“Ci avremmo scommesso finisse così”. È il commento del segretario generale della Fp Cgil Veneto, Ivan Bernini, e del segretario nazionale della Fp Cgil, Michele Vannini, riferendosi alla scelta della Regione Veneto di ripresentare la delibera sull’operatore socio sanitario, sospesa dal Tar e dal Consiglio di Stato, dopo il ricorso presentato dagli ordini professionali infermieristici del Veneto. Da un lato, osservano i due dirigenti sindacali, “la Regione Veneto spinta e sollecitata in particolare dai datori di lavoro privati e gestori di strutture residenziali ad accelerare il percorso in ragione della carenza di infermieri e dalle difficoltà dei bilanci, dall’altro gli Ordini delle Professioni Infermieristiche che inizialmente si sono opposti e che ora, non si capisce per quale motivo, producono una curiosa inversione di centottanta gradi in prossimità del giudizio”.
Il tutto però, rilevano Bernini e Vannini, “senza considerare due aspetti: il primo che gli ordini non sono soggetti contrattuali e hanno avvallato un’interlocuzione con l’Assessorato unilaterale che ha escluso i sindacati confederali nei confronti dei quali, in fase di approvazione della delibera, c’era stata richiesta esplicita di supporto, in vista della prosecuzione di un percorso diverso; il secondo che anziché rivendicare, come noi abbiamo fatto, un processo nazionale di aggiornamento verso l’alto di tutti i profili professionali, e non solo dell’operatore socio sanitario, hanno preferito attestarsi su una posizione difensiva che alla fine ha portato a questo risultato. Inspiegabilmente dando un avvallo pieno, dopo aver impugnato la precedente delibera, senza che sostanzialmente venissero apportate modifiche significative. Un capolavoro”.
Una scelta, proseguono, “‘tampone’ che consentirà alle strutture, soprattutto quelle private, di poter operare con meno infermieri e con minori costi e che, grazie agli Opi, balcanizzerà ulteriormente i rapporti tra lavoratori. Tra infermieri che si sentono esautorati del loro ruolo e operatori socio sanitari che pur sentendosi in parte gratificati dalla possibilità di un avanzamento nel loro ruolo professionale sono preoccupati del fatto che, mancando un profilo nazionale univoco e aggiornato, stante la latitanza della Conferenza delle regioni, avranno più responsabilità non codificate dal contratto e senza alcun avanzamento economico”.
Peraltro, continuano Bernini e Vannini, “le stesse dichiarazioni dell’assessore veneta alla Salute, Manuela Lanzarin, che parla di necessità in ragione della carenza infermieristica, ci paiono confermare gli aspetti che fin dal principio, come Fp Cgil, avevamo rimarcato all’indomani della delibera: una scelta dettata dall’assenza di programmazione formativa che mirava solo ad una operazione di riduzione dei costi contrattuali e di rincorsa all’emergenza, a scapito dei lavoratori, senza un vero progetto di prospettiva che intervenisse sul pieno riconoscimento di funzioni avanzate della figura infermieristica e di rideterminazione di tutti i profili professionali che operano nell’ambito del comparto ‘Salute’. Non quindi un profilo per volta a seconda delle convenienze ma tutti”.
Come Fp Cgil, ribadiscono, “abbiamo già chiesto alla regione Veneto un incontro con tutte le organizzazioni sindacali per affrontare il tema. Alla Conferenza delle regioni, che da mesi sollecitiamo unitariamente affinché avvii un confronto mai partito su una revisione nazionale, coerente e omogenea del profilo dell’operatore sociosanitario, faremo presente che, anche su questo, la pazienza è finita. Il tema va anche riportato alla sua dimensione contrattuale. Decidono i contratti inquadramenti giuridici ed economici sulla base dei profili professionali e dell’organizzazione del lavoro”.
“Una cosa per noi è certa – puntualizzano i due dirigenti sindacali della Fp Cgil -: non pensino le aziende, pubbliche e private, di poter fare a meno di infermieri dove c’è n’è bisogno, assegnando compiti e funzioni ad altri. Non pensino le aziende di poter sfruttare gli operatori socio sanitari assegnandoli responsabilità a invarianza retributiva. Il progetto, abbastanza evidente, di affrontare la riorganizzazione del servizio socio sanitario nazionale in occasione del Pnrr passando per una ulteriore contrazione del costo del lavoro e per la potenziale cessione di ulteriori pezzi di attività al privato troverà la nostra ferma opposizione a tutti i livelli”.
“Se è vero, come afferma la Regione Veneto, che il percorso di operatore socio sanitario con funzioni complementari è previsto da un accordo Stato-Regioni del 16 gennaio 2003, è altrettanto vero che coloro che si sono assunti la responsabilità di definirne l’accordo allora, debbono assumersi la responsabilità di codificarlo come proposta nell’ambito del comitato di settore sanità ed enti locali del prossimo contratto di lavoro, aprendo coerentemente una strada che poi potrà essere seguita nel rinnovo dei contratti privati e del terzo settore. E di farlo omogeneamente per tutto il Paese e non per parti”, concludono Bernini e Vannini.