P.a.: Fp Cgil, Aran conferma che le retribuzioni dei dipendenti pubblici crescono meno di quelle dei dipendenti privati

13 Marzo 2025

“Il rapporto semestrale sulle retribuzioni e i contratti pubblici presentato oggi dall’Aran non può negare l’evidenza: le retribuzioni dei dipendenti pubblici crescono meno di quelle dei dipendenti privati. Nel periodo preso a riferimento 2014/2024, infatti, gli stipendi dei lavoratori pubblici sono aumentati del 12,2% mentre nel privato del 16,3%, come la stessa ARAN ha dichiarato. Ed è questo il risultato di un’altra differenza tra contratti pubblici e quelli privati: i contratti privati continuano a rinnovarsi nel rispetto del principio secondo cui il contratto di primo livello deve almeno garantire il recupero del maggiore costo della vita mentre, con l’accordo separato per il rinnovo del CCNL delle Funzioni Centrali 2022/2024, questo principio è stato messo in discussione con la complicità di sindacati che si sono piegati alla volontà del governo anziché tutelare fino in fondo gli interessi dei lavoratori, con il risultato di un aumento del 6% a fronte di una inflazione al 16,5”.

Lo dichiara in una nota il Segretario nazionale Fp Cgil, Florindo Oliverio.

“Per questo, aldilà delle mirabolanti cifre esposte come somma di ben tre CCNL dal 2024 fino al 2030 – prosegue – continuiamo a ritenere che la sottoscrizione di un ipotetico contratto per il 2025/2027 sulla base delle risorse stanziate e, come ricordato dall’Aran, utile a riconoscere aumenti degli stipendi dell’1,8% per il 2025 per finire al 5,4 nel 2027, a maggior ragione con la previsione di nuove e ulteriori impennate inflazionistiche facilmente prevedibili per i piani di riarmo che si decide di finanziare per i prossimi anni, sarebbe una nuova e più pesante cambiale in bianco offerta ai sindacati”.

“Per addolcire la pillola si cita poi la parte normativa di un contratto, quello delle Funzioni Centrali, che aumenta l’insindacabile discrezionalità nelle mani delle amministrazioni per quelli che si spacciano come diritti. Come nel caso della settimana corta su quattro giorni che, oltre a essere vanificata dalla mancata riduzione dell’orario di lavoro settimanale, lascia alla assoluta decisione del dirigente sia la scelta dei beneficiari sia quella dell’ulteriore giorno di riposo”, conclude Oliverio.

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