INPS, VALUTAZIONE INDIVIDUALE: UN ALTRO PASSO NELLA DIREZIONE SBAGLIATA

17 Gennaio 2025

Lo scorso anno, prima della seduta del 31 dicembre, l’Amministrazione ha presentato al tavolo il nuovo sistema di valutazione della performance individuale (SMVPI), con importanti accorgimenti per il 2025.

Come FP CGIL non possiamo che censurare il testo trasmesso: nonostante le riflessioni promesse sul tema, i nodi che avevamo posto in evidenza restano tutti in essere, costituendo un modello penalizzante, ancor più che in passato.

In sintesi:

  1. Come riportato nella stessa bozza del SMVPI, la performance individuale rappresenta il “contributo fornito dal singolo nel raggiungimento degli obiettivi dell’unità organizzativa di appartenenza”. Non appare quindi condivisibile la tendenza degli anni più recenti a ridimensionare il peso degli obiettivi di gruppo con riferimento agli sviluppi di carriera, disancorando sempre più le dimensioni individuali della valutazione (contributo individuale e fattori di abilità) dalla dimensione che rappresenta il risultato del gruppo.

L’impressione è che l’Amministrazione non capisca il carico di frustrazione che sta determinando il modello delle pagelline così come è declinato: il proliferare di fenomeni di conflittualità tra colleghi danneggia le relazioni sul luogo di lavoro e fiacca le performance individuali anziché accrescerle.

  1. La bozza del nuovo SMVPI indica, con riferimento al contributo individuale, che “gli elementi della prestazione individuale ottimale e i relativi descrittori sono indicati ad opera del Direttore generale nei documenti prodromici al processo valutativo”. Stessa specifica in riferimento alle abilità. È tutto un rimandare a future determine. Non si capisce su quale tema le organizzazioni sindacali possano esprimersi in presenza di così tante incognite.

  2. L’articolazione in fasi del processo di valutazione riflette una comunicazione del tutto unilaterale, peraltro non ancorata al calendario gregoriano (sic!). I colloqui restano facoltativi e a discrezione del dirigente: questo conferma l’intenzione di conservare un approccio fortemente gerarchico, che non consente – e mai consentirà – alcuna crescita professionale. Nella scheda finale si stabilisce, poi, che “è onere del valutatore inserire nel campo note una motivazione”: una simile impostazione non offre elementi di garanzia. Abbiamo già visto schede con motivazioni sibilline, asciutte, che non consentono neppure una comprensione della contestazione. Se è vero che sparisce, in fase di conciliazione, l’onere probatorio a carico del dipendente, permane una elasticità nelle mani del valutatore che si tramuta facilmente in arbitrio.

  3. Per ciò che riguarda la raccolta di informazioni, l’Amministrazione cancella il termine “portfolio” ma resta la schedatura con una possibile raccolta di ogni elemento utile a determinare il contributo lavorativo del valutato (“es.: iniziative, progetti, tavoli di lavoro, interlocuzioni”). La possibilità d’iniziativa di un dipendente, in un’Amministrazione gerarchizzata come l’INPS, è predeterminata dall’alto. Che un lavoratore possa essere giudicato per le sue iniziative, interlocuzioni etc., ci preoccupa non poco, fintantoché l’Amministrazione non decida di imporre in capo ai dirigenti l’onere della prova di aver tentato, senza riuscirvi, il coinvolgimento del dipendente nelle attività per cui viene profilato.

  4. Nella fase di conciliazione registriamo ancora uno sbilanciamento che non garantisce minimamente i valutati: di fronte a motivazioni potenzialmente non dettagliate, bisogna comunque indicare “precisamente” gli aspetti contestati, con documenti utili alla formazione del parere della Commissione di valutazione (la cui composizione resta un’incognita). Non c’è una verbalizzazione del confronto, come accade invece in altre Amministrazioni, né un report dettagliato in cui si fornisce una spiegazione del perché è stata adottata una certa decisione in luogo di un’altra al termine della procedura.

Il modello proposto, pertanto, ci vede fermamente contrari e minaccia, a nostro avviso, la stessa tenuta dell’organizzazione: un giudizio verticale, che stacca il singolo dalla dimensione collettiva in cui opera e non offre alcuna garanzia sugli elementi di giudizio presi in analisi, è tutto fuorché un passo avanti.

Coordinatore nazionale FP CGIL INPS

Giuseppe Lombardo

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