ANCORA BLOCCO DEI CONTRATTI E TAGLI AL BILANCIO: UN REFRAIN INSOPPORTABILE CHE TAGLIA LE ALI ALLA RIFORMA DEL MIBACT
Care compagne e cari compagni,
la ripresa autunnale è ancora una volta caratterizzata da annunci assai negativi per i lavoratori pubblici. Il Ministro Madia ha annunciato il prosieguo del blocco dei rinnovi contrattuali anche per il prossimo anno e si prevede anche un ulteriore taglio al disastrato bilancio del Ministero nell’ambito della nuova spending che prevede una ulteriore riduzione del 3% delle spese dei ministeri, la cui determinazione è stata democraticamente affidata ai singoli ministri. Queste decisioni sono accompagnate dai soliti attacchi ai lavoratori pubblici, perpetuando l’immagine ormai trita, ma sempre funzionale, del travet sfaccendato che si può permettere, visto il grasso che cola, di fare ancora ulteriori sacrifici a fronte di una situazione economica che, malgrado i proclami governativi, prevede anche per questo anno un indice di crescita del PIL negativo.
Niente di nuovo sotto il sole, si direbbe. In realtà, queste decisioni calate sulle singole amministrazioni producono degli effetti a catena specifici ormai non più giustificabili rispetto agli obiettivi di efficienza ed efficacia che i processi di riorganizzazione in atto dichiarano di voler perseguire, a partire dagli effetti ormai dirompenti che produce il blocco delle retribuzioni in termini di perdita secca del valore di acquisto dei salari.
Nel caso del MIBACT queste decisioni normative si calano in una situazione complessa derivante da un processo di riorganizzazione che oggettivamente mira a ridisegnare il profilo organizzativo del ministero. Questo anche indipendentemente dal giudizio politico sulla riforma, che registra sempre la nostra netta contrarietà alla separazione tra le linee della tutela e della valorizzazione.
IL DPCM
La riforma avviata dal DPCM, il cui testo definitivo vi abbiamo inviato nei giorni scorsi, ripropone sostanzialmente il testo di luglio con alcune novità la cui portata sarà valutabile solo in sede dei decreti applicativi. In particolare alcune modifiche sono state portate nella identificazione dei musei dotati di autonomia (subentra il Palazzo Ducale di Mantova in luogo del Museo Naz.le Romano e viene tirato dentro il Polo reale di Torino che integra la Galleria sabauda, un favorino localistico rispetto ad un progetto, quello del Polo reale, di cui abbiamo più volte descritto l’artificialità e la mancanza di progetto culturale).
Viene ripristinata la separazione organizzativa tra Archivi di Stato e Soprintendenze Archivistiche e viene attenuata la dipendenza economica dal segretariato regionale che, pur subendo un declassamento continua ad avere saldi i cordoni della borsa, nel rapporto funzionale con Archivi, Biblioteche e Soprintendenze. La cifra politica della riforma si misura pertanto con questa sorta di ridimensionamento delle linee di tutela, nella quale la figura del Soprintendente esce oggettivamente penalizzata, insieme ai settori di Biblioteche e Archivi. Considerato pure che la ritrovata autonomia sui processi di tutela invitabilmente farà i conti con le previste Commissioni di verifica, che si devono preparare ad affrontare un contenzioso certamente di grandi dimensioni, e che i Soprintendenti, a differenza dei Musei autonomi e dei Poli Museali regionali, non sono stazione appaltante.
Adesso si apre la fase applicativa, una fase assai delicata che dovrà affrontare i temi concreti della ristrutturazione organizzativa alla luce dei nuovi intrecci funzionali, quindi l’allocazione del personale, l’individuazione delle sedi dirigenziali, gli ulteriori accorpamenti ad esempio nel settore archeologico, la costruzione dell’impianto organizzativo della autonomie. Tutte tematiche peraltro strettamente connesse ai temi della riforma generale della PA e che ci vedranno impegnati in un confronto serrato sulle politiche degli organici, mettendo in fila tutte le questioni, alcune annose, che lo affliggono: passaggi orizzontali, condizioni di inquadramento non retribuite per effetto del blocco, scorrimenti degli idonei, mobilità dei comandati, sanatoria dei distacchi, condizioni del precariato interno e nell’indotto, le politiche delle società in house (ALES e ARCUS).
Noi ci troviamo quindi di fronte ad una riforma organizzativa a cui si intende dare ampio respiro strategico che ancora una volta non offre nulla in termini di investimenti organizzativi (processi occupazionali e riqualificazione dei cicli lavorativi), in quanto è una riforma che sancisce i tagli della vecchia spending review apprestandosi ad affrontare i nuovi. Noi naturalmente ci auguriamo vivamente che il Ministro riesca a sottrarre questo ministero ai tagli lineari, ma se così non fosse l’annunciato taglio del 3% al bilancio dei Ministeri comporterebbe una ulteriore diminuzione delle spese di funzionamento che avrebbe effetti esiziali sui cicli di manutenzione del nostro patrimonio. Riceviamo già oggi segnali allarmanti rispetto alle conseguenze dei vecchi tagli sulle somme assegnate ai vari uffici, non vogliamo immaginare cosa potrà succedere domani. Anche noi pensiamo che molte spese vadano razionalizzate, a partire dai fitti passivi che incidono per svariati milioni di euro sul bilancio corrente, e che vadano razionalizzate in maniera un po’ diversa da come si stanno affrontando (ad esempio riteniamo che lo scandalo sia nel versare 4,5 milioni di euro all’anno ad un altro Ente pubblico controllato dal MEF per il fitto dell’Archivio Centrale e certo la soluzione di trasferirvi la DG Archivi casomai perpetua lo scandalo e non produce economie apprezzabili).
