L’informativa sulle nuove linee guida per il lavoro a distanza riporta all’ordine del giorno le sperimentazioni in atto: quella sullo Smart Friday e quella su Lavoro da remoto. La FP CGIL ha ribadito in ogni sede le proprie obiezioni di merito e di metodo.
Metodo. La sperimentazione parte da un falso assunto, ovverosia quello per cui i due istituti devono essere declinati in un senso molto più conveniente a una delle due parti contrattuali, quella datoriale. Lavoro agile e lavoro da remoto nascono, in realtà, per contemperare le esigenze di entrambi gli attori del contratto individuale: il benessere personale della lavoratrice/del lavoratore e le esigenze di servizio.
Ora, constatato l’intenso sforzo profuso dalla pandemia in avanti, esiste qualcuno oggi in Istituto che possa dire che alla maggiore autonomia concessa ai singoli sia corrisposta una riduzione della produzione? Chiaramente no. Semmai è vero il contrario. Ci saremmo aspettati, allora, una maggiore libertà organizzativa, non la volontà irrigidire la fruizione dello smart, una restrizione incomprensibile.
La FP CGIL non è sorda alla salvaguardia dell’ambiente, al risparmio energetico, ai principi della mobilità sostenibile. Solo non crede ai tentativi di far cassa utilizzando questo specchietto per le allodole. Se le strategie non sono frutto di una politica condivisa tra le parti, ma di una riflessione isolata dell’Amministrazione che avoca a sé il diritto di scegliere come e quando lo smart va adottato, abbiamo un problema. Un problema che diventa ENORME se, istituendo il lavoro da remoto, l’accesso a esso passa dallo SPID personale del dipendente (cioè dalla sua identità privata) e non dalla matricola aziendale; un problema enorme che diventa IRRISOLVIBILE se i meccanismi di verifica o attestazione della presenza diventano invasivi.
Merito. Veniamo così alle obiezioni pratiche.
È stata fatta una ricognizione degli impianti energivori per capire il consumo delle singole strutture immobiliari di INPS? Non ci risulta.
È stato attivato un tavolo per il riconoscimento del buono pasto in regime di lavoro agile, come da nostra richiesta stante il parere non ostativo di ARAN e la dichiarata volontà (a parole) dell’INPS di valorizzare lo smart working? Non ci risulta.
È stata fornita un’indicazione precisa dei risparmi attesi e di quanto potrebbe essere riversato nelle tasche di ciascun dipendente e con quali mezzi visto il tetto al Fondo del d.l. 75/2017? Non ci risulta.
È stata garantita ai lavoratori delle aziende esterne a INPS, ma operanti nelle strutture interessate dalla sperimentazione, la continuità di reddito senza riduzioni di sorta dell’attività e senza l’intaccamento delle ferie? Non ci risulta.
È stata adottata una linea di flessibilità, riconoscendo il venerdì quale giorno aggiuntivo ai titolari di contratto AULA? Non ci risulta (e su questo diamo atto all’Amministrazione di aver sempre escluso tale ipotesi, malgrado le libere interpretazioni di alcune organizzazioni).
È stato adottato un correttivo sul ricorso allo SPID per l’accesso al lavoro da remoto, stante i protocolli di sicurezza dell’Istituto, il cui sacro rispetto non può però diventare un elemento di pericolo o di sovraesposizione della responsabilità individuale del dipendente? Non ci risulta.
È stata fornita, in vista dell’incontro, una stima rispetto ai risparmi finora ottenuti dallo Smart Friday e alle adesioni sin qui registrate al lavoro da remoto? Non ci risulta.
Sono, queste, alcune delle osservazioni preliminari che abbiamo posto e continuiamo a porre. Con insistenza, per preservare quanto stabilito nei contratti collettivi, adesione volontaria compresa: non va dimenticato, infatti, che la CGIL non sottoscrisse gli accordi sullo smart working in INPS quando l’unico intento dell’Amministrazione sembrava quello di mettere limiti e paletti.
A distanza di tempo, dopo l’esperienza COVID, speriamo in una maggiore apertura.
Coordinatore nazionale FP CGIL INPS
Giuseppe Lombardo