Una straordinaria dimostrazione di partecipazione: è questo l’unico bilancio possibile al termine di uno sciopero generale che ha coinvolto il mondo del pubblico e del privato, unito in una grande manifestazione per denunciare l’impoverimento di chi lavora.
Le piazze di tutta Italia sono state riempite dalle bandiere della CGIL e della UIL, a testimonianza delle difficoltà di chi ha i salari più bassi d’Europa, e per denunciare, al tempo stesso, l’atteggiamento di un Governo sordo a qualsiasi richiamo, orientato a distribuire mance e mancette tramite la politica dei bonus, senza affrontare i nodi nevralgici della crisi in corso. Primo fra tutti, il nodo dei rinnovi contrattuali.
In tal senso, i dati provvisori sull’adesione allo sciopero forniti dall’INPS parlano di un’astensione dal lavoro del 44,25% dei dipendenti del comparto. Un dato che basta a ribadire quanto la vertenza contrattuale sia sentita all’interno dell’Istituto.
Nelle scorse ore abbiamo assistito a di tutto: appelli alla non adesione, riflessioni sull’inutilità dello sciopero, prove muscolari. È stata letteralmente battuta ogni strada per dissuadere quanti fossero orientati a partecipare: ci sono stati attacchi personali inusitati, accuse di faziosità partitica, strali a mezzo stampa con pochi precedenti. E qualcosa di peggio ci aspettiamo nelle prossime ore, quando – ne siamo certi – si cercherà in ogni modo di “rieducare” il dato dell’adesione.
Tutto questo non basta, perché le lavoratrici e i lavoratori vivono sulla propria pelle la perdita economica determinata da un triennio in cui l’inflazione ha falcidiato gli stipendi, e non bastano due o tre volantini a cancellare le difficoltà che affrontano ogni giorno.
Per questa ragione, riteniamo ancora più essenziale procedere con un referendum sul testo del contratto collettivo.
Se non c’è alcuna paura della democrazia, se le organizzazioni sono realmente portatrici degli interessi delle lavoratrici e dei lavoratori, non dovrebbero esserci veti di sorta sul coinvolgimento degli interessati, per determinare la bontà o meno del contratto sottoscritto.
Andiamo avanti su questa strada, forti delle ragioni di chi ha protestato, di chi non piega la testa di fronte al primo contratto della storia che non consente nemmeno di recuperare le risorse perdute sul salario reale. Di un “contratto della vergogna” che riteniamo debba essere rispedito al mittente, per citare l’espressione utilizzata da Mario Pomini (Docente di Economia all’Università di Padova).
Coordinatore nazionale FP CGIL INPS |
Coordinatore nazionale UILPA INPS |
Giuseppe Lombardo |