Fp Cgil Medici commenta la firma dell’Accordo collettivo nazionale per la medicina generale 2019/2021: “nessuna novità, né maggiori tutele per i professionisti. Solo un accordo-ponte, fotocopia dei precedenti”
Roma, 9 feb – “È necessario un profondo cambiamento del rapporto di lavoro che per prima cosa dovrebbe liberarci, anche con l’Accordo collettivo nazionale, dalla spada di Damocle della quota capitaria. È ormai chiaro a tutti come sia necessario superare il rapporto libero professionale, che frammenta il sistema”: così il coordinamento nazionale Fp Cgil Medici di Medicina Generale commenta l’Accordo sottoscritto dalle altre organizzazioni sindacali di categoria.
“E invece, nulla di tutto ciò si intravede nell’Accordo. E’ mancato persino il coraggio di cancellare il riferimento alle ‘tre ore’ di lavoro quotidiano, da sempre tallone d’Achille della nostra categoria, che spesso viene additata come la parte debole dell’assistenza territoriale puntando il dito sui professionisti e non invece sul modello organizzativo e sui mancati investimenti. Nessuna innovazione organizzativa né contrattuale, solo una parziale restituzione degli arretrati”.
Secondo Fp Cgil “ancora una volta si svendono le tutele per un piatto di lenticchie. Aumenta al contrario da 1.000 a 1.200 il cosiddetto rapporto ottimale di assistiti da prendere in carico con la possibilità di estenderlo fino 1.890 per ogni medico e con la previsione per i colleghi in pensione di tornare al lavoro come sostituti. Queste operazioni servono solo a nascondere la smisurata carenza di professionisti, causata negli anni dalla perdita di attrattività per i giovani medici di una professione che avrebbe dovuto essere il fulcro della garanzia di salute della cittadinanza. È un accordo che appesantisce i carichi di lavoro, invece di migliorarne le condizioni. Si arriva addirittura a ribadire la responsabilità dei medici di medicina generale negli accessi impropri nei pronto soccorso dimenticando il vero problema delle liste di attesa per le prestazioni specialistiche”.
“Inoltre – prosegue il coordinamento nazionale Fp Cgil Medici di Medicina Generale, che nell’occasione ha rilanciato il proprio Manifesto pubblicato al link https://www.fpcgil.it/wp-content/uploads/2023/06/Manifesto-Medicina-Generale_190623-1.pdf – nell’Acn vengono introdotti elementi che favoriscono la regionalizzazione e la privatizzazione, ma viene ignorato il problema delle prestazioni erogate da anni per l’INAIL e mai contrattualizzate, cosi come la conciliazione dei tempi di vita-lavoro diventa argomento di eventuale tavolo tecnico e non articolo di contratto, antistorico peraltro che questo riguardi solo le colleghe, come ad intendere che il prendersi cura dei propri cari sia compito e prerogativa solo femminile”.
“Insomma – conclude la nota – l’unico elemento ad emergere è l’abissale distanza tra la fatica quotidiana dei medici di medicina generale e chi li rappresenta con una visione antiquata e frammentata del sistema che favorisce solo i tagli dei servizi a vantaggio di interessi privati. Oggi abbiamo perso l’occasione di cambiare il sistema e il rapporto di lavoro, migliorando tutele e diritti dei professionisti. Chi ha firmato dovrà spiegare alle lavoratrici ed ai lavoratori i motivi di scelte che non modificano nulla o addirittura peggiorano le attuali condizioni di lavoro. Soprattutto, dovrà chiarire quale progetto di medicina generale stanno proponendo se quella che entra a pieno titolo nell’integrazione del sistema salute o al contrario quella che rimane una monade che fa lavorare in condizioni non ottimali i professionisti il cui unico obiettivo è curare al meglio i pazienti”.