MIBACT: Trasmissione schemi dei DM “Riorganizzazione del MIBACT

15 Febbraio 2016

 

News

 
Trasmissione schemi dei DM "Riorganizzazione del MIBACT"
 

 
Purtroppo siamo stati facili profeti, nel nostro
comunicato del 21 dicembre scorso, a prevedere un ulteriore scossone al MIBACT
causati dalla famosa normetta buttata nel calderone della legge di stabilità
2016.

 Siamo in presenza di un vero e proprio blitz
normativo che modifica radicalmente il precedente assetto appena riformato e
propone una nuova riorganizzazione di tutto il ciclo delle tutela.

L’operazione, formalmente giustificata dal
doversi uniformare alla legge Madia, nella parte che disciplina il silenzio
assenso e la nuova conferenza dei servizi, in realtà comporta due ordini di
valutazioni:

la prima è che questo adattamento alla legge
Madia non è altro che una resa anticipata e senza condizioni ai successivi
passaggi previsti, in primis la famosa riorganizzazione dell’apparato
periferico dello Stato con a capo gli Uffici Territoriali dello Stato guidati
dai prefetti tanto cari al nostro Presidente del Consiglio. Non ci può venire a
dire che il silenzio assenso e la nuova conferenza dei servizi, che dovrà
uniformare i criteri di presenza del rappresentante unico dello Stato,
designato di volta in volta dal prefetto competente per territorio possa essere
la sola causa di un tale sommovimento organizzativo.
C’erano altri strumenti
per identificare una procedura uniforme nel rilascio dei pareri, anche la famosa
conferenza dei soprintendenti, ad esempio. Quindi un problema che poteva essere
benissimo risolto per via organizzativa senza mettere mano di nuovo ad una
struttura appena riformata ed ancora del tutto in mezzo al guado della
confusione organizzativa. Inoltre, considerato l’impatto deleterio della norma
sul silenzio assenso, ci chiediamo quale potrà essere l’autorevolezza di una
amministrazione nella valutazione di un prefetto incardinato in un territorio
dove certamente l’operato del Ministero, soprattutto in materia di vincoli
paesaggistici,  cozza quasi sempre con
interessi localistici. La bozza proposta, non solo accorpa le
Soprintendenze, ma ne modifica i compiti e ne aggiunge di nuovi ai Poli
Museali. In particolare, in modo del tutto inopinato e inconferente, toglie
alle Commissioni Regionali il compito di concedere i beni culturali pubblici, e
lo attribuisce (per la quasi totalità dei beni) ai direttori dei Poli
Museali.  A chi saranno concessi i beni?
Tutto ciò mentre nei CDA entrano ‘esperti del patrimonio culturale’ (come
chiederebbe la norma) quali ex amministratori delegati di aziende, su tutto il
territorio nazionale.

In sostanza si coglie la
palla al balzo per infilare questa norma al volo. Senza passaggi parlamentari.
Senza pareri del Consiglio di Stato. Tutto per gestire il nostro patrimonio da
parte di soggetti di nomina politica e non per concorso.

 

La seconda valutazione è sull’impianto delle
riforma: siamo ad un cambiamento radicale nelle politiche di tutela, un
cambiamento che evidenzia in tutto e per tutto l’indebolimento ormai
insopportabile delle sue funzioni e competenze. L’idea delle Soprintendenze
miste ci pare in questo contesto, ove i Soprintendenti sono già, insieme ad
Archivi e Biblioteche, l’anello debole del modello organizzativo tarato sui
Musei e sulla valorizzazione separata nella gestione dalla tutela, una
operazione esiziale. Quindi si rischia semplicemente di creare strutture
acefale, senza un ragionamento consolidato sull’impianto organizzativo.
L’operazione del resto scopre le sue vere finalità nella sottrazione di 10
dirigenze alla tutela ed il loro riversamento sui nuovi siti autonomi. Una
operazione dal nostro punto di vista censurabile anche sotto il profilo
applicativo della normetta in stabilità. Non ci pare di cogliere in quelle
quattro righe scritte in croce una delega ad istituire nuovi uffici che non
siano quelli derivanti da accorpamenti. Invece il nodo cruciale diventa proprio
l’istituzione di questi nuovi 10 siti dotati di autonomia e alcune operazioni
gridano vendetta proprio per le implicazioni che propongono. Ci chiediamo ad
esempio quale finalità abbia l’istituzione dell’autonomia sul Parco
archeologico dell’Appia Antica o sull’area Flegrea. Strutture del tutto prive
di ogni dimensione organizzativa e spesso senza alcuna possibilità di introiti.
Sull’area dell’Appia antica sappiamo tutti quali sono gli appetiti e conosciamo
la strenua battaglia che i funzionari della Soprintendenza hanno fatto e stanno
facendo contro la speculazione edilizia e anche la proposta della società
Autostrade di farne una fondazione.
Con questa operazione i funzionari addetti
alla tutela vengono tagliati fuori e si mette in piedi il grazioso meccanismo
della selezione internazionale dove tra i requisiti certamente non entra la conoscenza
delle norme e delle leggi che regolano il diritto amministrativo italiano ma le
cosiddette capacità manageriali di cui stiamo verificando purtroppo in molti
casi il segno. 