Ma la razionalizzazione della spesa dovrebbe comportare un utilizzo diverso di queste risorse e non una loro diminuzione lineare.
In tale contesto generale il prolungamento ulteriore del blocco economico dei contratti avrà l’effetto di bloccare ancora le retribuzioni del personale vincitore dei passaggi di area e non inquadrato economicamente nel livello acquisito. Una autentica nefandezza che, malgrado i tentativi, non si è riusciti a sanare in sede parlamentare (ha solo prodotto lodevoli intendimenti a cui il governo ha risposto, appunto, con il prolungamento del blocco). Cosa si intende fare su questa partita? Davvero di pensa di prolungare una situazione che vede lavoratori che non riescono ad avere un riconoscimento economico, e quindi anche giuridico, dopo aver vinto un concorso pubblico?
Il secondo effetto lo produrrebbe sul turn over e quindi anche sulle prospettive occupazionali, mantenendo, in assenza di decisioni politiche specifiche ed in attesa delle decisioni sul contenzioso nelle sedi giudiziali, l’esclusione dalle possibilità di avanzamento di carriera al personale interno idoneo ai passaggi di area e riducendo a numeri insignificanti le possibilità occupazionali stabili per i prossimi anni.
Il terzo effetto lo produrrebbe sulla compressione del salario accessorio, già alle prese con tagli ingiustificati normativamente ed imposti da logiche ragionieristiche. Sembra quasi paradossale che, a fronte di una richiesta crescente di aumentare la produttività dei lavoratori, in concomitanza si continui a tagliare le risorse del FUA e non si garantisca la certezza della periodicità della retribuzione (ancora oggi assistiamo a blocchi ingiustificati delle retribuzioni maturate in numerose regioni, causate da interventi sempre più pervasivi degli organi di controllo sia a livello centrale che territoriale).
L’insieme di queste ragioni porta ad uno stato di cose inaccettabile e sta determinando l’avvio della mobilitazione generale unitaria dei lavoratori pubblici, nel cui ambito troverà cittadinanza piena la nostra battaglia a difesa del patrimonio culturale, del lavoro nei beni culturali e del salario e dei diritti dei lavoratori.
Galleria Borghese, la società Arthemisia, la vigilanza ed il conto terzi.
Abbiamo assistito nei giorni scorsi ad un inverecondo attacco ai lavoratori del Polo Museale Romano da parte della società Arthemisia per via dell’importo che la stessa non intende riconoscere ai lavoratori impiegati in conto terzi nello svolgimento della mostra su Giacometti. In sostanza i lavoratori hanno maturato il diritto, tramite prestazioni extra, ad un compenso per il conto terzi che la società in questione non intende riconoscere, non si sa bene in base a quale motivazione, visto che la richiesta del compenso ai lavoratori è stata determinata nell’ambito degli accordi tra il Polo Museale e la società in questione e visto che dall’intervista al “Tempo” della responsabile di questa società si evidenzia solo un attacco diffamatorio nei confronti dei lavoratori e, naturalmente, dei sindacati.
La mostra su Giacometti ha comportato un aggravio del biglietto di ingresso pari a 5 euro (di cui l’85% alla società) in un sito che registra mediamente 1380 ingressi quotidiani. La società si lamenta degli scarsi guadagni ed imputa ai lavoratori tale responsabilità, come se gli stessi non avessero effettivamente garantito la quantità di prestazioni extra utili a garantire lo svolgimento dell’evento. Noi naturalmente non abbiamo a disposizione i conti economici, ma ci sovvengono alcune domande di getto:
l’importo per pagare il conto terzi è stato notificato dalla Soprintendenza alla società in questione. Come si fa ad affermare che l’importo concordato fosse diverso?
Relativamente alla presunta perdita economica, perché, conoscendo le dimensioni del flusso quotidiano di vistatori nel sito, l’importo previsto per la maggiorazione del biglietto di ingresso, l’impegno previsto per i lavoratori in conto terzi, la percentuale dei gratuiti che in Galleria non è significativa, solo adesso si viene a parlare di mancanza di profitti? Gli mancano i pallottolieri?
Certamente in questa brutta storia è mancato un minimo di difesa dei lavoratori da parte dei dirigenti e funzionari del Polo, che non possono certo pensare di fare i ponzipilati. Questo a fronte di una offesa vergognosa e che qualifica il soggetto che l’ha prodotta ed alla lesione del diritto alla retribuzione in presenza di prestazioni certe. Ci domandiamo chi pagherà i lavoratori, se non lo farà l’Arthemisia. Fossimo nei panni dei dirigenti del Polo ci porremmo la stessa domanda.
Ai lavoratori del Polo Museale la nostra viva solidarietà ed il nostro fattivo sostegno in questa squallida vicenda.
Cari saluti.
Claudio Meloni