Lo scorso 21 agosto il DAP ha trasmesso alle OO.SS., quale informativa e per le opportune eventuali osservazioni, la nuova bozza di DM riguardante il conferimento degli incarichi superiori ai dirigenti penitenziari.
Ancora una volta non si comprende l’urgenza di tale provvedimento quando altre e peculiari sono le problematiche che interessano la categoria e che richiedono risposte non ulteriormente procrastinabili come :
1. la urgente necessità di definire l’aspetto contrattuale dei dirigenti penitenziari che da ben otto anni dall’istituzione della carriera dirigenziale penitenziaria sono ancora in attesa del primo contratto di lavoro, strumento necessario per definire e regolamentare il rapporto di lavoro in tutti i suoi aspetti giuridici ed economici;
2. la elaborazione dei decreti di inquadramento per la ricostruzione della carriera come previsto dall’art.28 del D.Lgs. 63/2006 (ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria);
3. lo stato preagonico cui è lasciata complessivamente la categoria, demotivata e delusa dalle sorti cui è abbandonata, e le articolazioni periferiche penitenziarie dove si riscontrano Istituti penitenziari ed UEPE anche di un certo rilievo, privi di dirigenti titolari, cui conseguono incarichi di reggenza della durata indefinita;
4. il mancato impegno ad incrementare e migliorare il settore dell’Esecuzione Penale Esterna che, contrariamente agli orientamenti normativo – politici in corso ( sono in servizio 32 dirigenti di EPE a fronte dei previsti 55 , circa 1000 assistenti sociali con una carenza di 588 unità) subisce l’ “impegno” mirato a definirne l’estinzione.
Un quadro davvero desolante nel quale risulta bizzarro se non provocatorio il comportamento dell’amministrazione nel proporre alle OOSS la bozza del DM riguardante il conferimento degli incarichi superiori, esplicitando, in tal modo, nei confronti della dirigenza la politica ispirata sostanzialmente ad una cultura formalistico-burocratica che intendiamo contestare con vigore. Il decreto appare l’ennesimo tentativo di spostare l’attenzione dall’operatività degli istituti e degli uepe verso gli interessi di pochi e tra l’altro lontani dalla effettiva realtà operativa.
Ciò premesso, abbiamo ritenuto che proprio i contenuti dell’ ultima versione del DM, possano rappresentare un primo spunto per riavviare tra i dirigenti penitenziari un proficuo confronto dialettico finalizzato alla condivisione di quegli aspetti importanti e necessari per il futuro del loro ruolo professionale e del sistema istituzionale cui afferiscono.
Pertanto quanto di seguito riportato sono solo alcune riflessioni che intendiamo proporvi auspicando, ad integrazione, osservazioni e contributi che potranno facilitare il confronto al vostro interno e con i vertici dell’amministrazione ai quali abbiamo chiesto, sulla questione, un incontro (vedi nota allegata).
a) categoria di titoli
Non è chiaro il motivo per cui i titoli da valutarsi debbano essere circoscritti al periodo successivo al d.to leg.vo 63/2006. Fermo restando che il nuovo assetto conferito alla dirigenza penitenziaria fin dal 2005, non ha inventato ex novo la funzione di direttore di istituto o di servizio sociale (ora UEPE). La limitazione temporale che viene proposta finirebbe per svantaggiare proprio le professionalità di maggiore esperienza. In altri casi ( v. concorsi banditi post d.to lg.vo 146, anche se non espletati) la valutazione dei titoli spaziava per tutto il percorso della carriera, proprio perché mirava a riconoscere il valore della maggiore conoscenza.
b) incarichi espletati
Nella valutazione delle funzioni svolte emerge una evidente grave equiparazione fra incarichi operativi e quelli amministrativi, o se si preferisce, di ufficio. La questione, riteniamo, vada assolutamente presa in esame al di là di ogni considerazione “populistica” circa la tipicizzazione del dirigente penitenziario come responsabile ( abilis respondere), con tutto ciò che ne consegue, delle strutture ove si realizza materialmente l’esecuzione penale.I Dirigenti degli istituti penitenziari e degli UEPE operanti nelle strutture periferiche, rispetto ai colleghi che operano negli uffici dipartimentali o dei provveditorati, per gli oneri , le incombenze e per le responsabilità professionali ed istituzionali legati alla loro funzione specifica, risultano maggiormente esposti ad eventuali azioni giudiziarie di carattere civile (specie del lavoro), amministrativo, contabile, penale.
