Carlo Nordio
Ministro della Giustizia
e per conoscenza
On.le Francesco Paolo Sisto
Viceministro della Giustizia
Sen. Andrea Ostellari
Sottosegretario alla Giustizia
Dott. Alberto Rizzo
Capo di Gabinetto
Dott. Antonio Sangermano
Capo Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità
In questo tempo di attesa tra l’avvenuta Riforma organica della Giustizia Riparativa e le norme che in dettaglio la renderanno operativa nel nostro paese, è importante porre in evidenza e segnalare la necessità di un preciso impegno del Ministro della Giustizia affinché questa importante rivoluzione culturale della pena e delle potenzialità della giustizia riparativa possa esprimersi in coerenza con il lavoro e l’impegno svolto dagli operatori della Giustizia.
In questo periodo è apparso assordante il silenzio intorno al fatto che il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 15 giugno 2015, n. 84 ha istituito all’interno del Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità, un Ufficio dedicato alla promozione della giustizia riparativa e della mediazione penale, anticipando così la necessità, oggi confermata alla Riforma, di investire in materia organica sulla conoscenza e sulla sistematizzazione delle esperienze svolte in molti territori del nostro paese, a fronte di un impegno che da più di 20 anni ha investito prima i servizi sociali della giustizia minorile e , più recentemente il servizio sociale per gli adulti.
La riorganizzazione del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità ha suggellato la volontà di avviare e mettere a sistema un cambiamento culturale all’esecuzione penale dei minori e degli adulti attraverso la Giustizia Riparativa.
Un cambiamento culturale visibile attraverso le diverse azioni strategiche avviate dal succitato Ufficio :
dapprima all’interno del DPCM con la costruzione di una rete capillare di referenti per la Giustizia Riparativa e mediazione penale, in linea con i dispositivi europei, a livello regionale presso gli U.I.E.P.E. (Uffici Interdistrettuali di Esecuzione Penale Esterna) e i C.G.M. (Centri per la Giustizia Minorile) e nelle sedi locali degli U.E.P.E. (Uffici Locali di Esecuzione Penale Esterna) e degli U.S.S.M. (Uffici di Servizio Sociale per i Minorenni),IPM per proseguire con l’emanazione, nel 2019, delle Linee di indirizzo per la Giustizia minorile e di comunità in materia di giustizia riparativa e tutela delle vittime di reato in ambito dell’esecuzione penale e in materia minorile.
In attesa di una disciplina organica sulla Giustizia riparativa gli assistenti sociali della giustizia hanno promosso e valorizzato le esperienze territoriali, così diversificate da richiedere da parte dell’ Ufficio dedicato alla promozione della giustizia riparativa e della mediazione penale una particolare attenzione nella costruzione di significati e pratiche comuni, utili a definire in modo condiviso i concetti di giustizia riparativa, tracciando percorsi uniformi senza rinunciare alle specificità offerte provenienti dalle peculiari risorse del territorio. A tal fine, si sono promosse reti di cooperazione con i soggetti sociali del territorio per promuovere e restituire responsabilità, cura e giustizia.
Ciò assume una valenza rilevante poiché è proprio nei luoghi dove la devianza si rende visibile che bisogna costruire processi di inclusione e di accompagnamento educativo, di ricomposizione del conflitto, di vicinanza e supporto alle vittime, di ricostruzione del legame sociale e di rafforzamento del senso di sicurezza collettivo.
L’autore del reato ritorna nella sua comunità di appartenenza, il suo percorso educativo diviene un progetto di comunità, si allentano le prospettive reocentriche e il lavoro sociale diviene un lavoro nella comunità e per la comunità, dal momento che ogni persona a cui si consente il ripristino di una vita libera e rispettosa della convivenza comune, rappresenta un bene per la comunità stessa.
I servizi sociali della Giustizia hanno svolto, in questa direzione, un ruolo attivo portando il pensiero riparativo in tutto il territorio nazionale, rafforzando la vicinanza con la comunità, rivalorizzando la prospettiva del lavoro integrato e rinvigorendo di nuovi attori la rete del territorio, svolgendo quella funzione di facilitatore della Giustizia Riparativa necessaria per tenere insieme, a partire dal reato, un pensiero e quindi un intervento che si muova con un approccio olistico, nel rispetto alla cultura della riparazione e dell’educare.
Ecco allora che la presa in carico del conflitto che sta ai servizi alla giustizia riparativa e la presa in carico delle persone coinvolte nel conflitto che sta ai servizi del territorio, della giustizia e di supporto alle vittime devono connettersi, sperimentare insieme, co-costruire, affinché la normalizzazione della Giustizia riparativa non degeneri nella sua burocratizzazione, limitandone il potenziale.
