Con la pubblicazione della busta paga nella Intranet dell’Istituto, il “CCNL della vergogna” – copyright Mario Pomini, docente di economia all’Università di Padova – dispiega finalmente i suoi effetti.
Da qualche settimana le organizzazioni firmatarie annunciavano l’evento, lanciando comunicazioni trionfali nelle chat. Il fil rouge era chiaro: “arrivano i soldi, ringraziate noi!”.
Ma quanti sono questi soldi? Perché la FP CGIL da mesi sostiene siano pochi spicci? Andiamo a vedere.
Vecchio e nuovo contratto
Il primo elemento di confronto che dobbiamo tenere in considerazione è il vecchio rinnovo contrattuale, quello erogato a maggio 2022, a copertura del triennio 2019/2021. Solo rapportando i due contratti, e considerando l’incremento del costo della vita, si può capire se stiamo meglio o peggio con il nuovo CCNL.
Per concedere la lettura più generosa alle sedicenti organizzazioni che hanno ratificato l’impianto, prendiamo a riferimento il profilo professionale che ha subito minori decurtazioni, quello degli ex C1.
L’arretrato nella busta paga di questo mese prevede l’erogazione secca di appena 1.043,33 euro lordi. Pesa, tra l’altro, la scelta unilaterale compiuta dal Governo di dare un anticipo nel dicembre 2023, in modo da recuperare fiscalmente ciò che poteva essere destinato al personale del comparto. Una mano dà, una mano toglie: tanto i firmatari fanno finta di niente…
A maggio 2022, in esecuzione del vecchio contratto, la cifra liquidata sul cedolino di un ex C1 era invece di 1.591,72 euro (cui si aggiungevano 336 euro per il primo quadrimestre dell’anno). Basterebbe questa differenza significativa per comprendere le critiche espresse da chi ha contrastato l’ipotesi di contratto, peraltro rilevate sul profilo che ha avuto un trattamento più “generoso”. Se entriamo nel dettaglio, infatti, il disegno si esplica in modo ancor più chiaro: per un funzionario apicale l’arretrato non è di mille e rotti euro, ma di 778,06 euro, per un ex B3 appena di 709,15 euro. Briciole di un tozzo di pane. Ma andiamo avanti.
L’inflazione, questa sconosciuta
L’aumento in valore assoluto indica poco: bisogna considerare come esso si cala nel contesto esterno, cioè in rapporto al carovita. Mentre l’inflazione nel 19/21 toccava a malapena il 2,2%, negli ultimi tre anni ha raggiunto la vetta del 16,5%.
Traduciamo: l’aumento salariale reale passa così da un +1,87% (prendendo a riferimento il CCNL sottoscritto dalla FP CGIL) a un -10,72% (prendendo a riferimento il nuovo CCNL sottoscritto da Cisl, Confsalunsa, Flp, Confintesa).
Una fregatura che ha un effetto diretto sul nostro portafogli. Le bollette sono aumentate in maniera devastante, il carrello della spesa svuota rapidamente le tasche di colleghe e colleghi, in altri termini: il contratto ci rende strutturalmente più poveri.
Strutturalmente implica un danno permanente: più poveri oggi, perché non riusciamo a fronteggiare i costi quotidiani; più poveri domani, perché avremo pensioni più basse sul periodo considerato.
Basta così? Purtroppo no.
Al Fondo del problema
Da anni conduciamo una battaglia, dentro e fuori le mura di questo Istituto: quella per il superamento del tetto al fondo, il salvadanaio da cui paghiamo tutto il trattamento accessorio (posizioni organizzative, incentivi, TEP, progressioni…). La consistenza economica di questo salvadanaio è ancorata al 2016 e l’Amministrazione non è neppure riuscita a ottenere deroghe. Iniezioni più o meno sporadiche di liquidità non cambiano la sostanza.
Poiché l’Esecutivo non incontra i sindacati, salvo amorevoli scambi di sensi su palchi verdi che trasudano contiguità, avevamo legato alla questione contrattuale il problema della permanenza del tetto, che impoverisce ENORMEMENTE i lavoratori. Per il principio della coperta corta, il danno è evidente a tutti: più progressioni faccio, più diminuisce l’incentivo.
Un problema apparentemente sentito in INPS, visti i comunicati di tutte le organizzazioni sul tema. Peccato le stesse organizzazioni non lo pongano ai tavoli e nelle occasioni di confronto: dichiarare la disponibilità alla firma all’indomani dell’apertura delle negoziazioni ha consentito di rimuovere l’argomento dall’ordine del giorno.
Ora, nel triennio di copertura del CCNL sottoscritto da Cisl, Confsaluna, Flp e Confintesa, l’importo medio individuale del fondo ha registrato in INPS un saldo negativo di 2549,23 euro. Basta incrociare i dati dei contratti integrativi e la consistenza media del personale per calcolarlo.
Sono soldi che abbiamo perso per strada nelle buste paga, che erodono il salario aumentando il peso del carovita e che qualcuno pensa di colmare accettando l’elemosina governativa.
QUESTO È LO STATO DELL’ARTE, QUESTI SONO I NUMERI.
C’è poi il marketing dei firmatari: di chi evita la calcolatrice e impronta il ragionamento sull’emotività (prendiamo quello che c’è) o sulla responsabilità (il debito pubblico).
Valutazioni che fanno a cazzotti con la realtà:
oltre 650 milioni di euro, stima approssimativa e non aggiornata, sono destinati a rimpallare dei poveri disgraziati tra Italia e Albania;
2.1 miliardi di euro vengono destinati come risorse aggiuntive alle spese militari;
e poi c’è sempre il Ministro del ritardo dei treni che aspetta l’occasione giusta per porre la prima pietra sulle due sponde dello Stretto di Messina, con l’obiettivo di costruire un ponte galattico in una terra ancora priva di risorse idriche.
Non è un problema di quanto si spende, ma di come si decide di spendere. E le organizzazioni sindacali firmatarie si sono prestate a questo gioco.
I numeri danno sempre il giusto valore alle opinioni. Se il tema è preservare il salario di chi opera nel comparto, avevamo indicato una via: come avvenuto in passato, avevamo chiesto di usare le risorse messe in bilancio dal 2025 per poter siglare un accordo che non certificasse perdite strutturali sul triennio di riferimento. Si è scelta un’altra strada, quella che porta a far cassa sulle nostre teste.
Coordinatore nazionale FP CGIL INPS
Giuseppe Lombardo
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Tempo trascorso da quando la FP CGIL HA PROPOSTO UN ACCORDO STRALCIO PER LIQUIDARE IL TEP AGLI ASSUNTI 2023 |
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