Nel luglio scorso avevamo chiesto di erogare il TEP al personale di ultima assunzione, per equiparare la posizione di tutte le lavoratrici e i lavoratori dell’Istituto. Trascorso un anno dall’immissione in ruolo, l’uniformazione del trattamento economico ci sembrava un atto dovuto.
Alcune organizzazioni sindacali bloccarono la nostra proposta di accordo stralcio, adducendo questioni fiscali e promettendo che entro l’anno si sarebbe tutto risolto. Del resto, si sa, sono tutti fiscalisti con il TEP degli altri…
Ora, dal 31 dicembre, con il CCNI fermato dai ministeri vigilanti, il pagamento rimane congelato fino a nuova intesa: non per assenza di risorse, ma perché manca la disposizione contrattuale di riferimento.
È una situazione INAMMISSIBILE, che arreca un grave pregiudizio a cinquemila lavoratrici e lavoratori che ogni giorno consentono all’Istituto di tirare avanti.
Gli stipendi dell’INPS in alcune aree del Paese sono già insufficienti a vivere dignitosamente. Se a ciò aggiungiamo una riduzione del salario per alcune colleghe e colleghi, il rischio è duplice: creare una disparità intollerabile (minando la serenità sui posti di lavoro); e ledere l’ormai poca attrattività ancora esercitata dall’Ente.
Quell’attrattività che, alla vigilia dell’ultimo concorso, veniva peraltro sbandierata dall’INPS come valore aggiunto: con tanto di trasmissione della busta paga che i futuri funzionari avrebbero potuto ottenere dopo l’ingresso, accettando di prendere servizio anche nelle aree in cui il caro-vita pesava di più.
Vogliamo rimediare?
Nel corso della riunione del 31 dicembre l’Amministrazione si è riservata un approfondimento sul tema, mettendo all’ordine del giorno, già nel mese di gennaio, le possibili soluzioni. Si è parlato di un verbale d’intesa o di una decisione “unilaterale”.
Se quest’ultima prospettiva, ventilata dalla stessa Amministrazione, è fattibile, la controparte deve spiegare soltanto due cose: COME e QUANDO intende pagare.
La prima opzione, invece, continua a sembrarci non soltanto impervia, ma estremamente pericolosa.
Se non esistono colleghi di serie A e colleghi di serie B, ci chiediamo perché – all’interno dello stesso Ente – alcuni debbano ottenere risorse in forza di un “accordo ombra”, non ufficiale, nell’attesa di future disposizioni che traducano il tutto in un atto formale.
Il rischio concreto è che prima INPS liquidi le somme e poi, se qualcosa va storto, bussi alla porta dei beneficiari dicendo “ci spiace, abbiamo sbagliato”.
Noi non siamo un sindacato che crea problemi per presentarsi come l’unico risolutore delle difficoltà insorte. Se l’Amministrazione è in grado di pagare in autonomia, proceda. Se deve formalizzare il tutto, si ratifichi subito un accordo stralcio.
A luglio la strada battuta da questa e da poche altre organizzazioni (basta vedere i comunicati dell’epoca per capire chi si mise di traverso) fu respinta: il conto è stato presentato come sempre a chi lavora.
Siamo ancora in tempo per rimediare, ma senza ricorrere a formule bizantine.
Coordinatore nazionale FP CGIL INPS
Giuseppe Lombardo