Al Sig. Capo di Gabinetto
Cons. Francesco Gilioli
Osservazioni sullo schema di decreto ministeriale concernente la riorganizzazione del sistema museale
Il provvedimento interviene ancora una volta, in modo parziale, sull’apparato organizzativo ministeriale ridisegnando il sistema museale, tramite una doppia operazione: l’aumento dei Musei elevati a livello dirigenziale generale (3) e l’ulteriore proliferazione di musei autonomi di seconda fascia (17), con il risultato di aumentare il numero dei musei dotati di autonomia, portandoli da 44 a 60. Inoltre si interviene sulla distribuzione delle posizioni dirigenziali di seconda fascia nelle Direzioni generali, diminuendo di 2 posizioni la Direzione generale creatività contemporanea ed aumentando di una posizione la DG Musei e la DG Cinema.
Tale operazione viene finanziata da un aumento della dotazione dirigenziale, pari a complessive 11 unità di cui 5 dirigenti generali e 6 dirigenti di seconda fascia, e da una riduzione di posizioni dirigenziali conseguenti all’accorpamento ed alla riduzione di musei autonomi diseconda fascia (4), dalla rimodulazione delle posizioni nelle Direzioni generali e dalla prevista soppressione ancora non precisata di alcune Direzioni Regionali Museali che verranno accorpate ai Musei autonomi.
Pertanto uno schema sostanzialmente in linea con la filosofia organizzativa che ha ispirato la riforma Franceschini, con una scelta che non mette in discussione la divisione operata tra i cicli di tutela e quelli volti alla valorizzazione e che produce un modello estremo di autonomie museali, con una conseguente frammentazione territoriale ed una residualizzazione delle direzioni regionali museali, che subiscono un oggettivo ridimensionamento. Si interviene quindi individuando nelle direzioni regionali il vulnus più evidente della riforma Franceschini e nella proliferazione delle autonomie la soluzione organizzativa ritenuta più efficace per il rilancio dei luoghi della cultura interessati da questa operazione.
Vi sono una serie di osservazioni critiche verso la qualità di questo ennesimo intervento nella carne viva dell’organizzazione ministeriale che proviamo ad elencare di seguito:
• Si concorda con la riduzione di 2 posizioni dirigenziali della DG Creatività contemporanea, che apparivano del tutto ridondanti rispetto all’organico ed alle competenze assegnate. Di converso l’aumento di una posizione dirigenziale alla DG Musei ed alla DG Cinema occorrerebbe sia accompagnata da un rafforzamento dell’organico, essendo l’attuale totalmente insufficiente rispetto ai carichi di lavoro assegnati;
• la riorganizzazione opera quasi esclusivamente sul versante museale utilizzando allo scopo quasi tutte le risorse disponibili derivanti dall’aumento della dotazione dirigenziale. Non riteniamo sufficienti al riguardo le rassicurazioni ricevute rispetto all’impegno di valutare interventi sui settori che si occupano della tutela del patrimonio culturale, a meno che questo non significhi, ad esempio, un ulteriore aumento della dotazione dirigenziale che reintegri posizioni dirigenziali sottratte ai settori della tutela dai successivi interventi riorganizzativi;
• si assiste ad una proliferazione di strutture organizzative complesse, con la previsione di organizzazioni strutturate con la stazione appaltante, senza che vi possa essere, stante l’attuale situazione sia dell’organico di fatto che di quello teorico, la possibilità di dotare le strutture di un fabbisogno adeguato. Solo a titolo di esempio alcuni musei autonomi previsti (Capri, Ville Monumentali della Tuscia, Preneste e Gabii, ecc.) sono del tutti privi di un minimo apparato tecnico-amministrativo e con pochi addetti alla vigilanza. Per poter pensare ad un fabbisogno utile all’efficacia di questa operazione occorrerebbe recuperare i tagli agli organici prodotti dalle manovre di spending review e valutare una profonda revisione del fabbisogno professionale e un piano straordinario di occupazione. Altrimenti si produrrà l’effetto scatole vuote che caratterizza ancora oggi gran parte delle autonomie definite negli anni precedenti. Inoltre non è chiaro che l’individuazione dei
nuovi Musei autonomi comporterà da parte di questi aggregazioni di altri siti, ad esempio i Musei archeologici di Venezia e della Laguna e le Residenze Sabaude.
