29 Ottobre 2024
“Le retribuzioni dei dipendenti pubblici sono ferme al palo perché il Governo non ha stanziato le risorse adeguate per tutelare il potere d’acquisto delle lavoratrici e dei lavoratori della pubblica amministrazione”.
Così Fp Cgil in una nota.
“La stessa ARAN, inoltre, certifica quanto noi andiamo dicendo ormai da mesi: con le precedenti tornate contrattuali abbiamo più che recuperato quanto perso a causa dell’inflazione, +3,48% nel triennio 2016-2018 a fronte di un’inflazione nello stesso periodo dell’1,8%; nel triennio 2019-2021 +4,07% a fronte di un’inflazione nello stesso periodo del 2,2%. Il Governo invece – si legge ancora nella nota – ha deciso che le lavoratrici e i lavoratori pubblici devono rimanere fermi al palo, con un incremento delle retribuzioni pari al 5,78% a fronte di un’inflazione del 16,5% nel 2022-2024. Ben 10 punti di distanza in negativo. Tra l’altro con la decisione unilaterale di anticipare la metà del valore del contratto in un’unica soluzione a dicembre 2023, determinando quella riduzione durante il 2024 evidenziata nel rapporto semestrale di Aran e che ha comportato inoltre per molti una restituzione nel corso del 2024 delle somme percepite a dicembre 2023 a causa dell’aumento correlato delle tasse”.
“Per queste ragioni la FP CGIL continua a chiedere che il Governo anticipi le risorse che ha previsto per i prossimi rinnovi contrattuali per favorire la chiusura dei contratti 2022-2024, finanziando il nuovo ordinamento professionale con incarichi e progressioni, superando definitivamente il tetto ai fondi per la contrattazione decentrata, rivalutando gli importi dei buoni pasto e dando finalmente risposte adeguate alle lavoratrici e ai lavoratori pubblici”.