Agenzia delle Entrate – SENTENZA DEL GIUDICE DEL LAVORO DI TRENTO. REVOCA DEL PART TIME E DIRETTIVE EUROPEE

18 Luglio 2011

SENTENZA DEL GIUDICE DEL LAVORO DI TRENTO. REVOCA DEL PART TIME E DIRETTIVE EUROPEE

COMUNICATO STAMPA
LA REVOCA DEI PART TIME NELLA P.A. E’ CONTRO LA DIRETTIVA EUROPEA

 

Da un triennio a questa parte la P.A. è stata falcidiata da tagli continui di personale, di stipendi, di risorse, di diritti. Si è inteso in tal modo condurre in porto un’operazione di risparmio sulla pelle dei lavoratori ma anche uno svilimento del servizio pubblico, in molte realtà non più messo in grado di reggere ai carichi di lavoro per le attività istituzionali (tribunali, servizi socio assistenziali, inps, eccetera).
Norme odiose, che vanno ad incidere pesantemente su diritti acquisiti, come il rapporto di lavoro part time conseguito nel passato da lavoratrici e lavoratori per conciliare al meglio le esigenze di lavoro con quelle familiari.
L’art. 16 della legge 183/10 (collegato lavoro) consente difatti alle pubbliche amministrazioni di sottoporre a nuova valutazione i rapporti di lavoro part time, con la conseguenza della revoca degli stessi.
LA FP CGIL ha da subito contestato questa norma, per le gravissime ripercussioni che determina nella vita delle persone, per aver sottratto la materia al confronto sindacale, per la unilateralità della valutazione.
Dopo aver bloccato le assunzioni, dopo aver bloccato il turn over per cui chi va in pensione non viene sostituito, s’intende far fronte alla grave carenza di personale provocata da queste scelte con la revoca dei part time in essere.

La revoca unilaterale del part time è tuttavia in contrasto con la direttiva europea 97/81/CE: lo stabilisce la sentenza del 4 maggio scorso del Tribunale di Trento che ha fondato la propria decisione sulla circostanza che la modifica del rapporto di lavoro part time in rapporto di lavoro a tempo pieno possa avvenire solo con il consenso del lavoratore, mentre l’art. 16 del “collegato lavoro”, nel consentire al datore di lavoro pubblico di trasformare unilateralmente il rapporto di lavoro , anche contro la volontà del lavoratore, si pone in “insanabile contrasto” con la normativa europea.

La sentenza rappresenta un fatto importantissimo, che ci conforta nel sostenere le nostre ragioni: non si può continuare in una politica cieca oltre che arrogante, una deriva che tenta di cancellare, nel pubblico come nel privato, decenni di diritti conquistati con fatica e lotte democratiche che hanno fatto questo paese un Paese un po’ più civile.


 
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