Lavorano con le persone più in difficoltà: stranieri che vengono da chissà quali condizioni di vita e che non parlano la nostra lingua, persone con disabilità, bambini, anziani. Sono operatori dell’accoglienza, educatori, operatori sociosanitari, mediatori culturali, pedagogisti. E sono una platea di circa 350 mila tra lavoratrici e lavoratori, che lavorano in condizioni mortificanti, con carichi di lavoro oltre le loro possibilità, turni infiniti e spesso senza alcuna forma di tutela – o semplicemente di buon senso?! – da parte del proprio datore di lavoro. Sono le lavoratrici e i lavoratori delle cooperative sociali del terzo settore e sono in attesa di un contratto di lavoro dignitoso da oltre 6 anni. E in virtù di tutto questo si sono incontrati oggi, all’attivo nazionale della Fp Cgil #FuoriTempoMassimo, per ascoltare, ma soprattutto per raccontare, testimoniare, confrontarsi, ognuno con la propria esperienza sulle spalle. Fuori tempo per il contratto, fuori tempo per i diritti, fuori tempo per garantire un servizio di qualità a tutte le persone che hanno bisogno, nella quotidianità, del loro aiuto. E dunque è tempo di confronto – e di scontro se necessario – per ottenere al più presto solo il primo dei traguardi che a questa platea di lavoratori spetta: il contratto nazionale di lavoro.
C’è Sara, educatrice in un asilo nido dell’Emilia Romagna, che racconta di come spesso gli educatori vengano visti come dei volontari, abbiano paghe misere e una domanda di lavoro sempre molto alta. “Questo contratto, che va rinnovato e va rinnovato bene, deve portarci il diritto ad avere dei diritti, ad essere ascoltati”. Oppure c’è Roberto, assistente domiciliare di Napoli, che invece racconta di come tra gli stessi operatori non ci sia consapevolezza dell’importanza del proprio ruolo e dell’indecenza delle condizioni in cui si è costretti a lavorare. “I servizi sociosanitari versano in una situazione drammatica. Eppure c’è una scarsissima sensibilità e consapevolezza da parte degli operatori. Io alcuni giorni trascorro 13 ore in strada per essere pagato appena 4 ore. Vige un sistema di ribasso”. Poi c’è Antonio, educatore fiorentino da ben 30 anni, che racconta di come il fenomeno del burn-out sia, all’interno delle cooperative, una realtà molto nota. “Nel nostro settore c’è un’epidemia: quella dello stress da lavoro correlato, che produce danni non solo al lavoratore, ma anche alla qualità del servizio. Di questo però nella mia cooperativa non se ne parla mai”. O ancora Najua, operatrice sociosanitaria di Mantova, racconta di come dopo l’ennesima proroga di contratto a tempo determinato, abbia ‘finalmente’ ricevuto un indeterminato. Finalmente sì, ma solo in un certo senso, perché è stata costretta ad accettare un part-time involontario e un declassamento in cambio di quel contratto di lavoro definitivo. Come se non bastasse ha dovuto subire l’ennesima umiliazione. ‘”Mi raccomando, se devi rimanere incinta avvisaci almeno 5 anni prima’ è la frase che mi sono sentita dire – racconta Najua -. Il contratto dovrebbe tutelare di più la lavoratrice madre che combatte con i pregiudizi del datore di lavoro e della società, e viene vista come un peso da sostituire più che come una risorsa”.
Infine Marika, educatrice di un asilo nido del Veneto, tira le somme e spiega come il sociale, in questo paese, sia sempre stato considerato ‘il fanalino di coda’. “La rincorsa al massimo ribasso si riversa sulle lavoratrici e sui lavoratori del terzo settore, senza riconoscere il nostro lavoro, la passione che mettiamo in campo, le nostre professionalità”. Chiude l’attivo nazionale un intervento fuori programma, quello di Barbara, un’operatrice fiorentina costretta sulla sedia a rotelle, che non ci gira intorno: “Io lo vedo, con i miei occhi, il lavoro che fate. Avere a che fare con persone con disabilità non è facile, è impegnativo, richiede pazienza, forza, professionalità. Vuol dire relazionarsi a persone molto spesso depresse. Vi spaccate la schiena, vi prendete cura di noi. Nelle scuole se non ci foste voi, noi disabili non studieremmo neanche. Eppure siete sottopagati e svalutati. Io voglio che la vostra retribuzione sia commisurata agli sforzi che fate. Questo contratto vi deve dare dignità se no si scende tutti in piazza! Io per prima, insieme a voi!’.
Tantissime le voci che questa mattina hanno dato testimonianza delle condizioni in cui versa il settore, rivendicando maggiore considerazione e dignità e fornendoci diverse fotografie di ciò che accade su tutto il territorio nazionale: Francesco da Bari, Gaia dal Friuli Venezia Giulia, Debora dalla Liguria, Janet dalla Lombardia, Donata dal Piemonte, Pierpaolo dalla Toscana, Francesca dall’Emilia Romagna, Luisa dalla Sardegna. Tutti d’accordo sul fatto che questo è il momento propizio per l’azione sindacale, per una lotta per restituire a tutte le lavoratrici e i lavoratori i propri diritti.
Dunque un salario adeguato, un contratto di lavoro dignitoso, diritti e tutele, relazioni sindacali appropriate, corretti inquadramenti per i profili professionali e la corretta applicazione del contratto di lavoro. Tutto questo spetta da oltre 6 anni alle lavoratrici e ai lavoratori delle cooperative sociali. “La nostra è una volontà ferma – ha affermato Serena Sorrentino, segretaria generale della Fp Cgil -. Noi il contratto della Cooperazione sociale lo vogliamo rinnovare e metteremo in campo tutte le azioni necessarie. Oggi abbiamo individuato le priorità da portare al tavolo, valuteremo insieme i risultati e sempre insieme decideremo come andare avanti’”. Così come Michele Vannini, capo Area del settore per la Fp Cgil Nazionale, nel tirare le fila della giornata ha spiegato: “Vogliamo fare il contratto, vogliamo rinnovarlo, perché il nostro progetto è sollevare le condizioni di vita e di lavoro per le donne e gli uomini che stanno nella cooperazione sociale. Ma deve essere chiara una cosa: potremmo sottoscrivere il miglior contratto possibile ma se non avremo la forza di farlo vivere nei posti di lavoro saranno solo parole”. L’agenda della trattativa vede infatti due incontri a breve e poi l’avvio della No Stop per giungere nelle prossime settimane al rinnovo di un contratto che ristabilisca quanto, a vario titolo, hanno sottolineato tutti gli interventi: la dignità di chi opera nella Cooperazione sociale.