I toni solenni che hanno accompagnato l’Ipotesi del nuovo contratto collettivo (d’ora in avanti l’Ipotesi) sembrano presi da un film di Alberto Sordi, con la differenza che la commedia – trasposta nella realtà – assume spesso sfumature tragiche.
Mentre alcune organizzazioni sindacali diffondono gli articoli del Presidente Aran, quasi fosse il Messia del Cambiamento e non la controparte negoziale, noi – sommessamente – continuiamo a fare sindacato, a pensare che non ci si siede a un tavolo accettando proposte indecenti che rendono di fatto un intero comparto il tassello “sfigato” nella stagione dei rinnovi contrattuali.
Tra le disposizioni più innovative dell’Ipotesi c’è il dettato dell’articolo 27, quello sull’age management, presentato come una rivoluzione culturale.
Grazie a questo sacro vincolo, le Amministrazioni saranno finalmente tenute a considerare l’età media del personale. Badate: lo dovranno fare per obbligo contrattuale, come se non fosse già un loro compito o un loro interesse. E questa inedita funzione dovrà essere declinata con un fine preciso: la valorizzazione (non economica, ovviamente) dei dipendenti.
L’Ipotesi punta a dar lustro al “ruolo attivo del personale con maggiore esperienza all’interno dell’amministrazione, come portatore di un prezioso patrimonio di competenze e conoscenze da trasmettere alle nuove generazioni”. Questa riserva servirà a promuovere “il dialogo intergenerazionale mediante adeguate forme di affiancamento per i neoassunti e momenti di formazione peer-to-peer volti a favorire lo scambio di competenze tra le diverse generazioni”.
Praticamente il contratto propone di sviluppare una formazione non autoreferenziale, cioè trasforma l’obiettivo minimo di ogni attore pubblico nel risultato strategico cui ambire.
Ma siccome il cambiamento deve essere venduto nella sempreverde cornice del lavoro a distanza, le Amministrazioni si impegnano anche a portare avanti una maggiore flessibilità, con la “promozione di modalità di lavoro a distanza, part-time, e la definizione di orari che facilitino la conciliazione tra vita privata e professionale”.
Non c’è alcun vincolo, solo buoni propositi.
Siamo certi, a questo punto, che TUTTE le organizzazioni sindacali firmatarie si impegneranno per garantire il diritto alla disconnessione in INPS, chiedendo fasce di contattabilità meno stringenti, bandendo le chat su whatsapp e i messaggi nel fine settimana.
E siamo altresì certi che un ente come INPS, premiato financo dal Politecnico di Milano per il proprio approccio al lavoro a distanza, saprà sicuramente far propria questa battaglia, guardando al lavoro che viene fatto in tutte le sue forme, riconoscendo il buono pasto anche ai telelavoristi (finora dimenticati) e dando più flessibilità quando un evento da niente – come il GIUBILEO – rischia di paralizzare un’intera città.
Se pensate che l’Ipotesi somigli a una bufala, vi invitiamo ad approfondire anche la lett. d dell’art. 27. Perché dopo lunghe tribolazioni, gli attori delle Funzioni Centrali – INPS inclusa – potranno finalmente operare per “una revisione delle modalità di formazione e training con l’obiettivo di ritardare o eliminare il rischio di skills obsolescence del personale”.
Una grande vertenza si chiude: ci siamo impoveriti, ma potremo contrastare la skill obsolence!
Coordinatore nazionale FP CGIL INPS
Giuseppe Lombardo