MIBACT: Osservazioni al DM Soprintendenze Speciali

12 Gennaio 2017

Mibact: Osservazioni al DM Soprintendenze Speciali

Signor
Capo di Gabinetto

 

A
differenza di quanto espresso nei confronti del DM di rimodulazione degli
orari, il quale conteneva una materia del tutto attinente al sistema di
relazioni sindacali, appare complicato per noi produrre osservazioni che non
siano sull’ impianto della riforma e sulle conseguenze che le scelte
riorganizzative avranno sulle condizioni di lavoro e sull’efficacia dei cicli
di tutela. Ma la valutazione preliminare non può che essere sul metodo di
produzione legislativa delle norme che hanno via via modificato l’assetto
originario proposto dal DPCM 171/2014. Nel senso che ci ritroviamo ancora una
volta con un provvedimento normativo introdotto surrettiziamente nell’iter
della legge di stabilità. Con un emendamento che, è bene ricordarlo, era stato
inizialmente respinto nel suo iter parlamentare per poi trovare accoglimento ed
approvazione da parte del Parlamento. Un metodo che non esitiamo a definire
antidemocratico: scelte organizzative di tale rilevanza dovrebbero maturare
dopo un ampio e serrato confronto non solo con le parti sociali, ma con tutti i
settori della società che hanno a cuore le politiche sul patrimonio culturale.
Anche il richiamo agli standard internazionali ci pare del tutto pretestuoso,
ancorché previsto dalla normativa di riferimento: l’adeguamento agli standard è
già stato operato dal DM musei, nella identificazione della struttura
organizzativa di ciascun Museo.  Inoltre
appare del tutto singolare questa modalità di procedere a strappi sulla strada
di una riforma controversa e che determina ad ogni strappo la necessità di
nuovi interventi sulla carne viva dell’organizzazione dei cicli produttivi. Ci
si chiede ad esempio il motivo per cui una tale decisione non sia stata assunta
nell’ambito delle norme approvate nella legge di stabilità 2016, che pure era
intervenuta in modo chirurgico in gran parte sulla Soprintendenza Speciale di
Roma e su Pompei. Tenendo peraltro conto che la nuova norma interviene su
strutture organizzative in piena fase di trasformazione con misure che adesso,
alla luce dei nuovi interventi, dovranno essere riformulati.

Pertanto
noi non possiamo che ribadire la nostra ferma contrarietà ad interventi che
hanno operato in modo radicale ed ideologico una separazione artificiale tra i
cicli di tutela e quelli di valorizzazione del nostro patrimonio culturale. in
particolare intervenendo e modificando strutturalmente le due Soprintendenze
simbolo della tutela del nostro patrimonio culturale, operando in un caso una
scomposizione organizzativa di cui appare del tutto complicato comprenderne la
logica e nell’altro caso un ennesimo intervento di modificazione di un assetto
organizzativo che prefigura la soppressione della Soprintendenza e la sua
trasformazione in museo autonomo.

Lo
schema di decreto prevede la costituzione di un nuovo ente dotato di autonomia,
il Parco Archeologico del Colosseo ed il mantenimento della Soprintendenza
Speciale che assorbe la BEAP Roma, perdendo definitivamente il circuito di
valorizzazione ad essa assegnato ad eccezione di alcuni siti esterni al
perimetro territoriale assegnato e le Terme di Caracalla. Una ulteriore
operazione di scomposizione di un territorio nel quale l’archeologia è parte
integrante del tessuto urbano che chiude una fase nella quale la gestione
unificata ed integrata del territorio aveva garantito grandi risultati in termini
di fruizione, un ampliamento esponenziale dell’offerta culturale, una gestione
di eccellenza dei siti ad essa assegnati.

Di
questa operazione vanno sottolineati due aspetti:

il
primo riguarda l’assoluta insufficienza degli investimenti organizzativi che
dovrebbero accompagnare un progetto di tale portata. Il costo zero previsto
dalla riforma si traduce in una semplice ripartizione del personale attualmente
in forza, del tutto insufficiente a far fronte alle complesse sfide
organizzative che la riorganizzazione prevede: la moltiplicazione dei centri di
spesa, l’insufficienza strutturale di personale in tutti i cicli lavorativi, la
fine del ciclo integrato tutela e valorizzazione che ha come conseguenza la
ripartizione del personale tecnico scientifico già insufficiente a garantire le
funzioni nei cicli integrati, la questione logistica, in riferimento alla
necessità di individuazione delle sedi dei nuovi Uffici, la necessità di
rideterminare gli organici teorici.

