Al Ministro della Difesa
On. Lorenzo Guerini
e,p.c.
Al Sottosegretario alla Difesa
On. Giorgio Mulè
Al Capo di Gabinetto
Gen. di Divisione Aerea Antonio Conserva
Al Capo di Stato Maggiore della Difesa
Gen. Enzo Vecciarelli
Al Capo di Stato Maggiore dell’Esercito
Gen. di Corpo d’Armata Pietro Serino
Al Capo di Stato maggiore della Marina
Amm. Giuseppe Cavo Dragone
Al Capo di Stato maggiore dell’Aeronautica
Gen. di Squadra Aerea Alberto Rosso
Al Segretario generale della Difesa
Direttore nazionale degli armamenti
Gen. Nicolò Falsaperna
Al Direttore di Agenzia Industrie Difesa
Dott. Nicola Latorre
Al Direttore Generale del Personale Civile Difesa
Dott.ssa Gabriella Montemagno
Oggetto: Poli, Centri Tecnici e Arsenali, stabilimenti di Agenzia Industrie Difesa, relazioni sindacali, salute e sicurezza, gestione del personale civile.
Signor Ministro,
pur sapendo di correre il rischio di sottoporre alla Sua attenzione temi che Le sono ampiamente noti, come del resto testimonia solo da ultimo l’impegno profuso a sostegno dello sblocco delle 315 assunzioni destinate all’arsenale di Taranto, avvertiamo comunque l’esigenza di comprendere se l’attenzione manifestata nella circostanza al predetto Ente è il risultato di una – per quanto esemplare – singola iniziativa politico istituzionale, o se invece rappresenta il segnale tangibile di una conduzione politica del dicastero della difesa consapevole della dimensione delle problematiche che condizionano pesantemente la capacità di produrre dell’area tecnico operativa e industriale della difesa, come pure di Agenzia industrie Difesa, intende impegnarsi per garantire il medesimo sostegno alle esigenze di tutti gli altri arsenali, poli e centri tecnici della difesa in termini di investimenti in risorse umane e strumentali, indispensabili alla valorizzazione industriale di quegli importanti asset statali.
Che invero attualmente, nella generalità dei casi e per le ragioni che di seguito tratteremo, è oggi impossibilitata a garantire tutte le attività manutentive richieste, se non, forse, quelle che rappresentano poco più di un terzo delle attuali capacità operative di cui dispone, mentre la maggior parte dei lavori – come pure molti dei servizi correlati – continuano purtroppo ad essere commissionati ad aziende e società esterne al perimetro pubblico, molto probabilmente a costi di molto superiori.
Una situazione divenuta allarmante, che di certo trae origine da talune discutibili scelte politiche compiute di seguito allo scoppio della crisi economica mondiale del 2008, a giudizio della scrivente, a cui si è deciso di reagire privilegiando esclusivamente l’indistinto contenimento della spesa pubblica e dei servizi dello Stato, e per questa via determinato il blocco del turn over del personale della pubblica amministrazione e, quindi, anche della forza lavoro occorrente all’area tecnico operativa e industriale della difesa.
Di conseguenza, tutti quegli enti ritenuti sempre strategici per la difesa del paese e per il suo stesso sviluppo economico e industriale, come pure per i risvolti sociali determinati dall’esigenza di mantenere l’occupazione e l’indotto per le comunità territoriali in cui risiedono, hanno pesantemente risentito delle drammatiche condizioni imposte. Al punto che ora, a distanza di più di un decennio, senza gli investimenti ritenuti essenziali a rilanciarne il ruolo, le competenze, e l’operatività prestata al servizio delle FF.AA. e dello Stato, quegli stabilimenti non potranno continuare a garantire ancora per molto le già ridotte attività istituzionali richieste.
Da questo punto di vista, ci si chiede se il Ministero della Difesa abbia o meno inteso porre in sede governativa la questione del rilancio dell’area operativa e industriale della difesa in occasione della stesura del PNRR, declinandone l’esigenza non solo per il ruolo istituzionale attribuito, ma, più in generale, per la sua capacità di attrarre investimenti e contribuire allo sviluppo economico e industriale del paese avendo al contempo la possibilità di mettere anche a disposizione, soprattutto in questo particolare momento storico, in cui i segnali di ripresa tardano ad arrivare, moltissimi posti di lavoro.
