni. In base al decreto varato dal ministro Livia Turco che rende attuativa una legge preesistente, le aziende possono richiedere analisi specifiche per alcune tipologie di lavori, per esempio i piloti e gli autisti.