Per queste ragioni si chiede che il futuro prossimo della gr comprenda il:
Riconoscimento del ruolo dei referenti per la giustizia riparativa. Operatori che in questi anni si sono formati alla Gr hanno lavorato per promuoverne l’implementazione in tutti i territori ed oggi rappresentano un presidio di competenza e di garanti della qualità degli interventi rispetto alle diverse realtà oggi emergenti ed aspiranti alla gestione dei programmi riparativi. Tale riconoscimento deve delinearsi prevedendone la partecipazione all’interno delle Conferenze locali.
La rete nazionale dei referenti per la giustizia riparativa deve essere rafforzata e mantenuta non solo al fine di non disperdere il capitale di conoscenza accumulatosi negli ultimi anni, ma per rafforzare quella visione nazionale , capace di generare il confronto di esperienze, lo scambio di buone pratiche, il monitoraggio dei dati, e soprattutto per superare quell’isolamento tra Conferenze locali che inevitabilmente si genererà nel paese, per l’eterogeneità degli attori territoriali.
Il riconoscimento del lavoro degli Assistenti sociali delle Giustizia. I servizi sociali della Giustizia hanno svolto, un ruolo attivo portando il pensiero riparativo in tutto il territorio nazionale, rafforzando la vicinanza con la comunità, rivalorizzando la prospettiva del lavoro integrato a partire dal reato.
L’autore del reato ritorna nella sua comunità di appartenenza, il suo percorso educativo diviene un progetto di comunità, si allentano le prospettive reocentriche e il lavoro sociale diviene un lavoro nella comunità e per la comunità. E ciò rende più riconoscibile la giustizia riparativa dentro l’intervento in area penale. Il cammino verso la Giustizia Riparativa richiede pertanto, non la separatezza, ma una paziente composizione delle azioni. Ecco allora che la presa in carico del conflitto che sta ai servizi alla giustizia riparativa e la presa in carico delle persone coinvolte nel conflitto che sta ai servizi del territorio, della giustizia e di supporto alle vittime devono connettersi, sperimentare insieme, cocostruire, affinché la normalizzazione della Giustizia riparativa non degeneri nella sua burocratizzazione, limitandone il potenziale. Ravvisiamo il rischio, a fronte della tanto richiesta di integrazione tra servizi ed interventi nelle politiche di welfare, una evidente frammentazione tra servizi della Giustizia riparativa, i servizi della Giustizia e del territorio. È una evidente svalutazione del servizio sociale e dei servizi sociali in genere a fronte di una nicchia di Mediatori senza un governo esplicito, cui i servizi sociali sarebbero serventi e non collaboranti.
Il riconoscimento dell’esplicito coinvolgimento degli operatori della Giustizia (educatori ed assistenti sociali) in tutti i programmi della Giustizia riparativa, escluso la mediazione penale che necessita di mediatori esperti. I programmi dialogici, infatti, che richiedono il coinvolgimento della comunità, hanno bisogno del coinvolgimento degli attori che gravitano intorno al progetto educativo della persona indicata come autore dell’offesa, di cui gli operatori della giustizia hanno effettiva conoscenza.
Né sarebbe dignitoso che i servizi sociali della giustizia fungessero solo la funzione di segretariato, considerato che il lavoro di comunità appartiene alle competenze del servizio sociale, che è formato in tal senso durate il percorso di conseguimento del titolo stesso. Altrettanto dicasi per i programmi gruppali all’interno degli istituti penali pei i minorenni e per gli adulti, che sganciati dal lavoro educativo, rafforzerebbero l’idea che la gestione del conflitto non appartiene alla rinnovata cultura penitenziaria.
Il cammino verso la Giustizia Riparativa richiede una decisa proposizione delle sue differenze con, accanto, una paziente composizione delle sue somiglianze, delle sue continuità, necessarie per ricomporre pensieri e pratiche intorno alla elaborazione dei conflitti.
Per questo chiediamo un confronto esplicito con la SV, affinché i decreti attuativi rafforzino il ruolo dei Servizi Sociali della Giustizia piuttosto che svalutarli ponendoli nell’angolo delle pratiche riparative. Ricordiamo in tal senso, che negli ultimi anni, nonostante l’elevato carico di lavoro, i servizi sociali della Giustizia hanno creduto nel potenziale trasformativo della Giustizia riparativa e in tal senso si sono impegnati sul campo e nella formazione per far sì che questa grande opportunità di rigenerazione del lavoro in area penale potesse diventare concreta opportunità trasformativa per le vittime, gli autori del reato e l’intera comunità.
Distinti saluti
FP CGIL CISL FP UIL PA
Fuselli Marra Amoroso