[Scopri come funziona il Reddito di Cittadinanza: fase 1 e fase 2]
Per far fronte alla nuova ondata di beneficiari che avranno necessità di essere seguiti, sono state previste 4 mila assunzioni nei Centri per l’Impiego, a sostegno degli 8 mila dipendenti già a lavoro. Già nel 2016 era atteso un potenziamento dei Centri per l’Impiego di 1.600 unità, ma ad oggi ancora non esiste un concorso. A queste si accompagnerà l’istituzione di una nuova figura professionale, il cosiddetto ‘navigator’, che avrà il compito di seguire personalmente il beneficiario del Reddito di Cittadinanza nella ricerca del lavoro, nella formazione e nel reinserimento professionale. È prevista l’assunzione di 6 mila navigator, che ottimisticamente dovrebbero essere in grado di seguire ciascuno tra i 10 e i 20 beneficiari del reddito per volta, per un totale di massimo 120 mila utenti. Gli altri resteranno in attesa del proprio turno.
Proviamo a immaginare come cambierebbe il lavoro di un dipendente dei centri per l’impiego se domani il Reddito di Cittadinanza fosse realtà.
Immaginiamo ottimisticamente che si presenti ai Centri per l’impiego un solo membro di ogni famiglia e che gli si dedichino circa 8 ore lavorative (stima che tiene conto di una serie di colloqui, da quello conoscitivo al bilancio delle competenze), ne risulta che ogni dipendente avrà a che fare con ben 162 persone da seguire (da sommarsi alle 377 persone già seguite prima dell’introduzione del Reddito di Cittadinanza) e che nel corso di un anno dedicherà 10 mesi e mezzo all’utenza dell’Rdc e un solo mese e mezzo al lavoro ordinario ‘extra reddito’.
Dunque, come nel caso dei servizi sociali, si sta richiedendo un ulteriore enorme sforzo a servizi già in emergenza. Ma non si limitano a questo le criticità dell’introduzione della nuova misura.
I navigator.
Una delle grandi problematiche relative all’introduzione del Reddito di Cittadinanza gira intorno alla figura del navigator. Infatti, come accennato prima, è prevista l’assunzione di 6 mila navigator per supportare il lavoro dei Centri per l’Impiego. Ma queste assunzioni avverranno con contratti di collaborazione. Un paradosso, come quello già presente nei Cpi: un precario che ha il compito di aiutare un disoccupato a trovare lavoro. Questa misura non solo crea un paradosso discutibile, ma accresce il numero di precari rischiando di innescare una ‘guerra tra poveri’. Il Governo, in risposta alle critiche, ha parlato della possibilità di stabilizzare questi 6 mila navigator a conclusione di un percorso. Ma già nei Centri per l’Impiego ci sono centinaia di precari che attendono da anni una stabilizzazione e che rischiano di vedersi superati dai neo-colleghi. Inoltre, chi li assumerebbe? Un nodo che ancora non è stato sciolto. L’ipotesi più probabile è che se ne occupi Anpal. Ma se così fosse le Regioni – che hanno acquisito titolarità sul tema delle politiche attive con la riforma del titolo V della Costituzione – sono pronte a dare battaglia rivendicando il loro ruolo. Insomma, una situazione dalla gestione tutt’altro che semplice. Infine la problematica legata ai navigator è proprio nel senso stesso di questa ‘collaborazione’. Infatti non è ancora chiaro e delineato quale sarà il ruolo di queste nuove figure professionali e fin dove andrà a sovrapporsi – o a supportare – i Centri per l’Impiego. Dunque presumibilmente non sarà semplice creare una sinergia tra le due forze-lavoro.
Il Sud Italia.
Poi c’è il problema del Sud Italia. Il Reddito di Cittadinanza si pone come occasione di incontro tra domanda e offerta, per agevolare e facilitare l’introduzione nel mondo del lavoro. Ci sono però quelle situazioni, come accade con prevalenza nel Sud Italia, in cui il problema spesso non è nel mancato incontro tra domanda e offerta lavorativa, ma nell’assenza stessa della domanda. Cosa succederà per tutti i beneficiari delle regioni del Sud – che è lecito immaginare saranno la fetta più significativa – se dovessero fare richiesta per un lavoro che, nei fatti, non esiste? In quale modo saranno avanzate tre offerte di lavoro a queste persone? In questa area sarebbe più consono stimolare l’occupazione, e il lavoro si crea con gli investimenti.
