E’ la burocrazia il vero male della Pubblica Amministrazione: gestione
acritica di norme che modificano altre
norme in sostituzione di vecchie norme. Il burocrate vive di questo, di
interpretazioni autentiche, di disposizioni di servizio che non dispongono
nulla, utili solo a rinviare sine die
decisioni importanti per il funzionamento della struttura. Chi gestisce il
lavoro pubblico con questa ritualità non
è interessato alla produttività degli uffici, alla loro efficienza, all’utilizzo
del personale in funzione di un obiettivo. Quello che conta, nella teoria
appena esposta, è che l’organico sia corrispondente a quanto previsto da quel tale decreto, emanato in funzione di uno scopo
non ben definito: che la realtà diventi surreale.
Certo, la questione è
particolarmente preoccupante quando le strutture coinvolte sono uffici pubblici, che devono garantire un
servizio adeguato alle richieste del cittadino utente. La produttività del
personale, separata dalla razionale organizzazione degli uffici operativi, può determinare una
situazione kafkiana. Le lavoratrici e i lavoratori, peggio ancora se comandati
o distaccati, perdono qualsiasi certezza.
Dopo anni di attività prestata presso
strutture, nel nostro “ipotetico” esempio del Mef, con ottimi livelli di
professionalità, rischiano di essere
rinviati, o essere stati già rinviati,
alle sedi di “organica appartenenza” senza un valido motivo reale, se
non la burocratica applicazione della norma.
La burocrazia non si preoccupa minimante
che una Commissione Tributaria o una Ragioneria
Territoriale possano andare in difficoltà produttiva o non essere più in grado di garantire il proprio
funzionamento: interessa solo tradursi in atto attraverso la revoca o
l’accoglimento di una richiesta di comando o di trasferimento, o altro ancora. In tal modo, si può anche non sapere che le commissioni tributarie devono
ridurre il numero dei ricorsi
pendenti del 10% e che il mancato raggiungimento dell’obiettivo
determina meno entrate tributarie o che
le RTS devono rispondere ad una utenza esterna.
Professionalità? Efficienza? Garanzia
dei servizi? Sono formule vuote,
senza alcun significato. La burocrazia
diventa una ritualità tanto più forte quanto più riesce ad estraniarsi e porsi
al di sopra di queste questioni. Il suo
motto è : la regola sono io.
Le varie riforme della pubblica amministrazione sono sempre fallite
proprio perché la burocrazia è sopravvissuta ad ogni
cambiamento.
Roma, 7 agosto 2015
FP
CGIL Nazionale
Luciano
Boldorini