È fondamentale che il Sindacato ponga come suo prioritario obiettivo il costante miglioramento dello “status quo” delle lavoratrici e dei lavoratori. Più che mai questo principio è dirimente su un tema innovativo come quello del lavoro agile “a regime” che ha come suo presupposto (normativo e contrattuale) una nuova modalità organizzativa dell’attività lavorativa da svolgere senza precisi vincoli di orario e di luogo di lavoro (Legge 81-2017) al fine di garantire la conciliazione tra i tempi di vita personale e di lavoro.
Nostro malgrado, invece, ormai è piena rottura sul tema con l’Agenzia che resta arroccata nella sua posizione retrograda che, nella migliore delle ipotesi, conferma se non addirittura peggiora l’attuale regolamentazione provvisoria ed unilaterale del lavoro agile ed è pertanto evidente che non si possa chiedere al Sindacato di fungere da “notaio”.
Come parte sindacale, unitariamente, avevamo teso la mano con pochi punti propositivi su cui poter mediare ma nessun passo in avanti è avvenuto nell’ambito della riunione nazionale dell’11 ottobre u.s..
Nessuna mediazione sulla “contattabilità” che, a scelta del dirigente, potrà essere fino a 5 ore giornaliere a cui si aggiunge la previsione che, ove la specifica attività richiedesse assistenza e/o contatto da remoto con l’utenza si potrebbe essere obbligati a restare inchiodati alla connessione informatica anche oltre la fascia di contattabilità. Pertanto, se ci ritrovassimo davanti un dirigente poco illuminato che spingesse la contattabilità sulle 4-5 ore a cui aggiungere ulteriore tempistica da dedicare alle attività… potremmo essere costretti a qualcosa di simile agli “arresti domiciliari”.
Nessuna mediazione sulla nostra richiesta non di chiedere più giorni mensili bensì di renderli più fruibili mediante accordi individuali che non obblighino i lavoratori e la parte datoriale a limitarsi a due giorni alla settimana. L’Agenzia propone invece di fare degli accordi rigidi e poi, eventualmente, di permettere una fruizione più flessibile. Ma su che basi? Perché, se lavoratore e datore di lavoro sono d’accordo, come già avviene in alcune regioni, ad esempio, a mettere una settimana consecutiva di smart ciò deve essere vietato? E perché nel disciplinare deve esserci scritto fino a 9 giorni anziché, come abbiamo proposto noi unitariamente, ordinariamente 9 giorni? La vera motivazione se l’è lasciata scappare l’amministrazione durante l’ultimo incontro quando ha detto: “Decidere quanti giorni dare è un potere datoriale, posso darti zero o nove giorni”. Un ragionamento da Marchese del Grillo che per noi è inaccettabile perché non firmiamo accordi che diano libertà alla controparte di fare ciò che vuole senza controllo.
Stessa assenza di autorevolezza e arroccamento nella proposta dell’Agenzia rispetto a non rendere trasparente la motivazione organizzativa nel caso in cui il dirigente negasse la possibile flessibilità di attuazione del lavoro agile (cambio di giornate, ecc.). Bell’esempio di autoreferenzialità! Strumentali porte chiuse, di fatto, abbiamo trovato anche in merito alla nostra proposta di assumere l’impegno, con separata e specifica contrattazione, di definire 2 la possibilità di ristori “sostituitivi” riferibili alla mancata erogazione di buoni pasto, costo utenze, ecc. a prescindere dalla verifica di quale poi potranno essere con continuità le fonti di finanziamento. Ben altro che “senza vincoli di orario” e con buona pace sia della ratio prioritaria dello s.w. sia del parere, condivisibile e contrario alla posizione dell’Agenzia, che aveva dato sul punto il CUG (che riceve in faccia un sonoro schiaffo!). Alla luce di quanto detto, i buoni propositi in materia di lavoro agile sbandierati dall’Agenzia appaiono oggi parole “farlocche”.
Siamo consapevoli che la regressiva proposta dell’Agenzia possa essere, a confronto, con regolamentazioni di altre amministrazioni più “avanzata” ma ciò non certamente per la proposta innovativa dell’Agenzia rispetto alle corrette finalità del lavoro agile bensì per la potenzialità della “smartabilità” della pressocché totalità delle attività istituzionali, per la determinazione sindacale, per l’elevata professionalità e capacità al cambiamento e all’innovazione dimostrata negli anni da lavoratrici e lavoratori che consentirebbero la vera applicazione dello smart working. La capacità innovativa dei colleghi nelle attività ai servizi a distanza all’utenza, videochiamata, supporto all’utenza, contraddittorio a distanza, ecc. stride rispetto all’assenza di coraggio organizzativo che mediamente emerge dall’attuale management e nella proposta di regolamentazione dell’Agenzia.
In tutto questo l’Agenzia ancora non ha messo a disposizione dei colleghi la necessaria dotazione informatica, le connessioni, gli smartphone su cui scaricare applicativi dell’Agenzia, ecc.. Queste alcune delle varie criticità che più diffusamente evidenzieremo nel corso dei prossimi incontri con i lavoratori, dei documenti di approfondimento che faremo o che purtroppo emergeranno chissà in quante realtà territoriali in sede di applicazione unilaterale della proposta dell’Agenzia. Infine, segnaliamo l’ulteriore criticità sulla regolamentazione del coworking che, oltre ad essere prevista da regolamentare solo dal livello “centrale”, in realtà, si è scoperto nella giornata di ieri che, diffusamente, non ci sarebbero nemmeno tutte le postazioni “necessarie” per organizzare una procedura nazionale di assegnazione in coworking e, quei pochi posti disponibili – vista l’abnorme riduzione degli spazi negli uffici tuttora in atto – verrebbero riservati a quei colleghi che, invece, avrebbero il diritto normativo al distacco in altra sede. Ecco perché tutto ciò non può accadere con l’avallo delle parti sindacali ma troverà il costante e incisivo intervento affinché tale contesto possa progressivamente evolvere verso le effettive finalità di conciliazione dei tempi ed esigenze di vita-lavoro.
FP CGIL CISL FP UIL PA CONFSAL/UNSA FLP USB
Macchia De Caro Cavallaro Sempreboni Patricelli Campioni