INPS – Benessere dei dipendenti: il cono d’ombra

26 Marzo 2024

L’indagine sulla soddisfazione dell’utente interno fornisce spunti importanti che l’Amministrazione ha il dovere di considerare, tanto più alla vigilia dell’apertura della contrattazione integrativa, mai come quest’anno centrale nel definire l’INPS che verrà.

A colpire, in particolare, sono i punti di caduta, cioè le aree in cui si registra una minore soddisfazione delle lavoratrici e dei lavoratori. Le critiche principali ruotano attorno a tre elementi, che da più tempo evidenziamo al tavolo sindacale quali priorità su cui riflettere:

  • crescita professionale;

  • percorsi di formazione;

  • ritmi di lavoro.

Partiamo da qui.

A muovere le colleghe e i colleghi è la leva della responsabilità sociale, intesa come l’importanza di svolgere un ruolo per la collettività. Anni di propaganda mediatica contro i dipendenti pubblici non hanno scalfito o ridotto la passione verso la missione sociale che l’Istituto persegue, la consapevolezza dell’importanza della funzione assolta.

A dispetto di ciò, però, emerge sempre più insistentemente la poca attenzione che l’ente rivolge allo stress correlato alle attività svolte. Non è solo una questione normativa, connessa alla natura di hub emergenziale che tra pandemia ed emergenze climatiche INPS ha assunto. È la definizione di obiettivi “sfidanti”, spesso scissi dalla realtà e dalle problematiche quotidiane che le sedi si trovano costrette ad affrontare, a rappresentare una spada di Damocle.

E, del resto, è un dato emerso anche dalla intranet: mentre l’istituto indagava la conoscenza di pratiche di mindfulness, lavoratrici e lavoratori rappresentavano le difficoltà quotidiane di chi deve fornire un servizio all’utenza, chiedendo nei commenti il superamento di alcune procedure ormai datate e in attesa di definitiva archiviazione (ogni riferimento al SIN è puramente voluto).

La pressione inizia a essere pesante, specie se a ciò si aggiungono alcuni elementi di contesto: una valutazione individuale calata dall’alto, poco razionale come abbiamo notato in un passato recente e comunque univoca; una formazione su cui è necessario investire per promuovere il cambiamento; e, da ultimo, una scarsa attenzione ai percorsi di crescita professionale.

Su questo continueremo a insistere, perché un ente che assume quasi novemila dipendenti in cinque anni non può non ragionare su che cosa vuole costruire nel medio periodo. La non risposta è una risposta, pessima, che lavoratrici e lavoratori non accettano.

A oggi sbattiamo ancora con il tetto del d.l. 75/2017 e con l’impossibilità di attingere alle risorse del fondo stesso per migliorare la situazione economica del personale: ciò vale per le progressioni future, ma anche per l’incentivazione e per la congrua retribuzione delle posizioni organizzative. INPS su questo ha intenzione di fare una battaglia o solo noi, come FP CGIL, dobbiamo segnalare l’enorme criticità che minaccia le politiche di sviluppo dell’ente?

Di più: INPS si ostina a differenziare il lavoro agile dal lavoro in presenza, non riconoscendo il buono pasto, già fin troppo basso, e dunque scoraggiando implicitamente il ricorso allo Smart working. INPS vuole cambiare questa tendenza o, come troppo spesso accade, punta a fare economia?

Sono tutte voci che pesano sul benessere interno: perché se al lavoratore si chiede tanto, forse troppo, e si concede meno, la logica conseguenza è una lenta disaffezione. Vogliamo intervenire per tempo o no?

Coordinatore nazionale FP CGIL INPS

Giuseppe Lombardo

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