Pompei: Le tristi polemiche e la verità sulle mancate aperture di fine anno
Come al solito, quando succede che per qualche motivo un sito prestigioso come Pompei non apre, si scatenano polemiche sui media, e a noi ci tocca leggere commenti di cronisti quanto meno male informati e di ex politici di vaglia che ad esempio si sono svegliati in commenti allarmati sulla riforma Franceschini solo dopo che la riforma è passata, ovvero quando i buoi sono scappati.
Ma la ragione per la quale quest’anno il sito di Pompei, come tutti i siti statali, non ha aperto a Natale e non aprirà a Capodanno, è molto semplice: queste aperture non sono state considerate nel programma di valorizzazione 2014. Le ragioni le ha spiegate il Ministro Franceschini, quando ha tirato fuori i numeri relativi ai flussi di visitatori degli anni passati, e quindi non si capisce cosa possiamo entrare noi in una valutazione, che può essere legittimamente messa in discussione senza andare a cercare responsabili nei lavoratori e nei loro rappresentanti aumentando così l’ostilità sociale verso una categoria di lavoratori che assicura invece il più ampio arco temporale di fruibilità del nostro patrimonio culturale rispetto a tutto il panorama europeo. Infatti le uniche chiusure previste sono Natale, Capodanno e il Primo Maggio, giorni in cui peraltro si è quasi sempre garantita l’apertura con progetti straordinari.
Quindi noi abbiamo sottoscritto accordi per consentire lo svolgimento di un programma di valorizzazione che è stato giustamente pensato dalla nostra controparte ed ispirato direttamente dal ministro. Il quale ha scelto di privilegiare il prolungamento serale di venerdì rispetto al mantenimento di un programma di aperture che contemplasse l’apertura tutto l’anno. Noi non eravamo molto d’accordo, ma non ci è parso un motivo sufficiente a non sottoscrivere un accordo che comunque garantiva un ampliamento nella fruizione e che peraltro aveva accolto alcuni nostri suggerimenti che hanno portato alla previsione, ed alla successiva effettuazione, delle giornate di archeologia, patrimonio nascosto, domenica delle carte e restauro.
Tutto qui, nessuna assemblea selvaggia e nessun irrigidimento dogmatico, ci spiace per chi specula in buona o cattiva fede. A noi risultava la chiusura prevista solo per Natale (Capodanno2015, per ragioni evidenti di contiguitá temporale, era inserito nel programma 2014), tant’é che i primi di dicembre abbiamo contattato le nostre controparti e chiesto di sapere se erano in programma le aperture di fine anno, e in tal caso non sarebbe certo mancata la nostra disponibilità. Ci spiace due volte.
Giusto prima di Natale abbiamo avuto un incontro a livello nazionale sulla situazione di Pompei, nella quale si è esaminato lo stato dell’arte in relazione alla gestione del Grande Progetto Pompei, tramite un’analisi delle criticità relative alla gestione dell’emergenza. È emersa chiara la difficoltà nella gestione degli intrecci funzionali tra la struttura amministrativa creata ad hoc per la Direzione di Progetto, peraltro solo ora in fase di completamento, e il personale interno nella distribuzione dei compiti che vedono una costante penalizzazione di quest’ultimo. Il ricorso massiccio ad Ales, nelle sue varie forme compreso il lavoro interinale, è stato giustificato dalla fase di emergenza e ponendo il limite nella fatidica data del 31 dicembre 2015, conclusione del Grande Progetto. Noi abbiamo semplicemente sottolineato la necessità di evitare in questa fase conflitti di competenze ed improprie sovrapposizioni gerarchiche, sollecitato l’Amministrazione ad affrontare anche la messa in sicurezza delle condizioni di lavoro. Ed abbiamo posto la questione per noi centrale del day after, ovvero quali saranno le condizioni organizzative del sito una volta terminato il Grande Progetto. In sostanza quali iniziative saranno assunte per garantire al sito il ritorno alla normalità, in tutti i sensi, consentendo il funzionamento ordinario delle attività senza ricorrere a soluzioni estemporanee e emergenziali. Nel contempo abbiamo chiesto di aprire un confronto su Ales, sul cui capo è arrivato un altro parere di una Autority, questa volta l’Antitrust, che ne denuncia un utilizzo distorto ed una connotazione societaria non esattamente in house. Quindi una società che agisce sul mercato con condizioni privilegiate e non solo una società strumentale del Mibact. Che mantiene intatto il suo management malgrado i numerosi cambiamenti di gestione politica del Ministero, compreso il suo Presidente, ex dirigente Mibact e attualmente anche sindaco di Tivoli. E visto che ci trovavamo abbiamo chiesto pure lumi su Enit, che si appresta ad essere un’altra società strumentale del Ministero ed al cui personale intendono applicare, ça va sans dire, il contratto del commercio. L’incontro ha comunque avuto carattere interlocutorio e si è concordato un ulteriore alla presenza del Generale Nistri, vero deus ex machina del Grande Progetto. Vedremo, ma veramente vorremmo richiamare l’attenzione dei media su questi aspetti, certamente più importanti di una occasionale mancata apertura.
Ma certo il Ministro avrà di che riflettere su questo doppio impasse mediatico di fine anno. Da un lato la vicenda delle nomine, che ha visto confermate con giustificato pudore (nemmeno uno straccio di comunicato stampa) le fosche anticipazioni dei media, richiamandoci tutti alla triste realtà del così va il mondo, dall’altro il curioso contrappasso di dover spiegare lui i motivi di una mancata apertura, a fronte di polemiche mediatiche per le quali è il primo responsabile, con le sue incaute dichiarazioni passate in occasione di chiusure temporanee dei siti per agitazioni sindacali dalle modalità certamente discutibili ma con motivazioni in gran parte condivisibili.
Adesso andremo alla verifica del programma di valorizzazione con il nuovo Direttore Generale, in quella sede dimostreremo che la scelta di puntare sui prolungamenti orari del venerdì è stata fallimentare proprio dal punto di vista dell’aumento dei visitatori e ci auguriamo che per il futuro venga meno questa specie di ansia da prestazione per cui solo i numeri possono comporre l’offerta. Per noi è fondamentale che il servizio pubblico assicuri la più ampia possibilità di fruizione e che in tale ambito si sostanzi l’offerta specifica ai cittadini, perché nei beni culturali non sono i numeri a fare economia, se non si accompagnano a progetti di sviluppo della conoscenza del patrimonio, se davvero lo si vuole mettere a profitto. Lo testimoniano appunto i numeri, quelli che denunciano lo scarso livello di fruizione del patrimonio diffuso sul territorio, e non c’entrano i siti a grande attrazione, quelli sono da molti anni al limite delle loro possibilità ricettive. Da questo dato dovremmo partire, altrimenti siamo alle chiacchiere, alle polemiche strumentali e al neo liberismo d’accatto.
Roma, 23 dicembre 2014
Claudio Meloni
Coordinamento Nazionale FP CGIL MIBACT