Dopo aver descritto la parte economica della preintesa che altre sigle (CISL, FLP, CONFINTESA e CONFSAL-UNSA) hanno sottoscritto, vediamo ora alcune “perle” di quella normativa.
– Settimana corta: la settimana corta è a discrezione del singolo Ente e fatti salvi i servizi al pubblico. Già questo “dettaglio” è utile per capire meglio che non è un istituto per favorire i lavoratori. Ma non basta.
Proprio perché è l’Amministrazione che sceglie, non è assolutamente detto che la settimana corta sia dal lunedì al giovedì, ad esempio.
Inoltre, visto che l’orario di lavoro resta invariato, ossia 36 ore settimanali, si dovrà lavorare per 9 ore al giorno.
Ciliegina sulla torta: visto che si riducono i giorni lavorativi, chi aderisce alla settimana corta, si vedrà ridotti proporzionalmente anche ferie e permessi. Ovviamente, per il giorno non lavorato si perde anche il buono pasto.
Complimenti per il risultato a tutela dei lavoratori, non c’è che dire!
– Lavoro agile: facendo un passo indietro rispetto al percorso avviato col CCNL 2019-21, che considerava il lavoro agile come strumento di innovazione organizzativa, nella preintesa firmata il lavoro agile torna a essere, in buona sostanza, uno strumento di conciliazione vita-lavoro.
Questo fa sì che solo alcune categorie di lavoratori (ad es. genitori o titolari di 104) possano contrattare col proprio dirigente un numero maggiore di giorni in lavoro agile a settimana, mentre non è detto per gli altri lavoratori.
Anche sul riconoscimento del buono pasto durante le giornate di lavoro agile il risultato finale è molto confuso e pasticciato: verrà riconosciuto solo se svolto nelle giornate in cui il lavoratore ne avrebbe avuto diritto stando in ufficio. In sostanza, se fai lavoro agile in una giornata di sei ore, non ti spetta. Si alimenta, così, confusione tra lavoro agile e lavoro da remoto.
– Posizioni Organizzative: in questo caso ci sembra evidente trattarsi di una norma ad hoc per tutelare situazioni personali, anche in barba all’anticorruzione, sulla quale si fanno fare beffardi corsi di formazione.
Cosa si prevede? Che chi sia stato titolare di posizione organizzativa per otto anni, anche non consecutivi, acquisisce il diritto alla posizione organizzativa. Ricordate il motto “Dio me l’ha data, guai a chi la tocca”? Ora vale anche per le Posizioni Organizzative, con tanti saluti al ricambio generazionale e agli sbocchi di carriera.
Come se non bastasse si prevede che, a invarianza di Fondo Risorse Decentrate, la contrattazione di Ente potrà aumentare il valore dell’indennità di Posizione Organizzativa dagli attuali 2600 portandola a 3500 euro annui pro capite.
Chi pagherà quest’aumento di 900 euro? Tutti gli altri lavoratori, con una riduzione del proprio salario accessorio, naturalmente!
– Progressioni verticali in deroga: la preintesa siglata si limita a una semplice proroga del termine (fino al 30 giugno 2026) per far fare progressioni verticali, ma senza rifinanziarle ulteriormente. Questo significa che gli Enti come INL che hanno appena fatto le progressioni verticali in deroga non potranno rifarle.
Che risposte si danno ai tanti colleghi bloccati in seconda area che chiedevano, dopo decenni, di poter passare in terza? Nessuna!
– Assemblea sindacale: si prevede che le ore utili ai fini della maturazione del buono pasto per la partecipazione all’assemblea sindacale siano solo tre, dimenticando che il monte ore di assemblea previsto è già coperto dai costi contrattuali.
Di fatto si traduce in un attacco alla libertà sindacale. Che siano delle sigle sindacali ad accettarlo è veramente il colmo e un paradosso.
A questo punto, riteniamo fondamentale dare la parola a lavoratrici e lavoratori, facendoli esprimere con un referendum. Noi non abbiamo paura della democrazia.
A questo punto, diventa fondamentale partecipare allo sciopero generale del 29 novembre, per chiedere al Governo adeguati stanziamenti e un CCNL degno di questo nome.
FP CGIL |
M. ARIANO |