“Lascia sconcertati la nota dell’Anci con la quale l’associazione chiede di escludere il personale degli enti locali dalla nuova e più favorevole disciplina della mobilità nelle pubbliche amministrazioni prevista dal decreto reclutamento”. Ad affermarlo è la Funzione Pubblica Cgil in merito alla posizione espressa dall’associazione guidata da Antonio Decaro, aggiungendo che: “Non solo è sbagliata la richiesta di adottare per il personale dei comuni un regime diverso e più restrittivo rispetto a quello previsto per le altre pubbliche amministrazioni, ma è incredibile che si lanci l’allarme sostenendo che questa compressione della libertà dei dipendenti degli enti sarebbe necessaria perché più elevata la loro propensione a spostarsi verso alte pubbliche amministrazioni a causa di un ‘trattamento retributivo medio inferiore rispetto al resto della PA’ e perché più gravi sarebbero gli effetti di questo presunto esodo a causa di gravi carenze di organico degli enti”.
Il sindacato si chiede, inoltre: “Che colpa hanno i lavoratori se le politiche perseguite a livello nazionale, ma anche periferico, hanno puntato sulla compressione dei salari e sulla mancanza di assunzioni come strumento per ottimizzare la produttività delle pubbliche amministrazioni? Non è paradossale che oggi si pretenda di far scontare due volte ai lavoratori queste circostanze, incatenandoli alle loro amministrazioni perché più poveri e più indispensabili dei dipendenti di altri settori pubblici?”. Per la Fp Cgil, “i comuni piuttosto dovrebbero intervenire per semplificare ulteriormente i concorsi ed evitare paradossi, come quelli che si paventano al comune di Roma dove le selezioni sarebbero così stringenti da mettere a rischio persino la formazione di una graduatoria. Dovrebbero denunciare le norme che fingono di rimuovere i tetti al salario accessorio ma che non risolvono nulla. Dovrebbero smettere di nascondersi dietro vincoli troppo rigidi sulle assunzioni per esternalizzare i servizi e comprimere i salari. Dovrebbero insomma chiedere di poter fare il proprio mestiere senza pretendere di discriminare i propri dipendenti”, conclude.