Pertanto siamo di fronte ad una vera e propria
sottrazione di importantissime aree archeologiche alla tutela, altro che il
rafforzamento dei presidi sul territorio, come il trionfale comunicato
ministeriale stile Istituto Luce vuol far credere. Il tutto tra i peana del
Consiglio Superiore, sempre più orpello nelle mani del Ministro, e degli
illustri archeologi che ne fanno parte. E non basta più al Ministro rifugiarsi
sotto il comodo ombrello della spending review per giustificare le sue scelte
al risparmio. Il ministero è stato falcidiato dalla spending review e avrebbe
potuto invece richiedere l’implementazione dell’organico dirigenziale,
dimostrando dati alla mano che non esiste in nessuna altra amministrazione
pubblica un numero così esiguo in rapporto alla dimensione organizzativa.
Invece si procede con blitz normativi e la completa assenza di un dibattito
politico parlamentare sulle scelte adottate e non si ha il coraggio di chiedere
revisioni ad una politica sbagliata, fatta di tagli orizzontali che con la vera
spending review c’entra ben poco.

Una operazione analoga la si fa accorpando le
Soprintendenze archivistiche con quelle neo istituite bibliografiche: in questo
caso abbiamo una decisione conseguente alla norma che assegna allo Stato
competenze in materia di tutela del patrimonio archivistico e bibliografico
prima esercitate da province e regioni. Una norma di cui non si era valutato
minimamente l’impatto organizzativo e adesso si tenta di metterci una pezza con
questa invenzione organizzativa, anch’essa artificiale nei risvolti
organizzativi e nella duplice dipendenza dalle rispettive direzioni generali.
Una operazione che, alle attuali condizioni dell’organico previste dal DM 7
agosto,  rischia di non produrre altri
effetti se non quello di sovraccaricare oltremisura il poco personale assegnato
a  questi settori.

Infine c’è una revisione ed una integrazione di
siti e aree in diversi Poli Museali sui quali ci riserviamo, anche alla luce
delle osservazioni che ci perverranno, ulteriori approfondimenti-

Restano da comprendere e verificare tutte le
conseguenze sul personale, che sta già vivendo una fase di profonda incertezza.

Ci chiediamo al riguardo che senso possa avere emanare adesso un bando di
mobilità volontaria quando non sono ancora chiari i riferimenti agli organici a
seguito di questa nuova riforma. Dal nostro punto di vista l’Amministrazione
avrebbe dovuto ampliare i tempi previsti per le modifiche agli organici  e invece si parte senza che ai lavoratori
vengano assicurate le necessarie certezze sulle destinazioni.

 

Insomma fiocco viola per la tutela del nostro
patrimonio culturale, ormai giunta ad uno dei punti più bassi della sua
gloriosa storia.

 

Noi abbiamo avuto formale richiesta di produrre
nostre osservazioni su questo nuovo impianto di riforma e graziosamente ci è
stato concesso il termine di domani per produrle. Noi pensiamo di inviare
questo comunicato e non ci eserciteremo in stilismi inutili e che sicuramente
non produrranno alcuna modifica sostanziale alle scelte adottate. Ci
eserciteremo invece in una azione di contrasto capillare ad un progetto di riforma
che riteniamo profondamente sbagliato e non ci lasceremo rinchiudere in un
recinto corporativo che non rappresenta certo la nostra idea di sindacato
generale.

 

Roma, 20 gennaio 2016

Claudio Meloni

FP CGIL Mibact

 
 
 
 
 
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