Sono passati venticinque anni dalla pubblicazione della direttiva 2000/78/CE riguardante le pari opportunità sui luoghi di lavoro, ma l’INPS rispetto ai percorsi di carriera appannaggio delle persone con disabilità continua a nascondere la testa come gli struzzi.
Il riferimento è alle selezioni per Posizioni Organizzative che, come abbiamo evidenziato a inizio settimana, sono ancora strettamente correlate al colloquio.
Non una riga del regolamento viene dedicata a garantire la possibilità di affermarsi alle lavoratrici e ai lavoratori con disabilità, siano essi sordi, afasici, disartrici o comunque con disturbi nell’articolazione e/o nella produzione del linguaggio. A questi è ipso facto ostacolata la possibilità di far valere la propria professionalità per via di un’interpretazione penalizzante del quadro regolatorio.
L’assenza di una disposizione che richiami la possibilità di concordare modalità diverse per lo svolgimento della prova, anche con il parere del Medico Competente, evidenzia una grave criticità organizzativa. Il fatto che la regola non sia codificata rende l’ipotesi stessa un’eccezione, fungendo da implicito scoraggiamento.
Qualora, poi, la persona con disabilità sia in possesso di P.O., non esiste – in caso di interpello – la possibilità di esprimere una preferenza correlata allo stato di salute. Ne consegue, per fare un esempio, che una persona affetta da patologie oncologiche o immunocompromessa potrebbe trovarsi al front-office pur essendoci posizioni di back-office disponibili, semplicemente perché non è prevista un’apposita tutela.
Non è il caso che l’Istituto rifletta sulla mancanza di pari opportunità per le dipendenti e i dipendenti con disabilità? Non è il caso di riformulare il regolamento prima che sia la neo-insediata Autorità Garante nazionale a emendarlo (peraltro proprio mentre assolviamo un ruolo guida in materia)?
Coordinatore nazionale FP CGIL INPS
Giuseppe Lombardo