Temi, quelli appena posti, sui quali occorrerebbe a nostro avviso stabilire un momento di sintesi specifico tra le parti, signor Ministro, e a tal proposito confidiamo in quella sensibilità politico istituzionale che abbiamo già avuto modo di apprezzare nel passato, non solo dal punto di vista formale.
Per quanto attiene le scelte politiche accennate in premessa, è noto che in ragione di quanto previsto dall’art. 3, commi 1 lett. a) e 2 lett. a) della Legge n. 244 del 31.12.2012 – delega al governo per la revisione dello strumento militare nazionale e norme sulla medesima materia, pubblicata in GU Serie Generale n.13 del 16-01-2013 –, entro l’anno 2024 le dotazioni organiche del personale civile della difesa dovranno essere ridotte a 20.000 unità, mentre a 150.000 quelle del contingente militare.
Una norma che, oltre a fissare quell’argine per le lavoratrici e i lavoratori civili, ambiva a rimodulare i capitoli di spesa al 50% per le spese del personale – oggi siamo circa all’85% -, contenere al 25% le spese di esercizio – ma siamo molto oltre quella previsione -, e al 25% le spese degli investimenti soprattutto militari – che risultano ben al di sopra dell’obiettivo inizialmente previsto -. In sostanza, per effetto dei dati appena comunicati, si può certamente affermare che quella legge non ha raggiunto nemmeno uno dei risultati che si era originariamente posto il legislatore.
Al netto delle altre voci testé declinate, ciò che deve far particolarmente riflettere è, stante la certificazione del dato elaborato dalla direzione generale del personale civile della difesa, il numero delle lavoratrici e dei lavoratori civili rimasti complessivamente in servizio presso gli enti della difesa e di A.I.D. consta attualmente in circa 19.900 unità, ovvero circa 10.100 in meno rispetto ai 30.000 previsti dagli organici prima della citata legge. E si stima che al 2024 queste diverranno circa 13.000, se non addirittura meno.
La provvisorietà del dato partecipato dipenderà, oltre che dai pensionamenti ordinari, anche dal numero dei lavoratori che entro il prossimo mese di dicembre decideranno di aderire alla c.d. quota 100, valida come noto ancora solo per quest’anno.
Già oggi, quindi, con poco meno di 4 anni di anticipo rispetto alla scadenza fissata dalla legge 244/2012, il contingente di personale civile in servizio è inferiore alle 20.000 unità, e ciò la dice lunga sull’attuale capacità operativa di quegli enti.
Sulle conseguenze generate da quella legge, in particolare sulle dotazioni organiche della forza lavoro civile del Ministero della difesa, considerata l’importanza della discussione già avviata dalla IV Commissione Difesa della Camera dei Deputati sulla proposta di legge 2802 DEL MONACO ed altri, presentata il 26 novembre 2020 T.U. con c. 1934 e 2993, recante “Delega al Governo per la revisione del codice dell’ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010 , n. 66, per gli aspetti relativi all’assetto strutturale e organizzativo delle Forze armate e all’amministrazione della difesa, nonché proroga del termine per la riduzione delle dotazioni organiche del personale delle Forze armate e del personale civile del Ministero della difesa”, chiederemo nei prossimi giorni, pur non essendo a conoscenza delle eventuali iniziative assunte da codesto dicastero nel merito della proposta, una audizione delle rappresentanze sindacali del personale civile della difesa, fin qui tenute inaspettatamente avulse dal dibattito.
Ma v’è di più, purtroppo.
Ad aggravare, se possibile, l’attuale difficile contesto interno, contribuisce anche l’attuale inopinata insorgenza di una serie di problematiche che per lo più derivano dall’assunzione di alcune iniziative del tutto arbitrarie assunte in ambito difesa, sia per taluni aspetti che attengono alla gestione e all’organizzazione del lavoro del personale dipendente, sia in tema di rispetto della salute e della sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori – rivendicato a maggior ragione in questo particolare momento storico caratterizzato dalla pandemia tuttora in corso – sia nell’ambito di un sistema di relazioni sindacali che, sebbene definito da precipue norme di legge e contrattuali vigenti, viene spesso unilateralmente violato.
