Il Consiglio d’Amministrazione dell’Istituto ha deliberato un nuovo “Regolamento di attuazione del decentramento territoriale”. Le modalità di adozione dell’atto lasciano a dir poco esterrefatti: l’Amministrazione, senza passare dal tavolo sindacale, ha deciso di modificare i criteri per la costituzione (o la sopravvivenza) delle Agenzie e dei punti INPS, con un’indicazione di nuovi elementi su cui incentrare la ricognizione.
Si tratta di un atto grave, a prescindere dal merito, perché rappresenta uno strappo istituzionale con pochi precedenti e ha un impatto sui territori di non poco conto.
Eppure le premesse erano diverse. All’indomani dell’insediamento, i vertici vollero incontrare le rappresentanze sindacali garantendo momenti di ascolto continuo e un orientamento generale alla valorizzazione della dimensione territoriale.
Oggi, invece, viene disposta una revisione che parte da una premessa (“il consolidamento dei canali di interazione con l’utenza alternativi allo sportello tradizionale“) e porta a una profonda revisione del modello vigente, quasi un potenziale svuotamento di alcune realtà.
Dov’è finita la centralità di chi opera in Istituto? Che peso hanno le campagne di ascolto delle lavoratrici e dei lavoratori se poi si va avanti a suon di strappi?
È un caso grave, ma non isolato. Nel pomeriggio di ieri si è tenuta un’altra riunione tra Amministrazione e organizzazioni sindacali: nel corso del confronto sono state nuovamente discusse le modifiche che l’Amministrazione intende apportare al sistema della performance individuale.
Nessuna obiezione sollevata nei precedenti incontri è stata fatta propria dalla controparte, con la sola eccezione della possibilità di attivare una conciliazione in caso di valutazione individuale mal digerita dal dipendente (opzione peraltro già oggi percorribile).
Nonostante una convergenza quasi unanime del tavolo, l’Amministrazione intende:
ridimensionare il peso dell’obiettivo di gruppo;
continuare ad alimentare un sistema che porta a diramare la valutazione intermedia almeno a settembre;
profilare un modello in cui si schedano i dipendenti. Con il nuovo portfolio, infatti, il dirigente potrebbe non dare incarichi al singolo e registrare, poi, un giudizio negativo sul coinvolgimento dello stesso.
In tutto questo, le richieste espresse al tavolo restano lettera morta, i documenti vengono inviati a ridosso dell’incontro, senza che siano segnalate in evidenza le modifiche (nonostante i corsi sulle competenze digitali…).
L’elemento di debolezza nelle valutazioni individuali, lo ripetiamo ancora una volta, non sta solo nell’ingaggio dei dipendenti, ma nelle modalità con cui si attua la valutazione, troppo spesso simile a un arbitrio.
I giudizi sono sommari, disancorati da elementi oggettivi; la sintesi finale nella migliore delle ipotesi si articola in tre righe che esprimono gli umori del momento; di contro si chiede, in fase di conciliazione, l’esibizione di documenti con carattere “probatorio” ai valutati. Lo squilibrio è evidente.
Il confronto, insomma, o non viene contemplato o diventa una farsa.
Se la situazione non muta, neanche di fronte a proposte che hanno un pur vago carattere unitario, se cioè manca la volontà di trovare un punto d’incontro, la FP CGIL tirerà le somme perché non intende legittimare un modo di rapportarsi con le lavoratrici e i lavoratori profondamente irrispettoso.
Coordinatore nazionale FP CGIL INPS
Giuseppe Lombardo