Ministero Difesa: Nota unitaria CGIL-UIL-FLP

07 Settembre 2017

Roma, 7 Settembre 2017

Alla Ministra della Difesa
Sen. Roberta Pinotti
Al Sottosegretario di Stato alla Difesa
On. Domenico Rossi
Al Capo di Stato Maggiore Marina
Amm.Sq. Valter Girardelli

Egregia/i,
continuano a pervenire dalle nostre strutture sindacali territoriali gli echi delle ripetute grida di allarme lanciate invano dalle lavoratrici e dai lavoratori civili degli arsenali e delle basi navali site sul territorio nazionale, che non intendono affatto rassegnarsi al declino delle proprie importanti strutture lavorative a cui sembra siano state più o meno consapevolmente condannate dall’attuale conduzione/azione politica del Ministero della difesa e della Marina Militare. Lo stato di sostanziale immobilismo e manifesto disinvestimento imposto da anni alla gestione di quelle importanti realtà industriali, anche sul versante della riorganizzazione e valorizzazione delle risorse umane e strumentali di cui queste dispongono, come pure il mancato rilancio delle loro importanti attività manutentive/produttive, il reiterato ricorso alla costante rielaborazione al ribasso delle tabelle organiche del personale civile in favore di quello militare, o di quello non più idoneo ai compiti di quest’ultimo che continua a transitare senza freni nei ruoli civili della difesa occupando posti di rilevante funzione senza alcuna delle specifiche professionalità richieste, autorizzano a presumere che quanto sta accadendo altro non sia che il preludio alla fase finale di realizzazione di quell’idea di privatizzazione dell’area industriale che invero già emergeva dai contenuti della legge n. 244 del 2012 e dai successivi decreti legislativi attuativi, e che a nostro giudizio trova piena conferma anche nei punti trattati dal Libro Bianco, oltre che nelle avvedute ma inquietanti dichiarazioni, precise e oltremodo puntuali, rilasciate di recente anche dal direttore dell’arsenale di La Spezia, con tanto di dovizia di particolari riferiti a quegli intenti di cui sembra sia stato messo a parte. A sostegno di tale fondato convincimento, riteniamo di poter legittimamente affermare che le conseguenze determinate da quelle insane politiche su quei siti industriali e sui loro dipendenti, si stanno ripercuotendo in maniera inequivocabile ogni giorno di più negli ambienti di lavoro, come testimoniano le numerose denunce pervenute alle scriventi. Che fanno quasi tutte riferimento alla perenne condizione di emergenza in cui sono costretti ad operare i lavoratori per garantire la gestione dell’esistente, considerata l’acclarata assenza di programmi di rilancio delle attività degli arsenali, che viene comunque assicurata seppure in mancanza di idonei programmi di formazione e/o aggiornamento professionale, in postazioni di lavoro indecorose e strutture pericolanti, con servizi mensa che in taluni casi rasentano il limite imposto dalla normativa igienico/sanitaria prevista e, per giunta, subendo anche il tentativo di deregolamentazione delle norme contrattuali vigenti. In siffatto sconfortante quadro, trova inoltre spazio la pessima gestione delle relazioni sindacali, tenuta per lo più dalle competenti direzioni degli arsenali e delle basi navali (anche questa figlia di quell’idea?), sovente più inclini all’imposizione delle proprie ragioni piuttosto che all’offerta di disponibilità alla discussione sui temi che riguardano la propria forza lavoro civile. Come del resto dimostra quanto sta accadendo in questi giorni sui territori con l’avvio delle riunioni convocate dalle amministrazioni per discutere dell’ennesima rivisitazione delle tabelle organiche del personale civile della difesa avviata da codesto SMM. Alle quali queste stanno accedendo in tutta fretta fornendo alle rappresentanze sindacali del personale solo informazioni parziali e approssimative – quando invece sarebbe stato utile e rispettoso ripartire dalle proposte già avanzate da queste ultime -, in particolare sull’impossibilità di conoscere le ragioni (peraltro non comunicate neanche alle scriventi) che hanno indotto codesto stato maggiore a imporre la revisione anche di parti rilevanti dell’organizzazione, come quella ordinamentale e di struttura, o i compiti e la parte organica limitatamente alle posizioni riservate al personale civile, ma anche quelle afferenti le variazioni proposte nei compiti indicati nella nuova job description dei costituendi nuclei, prevedendo in taluni casi addirittura la soppressione di taluni importanti posizioni esistenti per la temporanea indisponibilità delle professionalità civili occorrenti, in palese contrasto con il protocollo d’intesa e la direttiva sulle funzioni recentemente divulgata dallo SMD. Un modus operandi inaccettabile, irriguardoso e improduttivo che dimostra ancora una volta di non tenere in alcuna considerazione le ragioni delle lavoratrici e dei lavoratori civili della difesa rappresentate dalle proprie organizzazioni sindacali e, più in generale, di non avere alcun rispetto per le prerogative di cui queste ultime sono depositarie per legge, il cui solo effetto sortito sta peraltro producendo la sospensione delle relazioni sindacali a livello territoriale con le competenti direzioni, come peraltro già accaduto nell’arsenale di Taranto. A chi e che cosa giova tutto ciò non è dato di sapere ma…di certo sappiamo cosa fare noi nel caso non venga tempestivamente e definitivamente sciolto da parte Sua, illustre Ministra, quel nodo “privatizzazione si, o privatizzazione no” degli arsenali che invero aleggia da tempo, troppo tempo e che allo stato impedisce di intravedere orizzonti e prospettive ben delineate per il futuro dell’area industriale della difesa e, soprattutto, per i livelli occupazionali impiegati e rappresentati. Restiamo in attesa di Sua cortese risposta.

 FP CGIL            UIL PA           FLP DIFESA      
F.to F. Quinti    F.to S. Colombi     F.to G. Pittelli

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