• il ridimensionamento delle direzioni regionali museali ne certifica l’inutilità rispetto all’obiettivo posto originariamente dalla riforma, che era quello della valorizzazione del patrimonio diffuso con intrecci che dovevano essere funzionali alla ricomposizione complessiva del ciclo dell’offerta culturale legata agli specifici sistemi museali, coinvolgendo gli enti locali. Con questa operazione vengono sottratti alle direzioni regionali luoghi della cultura significativi ed in molti casi trainanti anche dal punto di vista degli introiti da bigliettazione. Ad esempio l’operazione che sottrae alle Direzioni Museali di Roma e del Lazio Castel S. Angelo, il Pantheon, Palestrina, Villa Lante e Palazzo Farnese, che produce forti criticità anche sul piano del riassetto logistico dei centri amministrativo gestionali che interessano questa rimodulazione, rendendo peraltro quasi inutile la distinzione operata tra le direzioni di Roma e del Lazio. Così come l’istituzione delle Residenze Sabaude rende del tutto irrilevante l’esistenza della direzione regionale museale. Se si rapporta questo contesto con l’aumento generalizzato dei biglietti di ingresso il risultato rimane la progressiva marginalizzazione del patrimonio diffuso da un sistema integrato di offerta dei servizi culturali, con la conseguente permanenza di una condizione di non riconoscibilità dei luoghi della cultura cosiddetti minori;
• non si ha ancora contezza della collocazione delle restanti due nuove posizioni dirigenziali generali derivanti dall’incremento previsto dal DL 44/2023;
• da ultimo, non certo in ordine di importanza, appare sempre più improcrastinabile una profonda modifica dei criteri di selezione dei direttori, sottraendoli a procedure che non rassicurano certo rispetto a fattori discrezionali che sono insiti nella norma da cui traggono origine. Da questo punto di vista sarebbe del tutto opportuno ripristinare i meccanismi di reclutamento ordinari tramite un pubblico concorso. Da quanto riusciamo a percepire non ci pare che si intenda procedere in tale direzione.
Le criticità rilevate non possono prescindere dalle valutazioni di ordine sistemico che abbiamo da sempre posto rispetto alle scelte di riorganizzazione operate a partire dal 2014 e che riguardano l’artificialità di una visione organizzativa che ha prodotto soluzioni che hanno impoverito oltremisura il tessuto produttivo legato ai settori della tutela e che hanno promosso una visione ideologica basata sull’idea che il patrimonio culturale produca sviluppo unicamente in correlazione con il turismo. Visione che viene riproposta in termini ancora più accentuati dall’attuale Direzione politica, ne fanno fede le varie dichiarazioni del Ministro sulla necessità di monetizzarne la fruizione e le conseguenti decisioni di un aumento generale dei biglietti di ingresso dei Musei e della discutibile decisione di far pagare l’ingresso del Pantheon di Roma.
Invece altre sono le questioni e le priorità che, a nostro avviso, dovrebbero caratterizzare gli indirizzi programmatici, a partire da interventi straordinari sui livelli occupazionali e da una generale regolazione di un mercato del lavoro che registra i più elevati tassi di sfruttamento del lavoro esternalizzato fino ad arrivare ad una necessaria rivisitazione di scelte organizzative che hanno impoverito l’organico professionale senza produrre grandi effetti sul piano di una effettiva valorizzazione del patrimonio culturale diffuso. Si tratterebbe, sempre a nostro avviso, di avere una visione strategica che rilanci la funzione strutturale della tutela del patrimonio operando una ricomposizione dei cicli lavorativi ed un conseguente investimento basato sulla crescita professionale ed occupazionale e sull’idea di coesione sociale che la conoscenza diffusa e la fruizione consapevole del patrimonio stesso può produrre.
Spiace constatare che, indipendentemente dall’appartenenza politica, questa visione non sembra attecchire nella politica ed anche in questo caso dobbiamo purtroppo registrare una ulteriore occasione persa per contrastare il declino del Ministero.
FP CGIL MIC UIL PA MIC
C. Meloni F. Trastulli