Età media oltre 50 anni, urgente risorse e sblocco turn over
Roma,
21 gennaio – Una sanità che si “impoverisce”, non solo nelle risorse
economiche ma anche in quelle umane, e che “rischia seriamente il
tracollo”, in termini di tenuta dei servizi ai cittadini e di garanzie
per i lavoratori. La Fp Cgil Nazionale ha analizzato i dati del Conto
annuale dello Stato in un focus specifico sul segmento sanità tra
risorse e servizi e, da una rielaborazione dei dati della Ragioneria
generale dello Stato, emerge “una vera e propria emorragia di personale,
quasi 50 mila lavoratori in meno dal 2009 a oggi”.
Il report
della Funzione Pubblica Cgil sullo stato del servizio sanitario e sui
servizi offerti ai cittadini analizza in dettaglio la variazione
dell’occupazione, in parallelo con il blocco del turn over, dalla quale
si evince come negli anni che vanno dal 2009 (dato preso come
riferimento perché ultimo rinnovo contrattuale) al 2015 si siano persi
40.364 lavoratori, passando da un totale di impiegati nel servizio
sanitario nazionale nel 2009 pari a 693.716 a 653.352 nel 2015. Si
tratta, nello specifico, di circa 8.000 medici, quasi 10.300 infermieri e
2.200 Operatori di assistenza (Oss, Ota e Ausiliari) e all’incirca
20.000 lavoratori tecnici, riabilitativi, della prevenzione e
amministrativi, su un totale di quasi 40.000 lavoratori in meno. Di
questi, rileva la Fp Cgil, oltre 10.000 nel solo 2015, dato che
proiettato sul 2016 porta la ‘emorragia’ di posti di lavoro a 50 mila
lavoratori in meno dal 2009.
Ma non solo: a causa del blocco del
turn over è esplosa l’età media nel sistema sanitario, ben oltre quella
registrata nell’intera Pa. Si sfonda infatti quota 50,1 anni e le
proiezioni del conto annuale la collocano a 54,3 nel 2020. Proprio in
ragione di questi dati, ovvero “blocco del turn over, emorragia
occupazionale e esplosione dell’età media”, aumenta il ricorso a forme
di lavoro precarie nel servizio sanitario nazionale. Dai dati
rielaborati dalla Fp Cgil emerge che cresce tra il 2014 e il 2015 la
quota di personale non stabile (tempi determinati e formazione lavoro,
interniali e co.co.co) di circa 3.500 unità per complessivi 43.763
lavoratori. Cala invece il ricorso a consulenze ma allo stesso tempo
aumenta la spesa complessiva che arriva a 230 milioni di euro. In
questo quadro si inserisce lo stato dei servizi ai cittadini e del
finanziamento al servizio sanitario nazionale, giudicato “insufficiente e
costantemente ridotto” e il bisogno dello sblocco del turn over.
Risorse e nuovi Lea
– Se l’approvazione dei nuovi Lea, “auspicata da lungo tempo”, è per la
Fp Cgil “un passo avanti per avere prestazioni in linea con i bisogni
dei cittadini, è necessario però rivedere le attuali organizzazioni del
lavoro, in estrema sofferenza in molti territori, e fissare adeguati
standard minimi di personale in maniera omogenea e uniforme su tutto il
territorio nazionale, sui quali programmare coerentemente le assunzioni
di personale, a prescindere dalle inevitabili specificità territoriali”.
Per il sindacato “non è più possibile aspettare oltre per
scongiurare l’eventualità che l’aumento delle prestazioni da garantire
ai cittadini, con l’attuale scarsità di risorse complessive, arrivi a
creare una effettiva selezione delle prestazioni, con il rischio
concreto di non poterle garantire e non solo nell’immediato. Proviamo,
per esempio, a pensare al trattamento delle ludopatie, introdotto dal
nuovo DPCM: siamo sicuri che nei servizi ci sia un numero adeguato di
personale formato? O è necessario pensare sin da subito ad assumere ed a
programmare interventi formativi mirati?”.
Secondo la categoria
dei servizi pubblici della Cgil è urgente superare il blocco del turn
over, “anche nelle regioni soggette a piano di rientro, per garantire
servizi ai cittadini e assicurare il funzionamento dei nuovi Lea. Così
come non è più rinviabile una riorganizzazione complessiva che guardi
all’uniformità nazionale delle prestazioni per recuperare la marcata
frantumazione del Servizio sanitario nazionale che ha prodotto enormi
differenze fra sistemi regionali/territoriali, per costruire l’effettiva
garanzia dei Lea, vecchi e nuovi. Affinché tutte le nuove attività
previste, o anche solo la parziale modifica di quelle già in essere,
possano essere svolte con capacità e competenza, bisogna investire con
l’attuazione di un adeguato piano di formazione rivolto a tutto il
personale del Servizio Sanitario Nazionale”.
Infine, per la Fp
Cgil “bisogna arrivare al più presto alla definizione dei corrispondenti
livelli essenziali per l’assistenza sociale e sociosanitaria, per
concretizzare quell’integrazione dei servizi di welfare alla persona
prevista da quasi vent’anni e mai attuata, rendendo finalmente esigibile
e uniforme quel diritto alla salute che è costituzionalmente
garantito”. Per tutti questi motivi la Funzione Pubblica Cgil chiede che
“il Comitato Lea si confronti, in modo permanente, con le
rappresentanze sindacali dei lavoratori, evitando così di parlare di
cose astratte”.