Il circuito della media sicurezza rappresenta il circuito penitenziario di maggiore rilevanza dal punto di vista del numero dei detenuti che vi sono inseriti; ed è quello maggiormente interessato dagli interventi che, sul piano organizzativo, si sono succeduti nel corso degli ultimi anni.
Le molteplici indicazioni che questo Dipartimento ha, nel tempo, impartito e le diverse modalità con le cui esse sono state interpretate sul territorio, ci consegnano, oggi, un sistema penitenziario caratterizzato da prassi eterogenee, non sempre congrue rispetto al quadro normativo nazionale e internazionale, specie in relazione alle modifiche all’ordinamento penitenziario dell’ottobre 2018 e alla recente adozione della Raccomandazione 1/7/2020 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, che ha aggiornato le Regole Europee del 2006.
Negli ultimi due anni, l’emergenza sanitaria ha “congelato”, in ragione delle limitazioni imposte, il processo di riorganizzazione necessario per dare uniformità all’esecuzione della pena detentiva. Il suo progressivo superamento offre, oggi, l’opportunità di procedere a una nuova organizzazione del circuito
della media sicurezza, attraverso la quale, grazie anche al contributo fomito dalle Organizzazioni sindacali e dalle Autorità di garanzia, è finalmente Fx)ssibile affrontare le esigenze che, quotidianamente, si riscontrano nella presa in carico delle persone ristrette, al fine di garantire un’esecuzione della pena che sia costituzionalmente orientata e che, sul piano operativo, presenti caratteri omogenei in tutto il territorio nazionale.
Nell’attuale fase costituisce circostanza favorevole l’importante incremento di risorse – di personale e materiali – che si profila nel breve futuro, stante lo svolgimento di numerosi concorsi per molti ruoli dell’ Amministrazione, cui si affiancano sia l’introduzione di nuovi capitoli di bilancio per l’incremento di professionisti esperti ex art. 80 Ord. pen., sia gli ingenti stanziamenti per 1a riqualificazione degli spazi trattamentali e per il miglioramento delle condizioni detentive. Tutti processi, questi, che possono aiutare a ricorúigurare positivamente la fisionomia della detenzione e che dovranno giungere a compimento in un breve arco di tempo. Nella stessa direzione, va ricordata la recente previsione di un incremento della pianta organica del Diparfimento della Giustizia minorile e di Comunità, in particolare per quanto concerne le risorse degli Uffici di esecuzione penale esterna. Come evidenziato dalla circolare interdipartimentale del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria e del Dipartimento della Giustizia minorile e di Comunità in data 29/9/2016, il servizio sociale è chiamato ad assicurare un ruolo operativo all’interno degli Istituti penitenziari, non solo nella predisposizione dei programmi di trattamento, ma anche nella vita quotidiana del carcere, considerata la fondamentale funzione di raccordo con l’esterno e, in particolare, con la famiglia della persona detenuta. E ciò in particolare nei confronti delle persone che sono al termine dell’esecuzione penale intramuraria (cd. dimittendi) e che, insieme ai cosiddetti “giovani adulti” e alle persone detenute alla loro prima esperienza penitenziaria, necessitano di osservazione e cura particolari, al fine di favorire la prevenzione della recidiva, come ricordato dalla recente circolare della Direzione generale dei detenuti e del trattamento n. 0109195 del 18/3/2022.
Le direttive che, in questa sede, si indirizzano alle SS.LL., la cui concreta attuazione dovrà avvenire con la fattiva collaborazione dei Signori Direttori e di tutto il Personale dipendente, intendono privilegiare un approccio concreto, giuridicamente fondato e strutturato in un percorso organizzativo che, se per un verso, non può esaurirsi con la presente lettera circolare, per altro verso richiede l’attivazione di un processo di cambiamento non più procrastinabile.
Con il presente intervento, si intende, tra l’altro, superare il dualismo tra custodia aperta e custodia chiusa che, del resto, non trova alcuna formalizzazione nell’ordinamento penitenziario. Si preferisce, invece, impostare le direttive in ragione delle previsioni, queste si aventi fondamento ordinamentale, che regolano il trattamento individualizzato previsto dall’art. 13 Ord. pen. e, come si vedrà, procedere con la regolamentazione della ordinaria gestione, pur con le differenze dettate dalle specifiche esigenze trattamentali.