Dichiarazione di Massimo Cozza, segretario nazionale FPCGIL Medici
La manovra obbliga i medici ad andare in pensione più tardi – da un minimo di 66 anni ad un massimo di 70 – allontanando la stabilizzazione di circo 10mila precari in costante crescita, senza destinare nessuna risorsa risparmiata per le loro tutele.
I medici infatti avranno pensioni più leggere per l’applicazione del contributivo per tutti dal 2012.
Abolita la pensione di anzianità con 40 anni di contributi, gli uomini che raggiungono i 42 anni e 1 mese di contributi ( + 2 mesi nel 2013 e +3 mesi dal 2014), 41 e un mese per le donne (con le medesime aggiunte per il 2013 e il 2014), potranno andare in pensione anticipata ma con un taglio del 2% della quota retributiva per ogni anno inferiore ai 62. C’è inoltre da aggiungere dal 2013 l’aggiornamento per la speranza di vita che sarà di altri tre mesi in più e così via con periodicità biennale in base ai dati Istat.
Una ulteriore beffa per chi aveva riscattato a caro prezzo anni di laurea e di specializzazione per raggiungere i 18 anni di contributi nel 1995 con il fine, in parte vanificato, di avere la pensione calcolata interamente con il sistema retributivo.
“E’ un capolavoro d’iniquità – ha affermato Massimo Cozza, segretario nazionale FPCGIL Medici – con il quale si allungano i tempi e si diminuisce l’importo delle pensioni, e contemporaneamente si blocca nei fatti ulteriormente l’ingresso dei giovani e dei precari e i risparmi non sono utilizzati per rafforzare i loro diritti ma solo per fare cassa”.