Le assunzioni.
Infine c’è il problema delle assunzioni nei Cpi. Sono infatti previste, come accennato, 4 mila nuove assunzioni (più altre 1.600 risalenti al 2016). Al contempo, però, non è ancora stata stabilita la loro suddivisione sul territorio nazionale, laddove ci sono regioni che certamente avranno un bisogno maggiore di altre. Ma le tempistiche con le quali avverranno queste assunzioni presumibilmente non saranno abbastanza rapide, proprio in considerazione del fatto che ancora non sono state date disposizioni alle Regioni. Ancora una volta ciò che traspare è la contraddizione tra la bramosia di introdurre il prima possibile una misura di lotta alla povertà da una parte, e la lentezza della messa in moto della macchina dall’altra.
“Rafforzare il sistema dei Centri per l’impiego è stata per noi sempre una priorità, soprattutto se si investe nell’incremento e la valorizzazione del personale – commenta Federico Bozzanca, della Funzione Pubblica Cgil -. Il problema che emergerà nei prossimi giorni riguarda l’impossibilità di rafforzare il sistema entro l’avvio dell’erogazione del reddito di cittadinanza. Per questo occorre trovare tutte le soluzioni possibili per accelerare il processo di rafforzamento delle politiche attive.”
Abbiamo raccolto le testimonianze di dipendenti dei Centri per l’Impiego da varie zone d’Italia, così da fotografare le diverse realtà regionali con le quali si avrà a che fare.
Carlotta, 46 anni, da Ravenna. Dipendente CPI da 18 anni.
“Lavoro nei servizi di orientamento, in front office con le persone. Seguire una persona richiede nel migliore dei casi almeno 10-12 ore di lavoro, ma si arriva fino alle 16 ore. Se pensiamo ai numeri previsti con il Reddito di Cittadinanza, non abbiamo umanamente il tempo di seguire tutte queste persone. A Ravenna in un anno abbiamo gestito 1.066 domande. Secondo le stime avremo a che fare con quasi 12 mila domande, dieci volte tanto”.
Alessandra, 40 anni, da Reggio Calabria. Dipendente CPI da 10 anni.
“Noi non abbiamo avuto ancora nessuna comunicazione da parte delle Regioni, la famosa piattaforma informatica cui dovremmo far riferimento ancora non esiste, in compenso sono tante le persone che vengono da noi a chiederci informazioni sul Reddito di Cittadinanza. In Calabria il tasso di disoccupazione è molto alto e ci sono sedi che non sono pronte, che hanno 2 o 3 dipendenti, non hanno figure specialistiche o non hanno strutture abbastanza capienti per ospitare altro personale.
La questione delle 3 offerte, poi, è una follia. Noi a Reggio Calabria abbiamo un massimo di due offerte di lavoro al mese. Come possiamo garantirne tre a persona?”.
Monica, 55 anni, da Firenze. Dipendente CPI da 16 anni.
“Ad oggi non abbiamo nessuna disposizione, stiamo ancora aspettando di capire come il lavoro per il Reddito di Cittadinanza ricadrà sui Centri per l’Impiego, ma è certo che ci saranno delle ripercussioni. La nostra situazione è una delle migliori d’Italia e nonostante questo non siamo in grado di far fronte alla situazione. Abbiamo un problema di sottorganico storico e non sappiamo quando ci sarà un potenziamento del personale. Le tempistiche saranno fondamentali per garantire un servizio dignitoso”.
Interventi di Luca Vecchi, sindaco di Reggio Emilia; Laura Paradiso, Rsu comune di Roma; Christian Biagini, centro per l’impiego Perugia; Claudio Di Berardino, assessore al Lavoro Regione Lazio. In studio Enzo Bernardo, Fp Cgil e Anna Teselli, Cgil.