Il CCNL non era ancora stato firmato e già in INPS alcune organizzazioni sindacali lanciavano messaggi terroristici su varie chat: “Incredibile! CGIL e UIL contro il riconoscimento del buono pasto in smart working“.
A volte la fantasia supera la realtà, ma qui si sorpassa anche il comune senso del pudore. Basterebbe riprendere i comunicati dell’ultimo anno e mezzo per misurare la credibilità di queste ricostruzioni: c’è chi si è impegnato con costanza su questo fronte, richiedendo a gran voce in Istituto una regolamentazione per attribuire i ticket in regime di lavoro agile (magari adeguandone il valore), e c’è chi ha sonnecchiato, limitandosi a discutere le modalità dello Smart Friday senza neppure porsi il problema.
Ora si lasciano circolare voci scalmanate e confuse per poter giustificare
L’ADOZIONE DI UN CONTRATTO COLLETTIVO ESTREMAMENTE PENALIZZANTE PER IL PUBBLICO IMPIEGO.
L’art. 14 c. 3-bis del testo specifica infatti: “Ai fini dell’erogazione del buono pasto le ore di lavoro convenzionali della giornata di lavoro resa in modalità agile sono pari alle ore di lavoro ordinarie che il dipendente avrebbe svolto per la medesima giornata se avesse reso la prestazione in presenza”.
Mentre finora ARAN, su mandato della Funzione Pubblica, dava agli enti il compito di regolamentare la materia (CFL228), definendo le condizioni di dettaglio per la fruizione del buono pasto, adesso – con una disposizione tanto rigida quanto insensata – si rimette sempre all’Ente il potere discrezionale (vero ostacolo di questa vertenza), ma si vincola l’eventuale riconoscimento all’orario di lavoro convenzionale, ossia allo svolgimento dell’attività per 7 ore e 12 minuti in INPS.
Un bel passo avanti, non c’è che dire. In questo modo:
potrebbe definitivamente saltare la differenza tra lavoro agile e lavoro da remoto, pensati come istituti giuridici diversi. Si aiuta, cioè, la parte datoriale a liberarsi dai costi correlati al controllo di sicurezza sulle postazioni di lavoro, rovesciando possibili oneri sul dipendente;
in un Ente che ha già teso a usare con astuzia le corde della contrattazione individuale per imporre fasce di contattabilità da 7 ore, si sdogana definitivamente questo criterio, compromettendo forse in maniera definitiva il modello di lavorazione per processi.
Un traguardo culturale e contrattuale per il partito dei “firmaioli del 6 novembre”.
Coordinatore nazionale FP CGIL INPS
Giuseppe Lombardo