INPS – Performance e valutazione individuale: così non ci siamo

03 Dicembre 2024

Si è svolto ieri pomeriggio il confronto tra organizzazioni sindacali e Amministrazione: all’ordine del giorno, ancora una volta, il Sistema di Misurazione e Valutazione della Performance che INPS adotterà l’anno venturo.

Rispetto ai precedenti incontri, per la prima volta la controparte ha presentato un testo su cui ragionare, rispondendo così a una sollecitazione che più volte avevamo presentato al tavolo.

Il documento ha il merito di ricordare come la valutazione individuale consti di due elementi: gli obiettivi di gruppo e quelli propri del singolo, muovendosi nel solco delle richiamate linee di Funzione pubblica che vedono nella valutazione stessa una “leva gestionale di accompagnamento nel complesso processo di cambiamento organizzativo“.

Definita la cornice, non mancano i punti di caduta che abbiamo sottoposto all’attenzione della controparte.

  1. Il documento non fornisce alcuna informazione sui criteri per la misurazione del contributo individuale e delle abilità. Nel testo si legge che “gli elementi della prestazione individuale ottimale e i relativi descrittori sono indicati ad opera del Direttore generale nei documenti prodromici al processo valutativo“. In assenza di un qualsiasi richiamo, ci muoviamo al buio. Ci chiediamo, quindi, come le organizzazioni sindacali dovrebbero confrontarsi sulla proposta dell’Amministrazione;

  2. con riferimento alle dimensioni della valutazione, tutte le organizzazioni sindacali – ad eccezione di una – hanno chiesto di preservare il sistema vigente che salvaguarda gli obiettivi di gruppo e che è già stato pesantemente rivisitato a ribasso negli anni passati. Ciononostante, l’Amministrazione insiste in questa direzione, rendendo l’obiettivo di gruppo la dimensione di minor valore nel sistema INPS (appena il 30% rispetto a contributo individuale e abilità, entrambe al 35%). Continuiamo a ritenere che una simile declinazione non solo non avrà effetti positivi, ma alimenterà la conflittualità nelle sedi, considerata anche l’assenza di trasparenza e condivisione sugli altri due elementi;

  3. Sulle diverse fasi temporali del processo valutativo abbiamo chiesto di allineare il modello INPS al calendario gregoriano: la valutazione intermedia va fatta entro luglio, non a settembre, sulla base del primo semestre d’attività; quella definitiva entro febbraio dell’anno successivo, non entro aprile;

  4. Sulla possibilità dei valutatori di raccogliere informazioni utili a ricostruire una panoramica del contributo lavorativo, e quindi sulla definizione di un portfolio, abbiamo espresso ferma perplessità. INPS è una struttura gerarchizzata, in cui i dirigenti possono comunicare coi funzionari ma il percorso inverso non è sempre incoraggiato. La possibilità d’iniziativa di un dipendente rischia di essere predeterminata dall’alto. Se è questa la direzione che si intende adottare, riteniamo debba almeno essere fornita prova che il dirigente ha coinvolto il singolo nelle attività per cui viene profilato e non ha avuto successo, altrimenti salta qualsiasi oggettività e si profila un sistema che assomiglia a una “schedatura del dipendente“;

  5. Sulle conciliazioni, abbiamo espresso netta contrarietà all’impossibilità di ricorrere a esse per chi ha una valutazione sufficiente. Il sistema lega la valutazione al riconoscimento dei differenziali, dunque non può in alcun modo essere inibita ai dipendenti la possibilità di ricorrere al confronto nel momento in cui si ritiene il giudizio ingiusto. Sembra più il tentativo di impedire una protesta, insensato se è vero che i ricorsi – come l’Amministrazione ha più volte ribadito – non sono poi tantissimi.

Su quest’ultimo aspetto, il problema che poniamo come FP CGIL non è ridurre all’osso le conciliazioni, ma dargli valore e significato: in altre Amministrazioni viene redatto un verbale della conciliazione, viene formulato un giudizio finale compiuto e dettagliato; in INPS la parte ricorrente ha l’onere della “indicazione precisa” degli aspetti contestati, ma l’Amministrazione fornisce solo una traccia di giudizio, tanto nella scheda quanto al termine delle conciliazioni. Tutto questo, oltre a rendere opaco il modello, trasforma il ricorso alle conciliazioni in un esercizio stanco, uno sforzo che i dipendenti vedono come inutile. Spia di un disagio organizzativo che minaccia l’intero impianto.

Rileviamo, infine e ancora una volta, che manca tutta la parte che prevede la valutazione dal basso dei dirigenti: segno di un’interpretazione molto parziale delle raccomandazioni ministeriali.

Coordinatore nazionale FP CGIL INPS

Giuseppe Lombardo

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