Il Decreto Legge 59, al momento in
discussione al Senato in fase di conversione,
introduce alcune novità nel
processo di espropriazione immobiliare meritevoli di
approfondimento, perché generano
una serie di conseguenze di rilevante impatto
sociale.
In particolare si stabiliscono
procedure accelerate e semplificate per il rilascio degli
immobili pignorati destinati alle
aste giudiziarie.
Tali procedure passano anche
attraverso l’esternalizzazione dell’azione esecutiva
rispetto ai tradizionali soggetti
all’uopo incaricati (ufficiali giudiziari). Il testo del
Decreto, all’art. 4, modificando l’art.
560 del codice di procedura civile recita:
il quarto comma e’ sostituito dal
seguente: «Il provvedimento e’
attuato dal custode secondo le
disposizioni del giudice
dell’esecuzione immobiliare, senza
l’osservanza delle formalità di
cui agli articoli 605 e seguenti,
anche successivamente alla
pronuncia del decreto di
trasferimento nell’interesse
dell’aggiudicatario o
dell’assegnatario se questi non lo esentano.
Per l’attuazione dell’ordine il
giudice può avvalersi della forza
pubblica e nominare ausiliari ai
sensi dell’articolo 68.»
L’obiettivo di accelerare le
procedure di rilascio, bypassando gli Uffici NEP, mette in
atto una misura di cui occorre
valutare attentamente le ricadute, sia sotto il profilo
dell’equità, sia sotto quello delle
implicazioni sociali.
La situazione è di particolare
delicatezza, essendo venuti meno i principi di garanzia
di un fenomeno socialmente
esplosivo come quello degli sfratti. L’affidamento delle
liberazioni degli immobili a liberi
professionisti, i cui proventi dipendono
direttamente dal completamento dell’esecuzione,
rischia di generare forzature e
situazioni difficili.
La stessa previsione di legge dell’esenzione
per quella categoria di esecuzioni delle
incombenze di cui agli artt. 605 e
segg. cpc fa apparire gli esecutati di queste
procedure come dei cittadini di
serie B, a cui non è garantito neppure il diritto alle
notifiche che preludono e
preannunciano l’escomio.
Le esigenze di efficienza e
rapidità non possono far venir meno il dovere dello Stato
di garantire l’uguaglianza di tutti
i cittadini davanti alla legge. Insomma, con questa
misura, che sicuramente agevolerà
le banche velocizzando l’iter degli sfratti, si
vuole sancire che è socialmente più
riprovevole non pagare il mutuo che non
l’affitto? E ciò proprio in una
fase storica in cui alcuni attori del sistema bancario
hanno dato prova di abusare delle
prerogative riconosciute dalla legge per
l’esercizio del credito e la tutela
dei risparmiatori. Appare paradossale che per chi
perde la casa di proprietà (spesso
prima ed unica casa) a seguito di pignoramento,
a differenza degli altri sfrattati,
non si pongano in atto quelle cautele e quelle
misure preventive minime che sono
alla base di una buona amministrazione della
collettività.
Non è ammissibile che sia il peso
specifico del soggetto creditore ad influenzare le
scelte del legislatore. Possiamo
sospettare che tanta accelerazione procedurale,
anche a rischio di calpestare
principi, diritti e buonsenso, sia mossa dal fatto che
gran parte delle procedure
immobiliari sono attivate da istituti bancari ed altri
“soggetti forti”, i cui interessi
assumono una posizione prioritaria rispetto – ad
esempio – al piccolo proprietario
con inquilino moroso?
Inoltre scarsa considerazione è
stata prestata alla questione del rapporto con la
Forza Pubblica, spesso necessaria
in fase di esecuzione. La polverizzazione dei
soggetti eseguenti porterà i
commissariati a ricevere pletore di richieste di
assistenza, che – stante la carenza
di personale – comporteranno comunque lunghi
tempi di attesa (anche perché la
polizia dovrà continuare nel contempo ad
assicurare assistenza agli
ufficiali giudiziari). A questo punto forte sarà la tentazione
per i custodi di provvedere col
fai-da-te, magari con il supporto di qualche
bodyguard privato, con tutte le
conseguenze immaginabili, sotto il profilo della
sicurezza e dell’ordine pubblico:
ogni sfratto, una battaglia e comunque senza aver
apprestato un paracadute sociale
per le famiglie che si troveranno prive della prima
casa.
Ma è questo il modello di giustizia
che prospettiamo per il futuro?
Noi crediamo che quando lo Stato
dismette alcune funzioni istituzionali di gestione
delle esigenze della collettività
si generi un arretramento del livello di civiltà di un
paese. La risposta alle lentezze
della giustizia va trovata soprattutto rafforzando la
macchina e agendo
sull’organizzazione con investimenti mirati.
Gli interventi legislativi sono
certamente necessari se mirati a rendere la macchina
più efficiente ma non possono
mortificare la attività del personale né peggiorare il
servizio offerto alla cittadinanza.
Pertanto,
le scriventi OOSS chiedono un’audizione per chiarire le ricadute
negative
sul servizio e sull’attività di tale norma e chiedono di espungere
dal
DL 59 la lettera d) del comma 1 dell’art. 4.
FPCGIL CISLFP UILPA
Chiaramonte Bonomo Colombi