La
costituzione del nuovo Parco Archeologico dell’area centrale interviene
peraltro anche sul territorio gestito dal Comune di Roma, riproponendo, in modo
quasi autoritativo, la logica che aveva portato all’operazione mai conclusa del
Consorzio.

L’operazione
prevista per Pompei non è affatto, come dichiarato dal Consigliere Casini, una
operazione di mero restyling nominale: semplicemente anticipa la trasformazione
di quella struttura organizzativa in un museo autonomo, con il conseguente
assoggettamento di questo Ufficio alla DG Musei,  e diventa l’ennesimo intervento di modifica,
anche questo poco giustificato dai risultati della gestione del sito con lo
strumento della Soprintendenza Speciale. Anche in questo caso appare
paradossale la rivendicazione dei risultati dei lavori di messa in sicurezza e
ampliamento della possibilità di fruizione e si abbandona un modello del tutto
funzionale alle caratteristiche del sito per declinarne una nuova identità per
la quale viene messo in discussione il fondamentale principio di tutela la cui
mancanza era stata la causa principale del suo passato declino organizzativo.

Per
questi motivi, sig. Capo di Gabinetto, noi non possiamo che esprimere netta
contrarietà a questo intervento di ristrutturazione e certo non sono
sufficienti gli aggiustamenti fatti in corsa rispetto al mantenimento della
Soprintendenza Speciale e la decisione di prevedere il riversamento di una
quota degli incassi dei siti a maggior fruizione. Una attenzione frutto anche
delle pressioni e valutata meramente per una questione di immagine, in
particolare rispetto alla prima ipotesi di soppressione della Soprintendenza
Speciale. Il risultato è l’ulteriore 
ridimensionamento dei settori della tutela che perdono altre due
posizioni dirigenziali, che vengono cedute nel primo caso di Pompei al settore
Museale e nel caso romano al Segretariato Generale. Pertanto, come può
immaginare, non possiamo certo produrre proposte di modifica di un impianto
definito e coerente con un visione organizzativa che noi non abbiamo mai
condiviso e che, a nostro avviso, produrrà nel medio periodo e una volta
esaurita la bolla mediatica della retorica dell’aumento dei visitatori, grandi
guasti al tessuto organizzativo di un Ministero per il quale non vengono
affrontati i nodi strutturali del declino organizzativo. Ci permettiamo
pertanto una unica proposta: ovvero il recupero della posizione dirigenziale
derivante dalla soppressione della Beap Roma ai settori degli Archivi e delle
Biblioteche. Riteniamo del tutto ridondante la proposta di rafforzare
ulteriormente le strutture centrali: se il Segretariato Generale ha necessità
di avere un’altra posizione dirigenziale si può operare razionalizzando la
struttura centrale e non certo sottraendo risorse a settori già del tutto
mortificati e residualizzati da questi interventi di riorganizzazione. Sarebbe
un segnale, ancorchè minimo, certamente apprezzabile.

Infine
dobbiamo comunicare la sospensione della partecipazione della scrivente O.S. al
tavolo tecnico di monitoraggio della riforma, in attesa del confronto sulla
verifica del funzionamento degli accordi in materia di relazioni sindacali del
tutto disattesi in molti Uffici dell’Amministrazione. Ricordiamo che abbiamo
chiesto un intervento urgente segnalando situazioni di conflittualità derivanti
da scelte illegittime ed in pieno contrasto con gli accordi sottoscritti in
sede centrale. In questa sede le segnaliamo i casi più urgenti, ovvero il
comportamento del Direttore della Galleria Borghese che dispone aperture e
prolungamenti di orario in assenza di minime misure di sicurezza e la decisione
del Direttore del MANN di Napoli di modificare l’inquadramento giuridico di 17
dipendenti sulla base di motivazioni pretestuose e del tutto ignorando gli
obblighi derivanti dagli accordi sottoscritti a livello nazionale. Abbiamo più
volte chiesto un intervento volto a riportare questi comportamenti, che non
esitiamo a definire irresponsabili, nell’ambito delle corrette relazioni tra le
parti e addirittura rispetto all’evidente eccesso di potere decisionale
travalicante i limiti previsti per l’esercizio della funzione dirigenziale. La
FP CGIL chiede il pieno rispetto delle regole che ci siamo dati, un sistema di
governance dell’organizzazione che sia coerente e, al momento, dobbiamo
registrare persino il mancato rispetto delle vie gerarchiche interne. In queste
condizioni e sino a quando permarranno la scrivente O.S. non ritiene di poter
partecipare a confronti sui processi di riorganizzazione che non siano
direttamente attinenti alle prerogative sindacali previste dal vigente
ordinamento.

 

FP CGIL Nazionale MIBACT

      
Claudio
Meloni

 
                                                                                                            

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