“Fondamentale firmare contratti di lavoro che mantengano potere d’acquisto”
“Un motivo in più per dire no alla sottoscrizione di Contratti Collettivi nazionali di lavoro che, perdendo di vista la primaria funzione di rivalutare le retribuzioni almeno in ragione dell’inflazione registrata nel periodo di riferimento, oltre a svalorizzare il lavoro consegnano i lavoratori e le loro famiglie alla povertà da pensionamento”.
Lo ha detto il segretario nazionale Fp Cgil Florindo Oliverio commentando i dati resi noti dal convegno “il trattamento di fine rapporto dei dipendenti pubblici, proposte e iniziative per superare l’inaccettabile sequestro della liquidazione” promosso da Cgil, Uil, Cgs, Cse, Cosmed, Cida e Codirp oggi a Roma.
Nel documento reso noto nel corso dell’iniziativa si legge infatti che “a distanza di quasi 15 anni dall’introduzione del differimento del TFS/TFR per i lavoratori dipendenti pubblici permane ancora oggi l’ingiustificabile discriminazione tra i lavoratori del settore privato e quelli del settore pubblico, che per ottenere la liquidazione possono arrivare a dover aspettare fino a sette anni. Il differimento penalizza i lavoratori pubblici non soltanto allungando i tempi di attesa dell’erogazione in seguito al pensionamento, ma inficiando anche sul potere d’acquisto dell’importo del TFS/TFR che, a causa dell’inflazione accumulata, perde valore col passare del tempo. E’ stata stimata una perdita di 11.735 euro su un Trattamento medio di 82.400 euro, pari al 14.3% in meno, a causa dell’alta inflazione degli ultimi anni. Tale perdita cresce all’aumentare dell’importo del TFS, soprattutto considerando l’ulteriore differimento per le rate successive. Sommando la perdita del potere d’acquisto del TFS per i dipendenti pubblici cessati nel 2022 e 2023, l’ammontare complessivo della riduzione dovuta al differimento e all’inflazione raggiunge 2 miliardi e 157 milioni di euro”.
“Il differimento del TFS/TFR è una misura ingiustificata che, nel tempo, si è trasformata in una vera e propria penalizzazione strutturale-sequestro. Inoltre, le risorse sottratte ai lavoratori pubblici non solo ne penalizzano la stabilità economica, ma violano il principio di equità di trattamento rispetto ai dipendenti privati, ai quali il TFR viene erogato in tempi ragionevoli. Negli ultimi anni, inoltre, sono cresciuti i tempi di attesa del Tfr dei dipendenti pubblici che hanno aderito ai Fondi di previdenza complementare di tipo negoziale, tempi che sono passati da una media di 6 mesi fino agli oltre 15 mesi attuali, il tempo che impiega Inps per liquidare le somme alle lavoratrici e ai lavoratori. Sia per problemi tecnici e organizzativi sia, soprattutto, per carenza di organico, oggi presso Inps risultano, solo per il Fondo Perseo Sirio (tutta la Pa tranne la scuola) quasi 5.000 posizioni in attesa di essere liquidate per un valore di quasi 38 milioni di euro”, ha osservato Ezio Cigna, responsabile Previdenza Cgil
Nazionale.
“Appare dunque evidente che se non si firmano contratti di lavoro che mantengono il potere d’acquisto – ha concluso Oliverio – si incide in modo estremamente negativo sia sui salari, che con il rinnovo dei contratti di lavoro devono crescere ad un valore almeno pari all’inflazione se non vogliamo sancire un impoverimento ex lege per i dipendenti pubblici, ma anche sulla pensione e sul tfs che si svaluta anno dopo anno. Se a questo aggiungiamo il parziale blocco del turn over e un ulteriore invecchiamento del personale, in un contesto di generale svalorizzazione del lavoro pubblico, il quadro è, purtroppo, drammaticamente negativo”.