Il Disegno di Legge 10b, che dovrebbe normare il testamento biologico, è diventato oggetto di una battaglia ideologica che rischia di travolgere la garanzia di libera
espressione della volontà dei pazienti e le norme deontologiche, prima tra tutte l’alleanza terapeutica medico-paziente, vera base di un sistema scevro da condizionamenti e oscurantismi.
Il richiamo al codice penale per i medici e per chi presta cure non “esclusivamente finalizzate alla tutela della vita e della salute”, così per come è formulato nell’art 1, è un’inaccettabile ideologizzazione, prevedendo l’accusa di omicidio, omicidio del consenziente, istigazione o aiuto al suicidio. Una vera e propria criminalizzazione della deontologia professionale.
Qualora il ddl diventasse legge, non si potranno far valere le volontà del cittadino e il medico sarà costretto a intervenire. Affermare, ad esempio, che
alimentazione e idratazione non possano essere oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento, presuppone che non siano trattamenti sanitari, come invece viene riconosciuto dalla comunità scientifica nazionale e internazionale. Il fatto stesso che il medico possa contravvenire alle dichiarazioni anticipate di trattamento e che non possa “prendere in considerazione orientamenti volti comunque a cagionare la morte del paziente”, è in netto contrasto con gli articoli 35 e 38 del Codice deontologico dei medici, nonché degli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione.
Per dare una risposta a questo testo, a febbraio 2011 l’Fp Cgil nazionale e l’Fp Cgil Medici hanno lanciato l’Appello “Io non costringo, curo” per la libertà di scelta sul testamento biologico e contro l’accanimento terapeutico, primi firmatari Ignazio Marino e Umberto Veronesi. Oltre 11mila le adesioni raccolte tra i medici e operatori sanitari, a testimonianza dell’indignazione vissuta nel settore.
Roma 3 ottobre 2011