“La Polizia Penitenziaria sta affrontando una crisi senza precedenti caratterizzata da una grave carenza di organico, condizioni di lavoro insostenibili e un aumento delle aggressioni nei confronti del personale. Nonostante il racconto del 208° anniversario della Polizia Penitenziaria e la presentazione della mascotte “AZZURRA”, il Corpo continua a subire un progressivo smantellamento, con continui ed incessanti trasferimenti di personale verso il DAP e sedi extramoenia, lasciando scoperti i reparti operativi. Se non si pone rimedio a questo andazzo, più che ‘invisibili’ gli agenti di Polizia Penitenziaria saranno ‘introvabili’ nelle carceri”. Così Donato Nolè, Coordinatore nazionale Polizia Penitenziaria della Funzione Pubblica CGIL.
In merito al personale e alle condizioni di lavoro, “nel solo 2024 sono state richieste 7.500.000 ore di lavoro straordinario a pagamento e nemmeno tutte liquidate, equivalenti al lavoro di circa 5.600 unità di Polizia Penitenziaria. A questo si aggiunge un’emorragia di personale, con oltre 4.000 unità uscite dal servizio, nell’ultimo anno, per raggiunti limiti di età o per inidoneità legata a stress da lavoro correlato, a fronte di sole 2.700 nuove assunzioni. Mai prima d’ora i posti messi a concorso risultavano superiori agli aspiranti: circa un quarto dei vincitori del concorso interno per Sovrintendenti ha rinunciato al ruolo ed oltre il 5% ha lasciato il corso da ispettore”.
“Una delle principali criticità riscontrate – prosegue Nolè – è l’assenza di Direttori e Comandanti e ruoli apicali negli istituti più complessi, mentre le sedi extramoenia risultano tutte coperte. Questa situazione determina una gestione inefficace degli istituti, con conseguenze gravi sulla sicurezza, determinando una grave assenza di leadership per il personale e riferimento per la popolazione detenuta”.
Altro dato allarmante è l’aumento dei casi di aggressione nei confronti del personale. “La strategia di contrasto si limita al trasferimento del detenuto aggressore, misura del tutto insufficiente. L’art. 14-bis dell’Ordinamento Penitenziario, che prevede la sorveglianza particolare per detenuti pericolosi, è ormai disapplicato a causa della carenza di circuiti detentivi dedicati e della mancanza di una chiara volontà amministrativa nel suo utilizzo”.
Infine, il problema della formazione, differente tra il personale della Polizia Penitenziaria e gli appartenenti ad altri corpi di polizia.
“Attualmente – spiega Nolè -, un allievo carabiniere svolge un corso di formazione della durata di un anno, mentre un agente della Polizia Penitenziaria riceve una preparazione di soli quattro mesi. Analogamente, un maresciallo dei Carabinieri segue un percorso formativo di tre anni, mentre un ispettore della Polizia Penitenziaria riceve un addestramento della durata di un solo anno. Questa disparità incide negativamente sulla preparazione operativa e sulla capacità del personale di affrontare situazioni complesse all’interno del sistema carcerario. È necessario un aggiornamento dei programmi formativi con una maggiore enfasi sulla pratica operativa, l’uso delle tecnologie di sicurezza e la gestione delle situazioni critiche, equiparando la formazione della Polizia Penitenziaria agli standard degli altri Corpi”.
“La situazione attuale della Polizia Penitenziaria richiede interventi urgenti e concreti. Senza un’inversione di tendenza, il rischio è un ulteriore peggioramento delle condizioni di lavoro, con gravi ripercussioni sulla sicurezza degli istituti e sulla tenuta complessiva del sistema penitenziario italiano. Chiediamo quindi un’azione immediata da parte del Ministero della Giustizia e delle istituzioni competenti affinché si rimettano gli istituti penitenziari al centro dell’attenzione”, conclude Donato Nolè.