CONTINUA L’ATTACCO AL DIRITTO DI SCIOPERO
Roma, 26 maggio 2016
In occasione dello sciopero
generale unitario di ieri nel Lazio abbiamo ancora una volta dovuto verificare
il livello di irresponsabilità di alcuni dirigenti che hanno sostanzialmente
messo in discussione il diritto di sciopero in importanti realtà museali
romane, tra cui, naturalmente, il Colosseo.
Un comportamento generale che
abbiamo comunque verificato sin dalla sottoscrizione del Protocollo di Intesa
all’ARAN, con assenza di convocazioni per definire le nuove regole previste e
che ci ha costretto, stante i concomitanti scioperi regionali, ad una rincorsa
continua di richieste alla dirigenza di aprire i tavoli per definire i nuovi
servizi minimi.
Abbiamo già avuto l’episodio
verificatesi in occasione dello sciopero lombardo, dove la mancata
regolamentazione, del tutto attribuibile, come abbiamo dimostrato ampiamente,
alla responsabilità dirigenziale, ha poi portato alla chiusura totale di Brera
e del Cenacolo.
Invece ieri, sia alla Galleria
Nazionale d’Arte Moderna che alla Soprintendenza Archeologica di Roma abbiamo
verificato comportamenti del tutto in contraddizione con gli stessi accordi
sottoscritti, tramite cambiamenti nella predisposizione dei turni con richieste
preventive su chi avrebbe partecipato allo sciopero, autorizzazioni a svolgere le lunghe, tutte
operazioni finalizzate ad aprire i siti nelle fasce orarie in cui si dovevano
semplicemente predisporre i presidi a sito chiuso.
Insomma continua l’attacco al
diritto di sciopero iniziato con la vergognosa vicenda dell’assemblea al
Colosseo, con una norma fortemente anticostituzionale che il governo ha
imposto, e addirittura con il sabotaggio degli accordi costruiti proprio in
applicazione di quelle norme.
Comportamenti peraltro denunciati
prontamente alla controparte politica e oggetto di diffida delle Segreterie
Territoriali unitarie ai dirigenti interessati, ma in questo caso il Ministro
non ha naturalmente ritenuto di intervenire per frenare questi comportamenti.
Non c’erano lavoratori da additare all’opinione pubblica.
Di fronte ad un quadro così
desolante non ci fermeremo certo a questo comunicato: noi pretendiamo il
rispetto delle regole democratiche e non tolleriamo certo atteggiamenti e
azioni tese ad aggirare le stesse regole e gli accordi conseguenti. Il
sindacato “nemico dell’Italia” ha dimostrato, sottoscrivendo un accordo
anche in applicazione di una norma anticostituzionale, senso di responsabilità.
Con lo stesso senso di responsabilità pretendiamo il rispetto puntuale e
rigoroso degli accordi sottoscritti e delle procedure previste dalle norme,
qualora e quando non lo registriamo chiederemo ai giudici il ripristino della
legittimità costituzionale.
Firenze, quanto serve
Emergenza Cultura!
Il grave smottamento
verificatesi ieri sul Lungarno fiorentino, nel cuore della città, pone
drammaticamente la questione della tutela del patrimonio culturale, esattamente
nei termini denunciati nella piattaforma di Emergenza Cultura. Questi temi
vengono ripresi oggi in un puntuale e lucido articolo a firma di Tomaso
Montanari su Repubblica, alla cui lettura vi invitiamo, poiché ci sembrano del
tutto preoccupanti le valutazioni che emergono sul declino di una città
straordinaria per effetto di politiche sbagliate che la stanno trasformando in
una sorta di Disneyland per turisti. Vicende come queste dovrebbero far
riflettere l’opinione pubblica sugli effetti devastanti delle scelte politiche
sul paesaggio, sul rapporto costo-benefici delle politiche di
spettacolarizzazione e di sfruttamento commerciale del nostro patrimonio
culturale, sull’abbandono progressivo delle attività di manutenzione e tutela,
che trovano la loro sublimazione proprio nelle cosiddette riforme Franceschini.
Come spesso succede, sono gli eventi
traumatici a sollecitare riflessioni collettive. Ce lo auguriamo, perché, come
scrive lo stesso Montanari, noi siamo i custodi e non i padroni del patrimonio
culturale della Nazione.
Si amplia la protesta
contro il Codice Etico del Mibact.
Nei giorni scorsi
abbiamo avuto importanti prese di posizione da parte delle associazioni
sindacali dei cronisti e la stessa associazione Articolo 21 contro i contenuti
del Codice Etico del Ministero, proteste sorte dopo la famosa disposizione del
Soprintendente Prosperetti (sempre lui!) che vietava ai propri dipendenti
rapporti con gli organi di stampa e che mano a mano si stanno estendendo, poiché
questa tendenza ad utilizzare il Codice Etico come strumento di bavaglio dei
lavoratori pubblici è piuttosto ampia, tocca varie realtà del pubblico impiego
e dimostra, se ancora ce ne fosse bisogno, una linea di comportamento che
vorrebbe riportare le realtà negli Uffici pubblici agli anni Cinquanta. Siamo peraltro molto
curiosi di sapere cosa risponderà il Ministro ad una interrogazione
parlamentare presentata sulla materia dagli esponenti di “Possibile”.
Al momento registriamo che la denuncia sui contenuti anticostituzionali del
Codice Etico non è solo una fissazione del Sindacato, ma riguarda aspetti
delicatissimi che giustamente vengono denunciati da coloro che difendono la
libertà di stampa nel nostro paese. E diventa di conseguenza anche questo tema
emergenziale per la nostra democrazia, con buona pace dei burocrati, in
particolar modo del Segretario Generale MIBACT, che si è resa protagonista di
una pessima figura nell’incontro che abbiamo avuto sulla materia. Lo
ricordiamo: prima ci è stato detto che noi avevamo avuto un confronto in fase
di predisposizione del Codice, confronto mai avvenuto. Poi, a fronte delle
nostre unitarie e puntuali osservazioni, si è rifiutata di entrare nel merito
perché c’è un giudizio pendente avviato dai colleghi della UIL presso il TAR.
Adesso vedremo cosa dirà di fronte alle giustissime proteste della libera
stampa.
FP CGIL Nazionale MIBACT
Claudio Meloni