Ed inoltre, basti pensare alla gestione delle relazioni sindacali, in specie della Contrattazione periferica, o alle funzioni di Datore di lavoro ex d.to leg.vo 81/2008. Per non dire degli oneri derivanti dalla rappresentanza all’esterno dell’Amministrazione, con i relativi adempimenti per le intese, i protocolli, gli accordi, che con gli enti si vanno a sottoscrivere.
Altro capitolo di problematica equiparazione fra i due livelli di esplicazione della funzione dirigenziale è quello che concerne la relazione con la Magistratura di Sorveglianza nelle delicate controversie ex art. 35, così come rivisitato dalla sentenza della Corte Costituzionale del febbraio 1999, e quindi la costante interlocuzione con l’Avvocatura erariale a tutela degli interessi dell’Amministrazione.
Cosa dire poi della perenne e non remunerata reperibilità dei direttori degli istituti, o delle molteplici e contemporanee reggenze cui sono costretti perché siano effettuati decenti turni di ferie?
Ciò detto, è evidente che occorre distinguere la valutazione di chi cura l’organizzazione e la gestione degli Istituti e degli Uepe, dotati di una loro autonomia, da cui consegue anche la chiamata di responsabilità, da chi invece non si trova in tali condizioni.
Una equiparazione fra queste diverse posizioni si sostanzierebbe in una evidente sperequazione, ponendo su un medesimo piano situazioni non solo sostanzialmente, ma anche giuridicamente molto diverse, ed esporrebbe la stessa Amministrazione a ritorsioni anche di carattere giudiziario.
Inoltre se è vero com’è vero che oltre 40 sedi di istituti penitenziari e 21 di UEPE (territoriali e presso i PRAP), tra cui alcune di rilevanti dimensioni, sono prive di titolare, in attesa che si materializzi il primo Contratto di lavoro che, sostituendo definitivamente i vari DM finalizzati a regolamentare di volta in volta materie contrattuali, disciplina con regole certe e con trasparenza la mobilità dei dirigenti e l’attribuzione di incarico presso le sedi vacanti, riteniamo che l’amministrazione debba, nell’ottica della ottimizzazione della gestione delle risorse umane, ipotizzare e concordare con le parti sociali possibili incentivi che incoraggino certe scelte, perché no, anche dal centro alle articolazioni periferiche.
E’ senza dubbio apprezzabile il principio di assegnare una valutazione, che va condivisa e concordata, agli incarichi di reggenza, distinta in ragione del livello dell’istituto retto.
Tutto ciò premesso, riteniamo pertanto, necessario quanto opportuno rivisitare la tabella riguardante il punteggio per la valutazione.
c) responsabilità assunte
E’ una voce che deve essere specificata. Non è opportuno lasciare alla Commissione di valutazione la individuazione degli incarichi aggiuntivi a quelli propri inerenti la funzione principale. Senza dubbio da tali responsabilità vanno escluse le funzioni attribuite discrezionalmente dall’Amministrazione, soprattutto da quando, a seguito delle note ristrettezze finanziarie, gli incarichi nelle varie commissioni sono stati attribuiti pressappoco esclusivamente a Dirigenti in servizio presso la sede centrale del DAP.
Tutto ciò premesso, riteniamo necessario, quanto opportuno, rivisitare la tabella riguardante il punteggio per la valutazione.
La Coordinatrice Nazionale DAP
Lina Lamonica