Il Presidente dell’Anci Piero Fassino ha dichiarato : “Oggi noi dobbiamo ripensare la democrazia. Creare nuove forme di presenza sul territorio e di coinvolgimento attivo dei cittadini.” (Corriere della Sera 11.10.2014).
Il Capo Dipartimento Protezione Civile Franco Gabrielli, oltre alla lunga dichiarazione rilasciata al quotidiano Repubblica di domenica 12 u.s. ove ha giustamente indicato l’effetto al suolo delle politiche di aggressione e di smantellamento scientifico della protezione civile (PC) che ogni governo opera al suo esordio, ha rilasciato altre significative (alcune non condivisibili) affermazioni. Eccone alcune di quelle che approviamo :
“Paradossalmente in Italia più che bisogno di Stato c’è bisogno di Regioni che acquisiscano ed esercitino le loro funzioni. Il modello dunque almeno astrattamente va bene così, bisogna far crescere tutti” (ilgiornaledellaprotezionecivile.it 14 Ottobre 2014)”
“La protezione civile non è un lusso ma una necessità e bisogna salvaguardarla e farla crescere” (ilgiornaledellaprotezionecivile.it 14 Ottobre 2014).
“I problemi di manutenzione del territorio sono di gran lunga prevalenti rispetto alle previsioni, perché’ hanno un carattere di certezza, mentre le previsioni di incertezza”. (MeteoWeb.it 11.10.2014).
Condividiamo il pensiero del Presidente Fassino come pure le parole del “Ministro di fatto” della Protezione Civile quando sottolinea e fa bene, che i nostri nonni, zii, padri e fratelli maggiori, hanno sbagliato approccio al governo del territorio e che adesso è giunto il momento di cambiare impostazione e cultura. Noi aggiungiamo: e modello di società e di approccio alle politiche di PC. Cominciamo, ad esempio, a guardare ad essa come strumento virtuoso di governo integrato del territorio oltre che al coordinamento delle emergenze in senso lato, anzi “latissimo”.
Osserviamo con preoccupazione la crescente ostilità verso le strutture operative del servizio di PC, a cominciare dal Volontariato, percepito come qualcosa di “estraneo” da parte di quei cittadini che si sono rimboccati le maniche per pulire le strade e riaprire le attività produttive a Genova e non solo.
Gli angeli del fango sono uno dei miti fondanti dell’attuale PC. A Genova quegli angeli si sono rivoltati proprio contro “questa” protezione civile. Forse bisognerebbe riflettere seriamente sull’ultimo decennio di burocratizzazione e militarizzazione del Volontariato che la “politica” vuole, lentamente, sostituire alle fondamentali strutture operative statali nazionali e locali.
Il Paese deve prendere atto che le previsioni meteo, e ancora di più quelle sugli effetti al suolo, hanno dei limiti che sono noti, ed uscire dall’incubo dei bollettini di allerta che servono più ad evitare (o a procurarsi) grane giudiziarie che ad attivare un circolo virtuoso di protezione del territorio. Peraltro anche i magistrati devono trovare strumenti giuridici nuovi per valutare queste situazioni.
C’è un clima nuovo. Un clima “fisico”, ma anche ecologico, economico, politico, sociale. Nessuno possiede ricette miracolose o soluzioni definitive, ma almeno bisogna prendere atto che si deve affrontare il cambiamento in corso senza escludere nessuno, evitando autoreferenzialità e abusi di potere.
Riteniamo pertanto che il Dipartimento della Protezione Civile sia la struttura più indicata per diventare il motore e il coordinatore dell’adattamento del Paese a questa nuova realtà.
Se la Commissione Grandi Rischi deve continuare a svolgere un ruolo, che diventi un’officina di idee per l’adattamento del Paese al clima nuovo, e che si apra ad economisti, sociologi, igienisti, ecologi, ecc.. .
Si faccia un serio ragionamento su un “sistema” basato su previsioni e allerta, e delle possibili alternative.
Prendiamo atto che la “regionalizzazione” della PC ha dato risultati deludenti (senza dare pagelle a Regioni “buone” o “cattive”); che la presunta o promessa abolizione delle Province ha aumentato il caos a livello locale; che per i Sindaci la protezione civile è diventato un tritacarne (vedi il caso Genova).
Prendiamo atto anche del fatto che la separazione della prevenzione strutturale da quella non strutturale, seppure dettata da intenti condivisibili, è stata un errore strategico. Così come prendiamo atto che gli appetiti degli ex – ancora in giro – per strappare al DPC la previsione e prevenzione e renderla oggetto di mercato, non si sono mai sopiti.
Siamo d’accordo con Il Presidente del Consiglio almeno su una cosa: facciamo lavorare di più gli operai e meno gli avvocati. Ma se oggi gli avvocati sono oberati di lavoro, e gli operai molto meno, è anche a causa di decenni di ipertrofia normativa accompagnata dalla sistematica violazione delle leggi e dal saccheggio del denaro pubblico, anche sul rischio idraulico e idrogeologico.
Poi, siccome la prevenzione è fondamentale ma non eliminerà mai del tutto i rischi e gli effetti degli eventi, diamo ai Volontari il ruolo di sentinella e custode del proprio territorio; diamo ai Vigili del Fuoco gli strumenti per un efficace soccorso pubblico di protezione civile, zittendo, una volta per tutte, chi li vuole assimilare ad un ennesima forza di polizia; realizziamo il numero unico di emergenza per avere un sistema coordinato e razionale; definiamo i livelli essenziali del servizio di PC, per avere servizi e risorse certe. (non fermiamoci solo alla pianificazione – fatta peraltro pensando al solo soccorso -, ma estendiamoci anche alla “programmazione preventiva”).
Infine, se non si intende fare riferimento alle Province, individuiamo le aree ottimali per l’organizzazione di protezione civile. Riportiamo la “preparedness” per le grandi emergenze nei livelli essenziali di assistenza (LEA) del Servizio Sanitario Nazionale.
Infine, ma per noi è il principio, si riconosca che la PC è politica, e si restituisca alla politica la responsabilità della PC (in primis le ordinanze derogatorie di cui al famoso e famigerato articolo 5 della Legge 225/1992).
C’è dunque bisogno di un ripensamento complessivo a 360° sulla materia e di fare chiarezza nei rapporti tra le Istituzioni perché è proprio quella non chiarezza di ruoli che consente un vuoto che provoca la deresponsabilizzazione della politica e dell’amministrazione pubblica.
Vorremmo discutere questi argomenti vorremmo dibattere collegialmente negli spazi di discussione democratica, piuttosto che assistere ad uno scontro tra nostalgici e anti-nostalgici di un età dell’oro che, alla luce di un’analisi intellettualmente onesta, non è mai esistita.
Questa discussione deve essere un punto di riferimento anche per arrivare ad un testo di legge sulla PC che sia condiviso nel Paese e non scritto nelle stanze chiuse in solitaria. Noi crediamo che le soluzioni si trovino nel confronto tra proposte e crediamo nella “centralità del ruolo del Parlamento”.
Roma 16.10.14