Lo avevamo già detto e scritto. Il lavoro agile, nelle sue diverse forme, non è e non può essere un’eccezione legata alla pandemia. È l’occasione per riorganizzare la vita lavorativa e la pubblica amministrazione, per entrare a pieno titolo nel Ventunesimo secolo. Si deve invece rilevare la tendenza a volatilizzare con miopia e leggerezza le esperienze maturate sia pure in un quadro di emergenza, come il gas di cui sembra ci sia un grande bisogno in tutta Europa.
Il ricorso a forme alternative al lavoro in presenza, su base volontaria, aiuta i lavoratori, aiuta l’Amministrazione, aiuta le nostre congestionate città, aiuta la qualità dell’aria che respiriamo, aiuta la qualità della vita! Dobbiamo aspettare un’altra generazione per comprenderlo?
La realtà di oggi (almeno in parte prevedibile) ci racconta che non possiamo aspettare il famoso “cambio di mentalità” per mettere mano ad un serio progetto che veda il lavoro smart come modalità ordinaria anche nella PA. La crisi connessa al caro energia, aggravata dalla guerra in Ucraina, ma nata ben prima, e la necessità della transizione ecologica impongono un cambio di passo e misure urgenti.
Quando finalmente, con un colpevole ritardo di cui la FP CGIL certo non porta responsabilità, si aprirà la contrattazione integrativa della PCM, saremo pronti a proporre in sede RSU un accordo stralcio, analogamente a quanto avvenuto nel CCNL delle Funzioni Centrali, per fare fronte alla emergenza connessa ai costi dell’energia, che preveda il superamento del principio del lavoro in presenza e invece contempli la riorganizzazione e l’adeguamento delle strutture in funzione del risparmio energetico.
Il coordinatore FP CGIL PCM
Giancarlo D’Ortenzi