Così accade che all’arsenale di Taranto in particolare, ma a quanto ci risulta anche in altri Enti della difesa, il mancato rispetto delle norme vigenti che regolano l’impiego e le funzioni del personale civile della Difesa nella gestione del personale assegnato si stia anche sostanziando nella pratica di taluni improvvidi cambi di profilo disposti, o che si vorrebbero a breve veicolare dalla locale amministrazione militare attraverso lo S.M.M. e Persociv contro la dichiarata volontà delle organizzazioni sindacali, nei confronti di talune figure professionali tecniche che, se impiegate in mansioni non operative, andrebbero così a depauperare ulteriormente l’esigua forza lavoro resa attualmente disponibile alle attività manutentive prodotte dall’Arsenale, viepiù vanificando lo sforzo compiuto sulla prossima (e auspichiamo veloce) assunzione di quelle 315 unità.
Allo stesso modo, stiamo purtroppo registrando da parte di alcuni Enti, come ad esempio, stando a quanto riferito, nel caso della Direzione dell’Arsenale di Augusta, il mancato rispetto delle regole stabilite con le parti sociali contenute nel Protocollo sulla sicurezza e lavoro agile definito nell’Ente, a valle del Protocollo sottoscritto a livello nazionale lo scorso 15 maggio, poi aggiornato sulla scorta dell’evoluzione della pandemia, dapprima in data 22 giugno scorso e, in seguito, il 27 novembre 2020, con il conseguente netto scadimento delle relazioni sindacali tra le parti, che pare abbia anche generato l’assunzione di taluni inconsueti atteggiamenti posti inaspettatamente in essere nei confronti dei rappresentanti della FP CGIL.
Eppure, la nuova crescente diffusione delle varianti del virus, la cui elevata contagiosità sta creando giustificato allarmismo nel paese, unita all’assenza di una adeguata copertura vaccinale della popolazione, dovrebbe suggerire atteggiamenti molto più prudenti e ragionevoli, a nostro giudizio. Il generalizzato rientro dei lavoratori in presenza che si vorrebbe imporre senza il previsto confronto con le rappresentanze sindacali del personale e il necessario coinvolgimento dei comitati locali per la sicurezza, è contrario alle intese raggiunte tra il governo e le maggiori organizzazioni sindacali confederali, e viola i successivi protocolli stabiliti a livello nazionale tra le parti in ambito difesa, ponendo a forte rischio la salute e la sicurezza dei lavoratori e delle comunità che insistono su quei territori, che andrebbe invece tutelata attraverso i più elevati standard di sicurezza resi disponibili.
V’è, poi, l’importante questione afferente l’incomprensibile ritardo fin qui accumulato dall’amministrazione della difesa nell’emissione dei bandi di concorso relativi alle assunzioni già autorizzate che, fatto salvo lo sblocco delle 315 posizioni di Taranto, riguarda altre posizioni in attesa, come pure parte delle 431 unità previste dalla legge di bilancio 2021, sulle quali avvertiamo l’esigenza di addivenire, nell’ambito di un apposito tavolo di discussione che con la presente s’intende richiesto a Persociv, considerate le attività prodotte dagli stabilimenti richiamati dalla norma, ad una più precisa e puntuale ripartizione delle risorse umane ottenute.
In relazione a quanto affermato, e in attesa di sapere se è almeno condivisa l’esigenza di provare a fare il punto della situazione con codeste autorità nelle prossime settimane, o se del caso dopo le ferie estive, la FP CGIL intanto sollecita un intervento volto a ribadire il rispetto degli accordi sottoscritti tra le parti, delle disposizioni di legge e delle misure comportamentali/organizzative emanate dai soggetti istituzionali preposti, non ultime quelle contenute nel Protocollo per la sicurezza e il lavoro agile del personale civile concordate con la delegazione nazionale trattante individuata con decreto dal signor Ministro.
In caso contrario, la scrivente organizzazione sindacale si vedrà costretta ad agire nei modi e nei tempi consentiti dal vigente quadro normativo, al fine di tutelare la propria credibilità e il valore della salute e della sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori civili della difesa.
Si resta in attesa di cortese urgente riscontro.
Con viva cordialità
p. la FP CGIL Nazionale
Francesco Quinti
Roberto De Cesaris