COMUNICATO
Si è appena concluso l’incontro tra una delegazione della FP CGIL, composta dalla Coordinatrice Nazionale Dirigenza Penitenziaria Carla Ciavarella e dal Coordinatore Nazionale Funzioni Centrali Massimiliano Prestini, e il Sottosegretario di Stato alla Giustizia Francesco Paolo Sisto.
La FP CGIL ha da subito evidenziato al sottosegretario che in un sistema organizzativo complesso quale è il carcere, la figura del Dirigente Penitenziario dovrebbe essere strategica e invece è ancora indefinita.
Presso le sedi degli istituti penitenziari e presso le sedi degli Uffici dei Provveditorati sono presenti, a fronte del fabbisogno di risorse stimato di 345 unità, 282 dirigenti con una carenza di organico pari a 63 unità. Il 30% degli istituti penitenziari del territorio nazionale è sprovvisto di un direttore titolare. Gli incarichi per i dirigenti quali direttori degli uffici dipartimentali sono stati significativamente ridotti a seguito della riforma organizzativa del Dipartimento introdotta con il DPCM n.84 del 15 giugno 2015. Ad oggi al DAP risultano in servizio, quali titolari di Uffici, 21 dirigenti penitenziari a fronte di 26 posti di funzione, decisamente insufficienti per assolvere tutti i compiti che in ragione di una “fusione a freddo” di competenze amministrative sono stati cumulati in capo ai singoli direttori degli uffici. L’attuale consistenza degli organici è il risultato di 20 anni di assenza di concorsi dedicati (l’ultima immissione in ruolo risale al 1997).
I dirigenti penitenziari, responsabili per legge della sicurezza dell’istituto, della gestione amministrativa contabile (sono anche funzionari delegati), della sicurezza dei luoghi di lavoro (a norma della legge 81/2008), rappresentanti di parte pubblica nelle contrattazioni sindacali decentrate e responsabili della gestione del personale, sono i presidenti dell’equipe di osservazione e trattamento, responsabili delle linee d’indirizzo delle azioni trattamentali e rieducative da realizzare nei confronti della popolazione detenuta, di cui sono responsabili per tutto quello che ai ristretti possa accadere. Tutto questo senza tutela legale né assicurativa per l’esposizione a rischio legato alle responsabilità professionali che la legge attribuisce.
Il direttore risponde anche per le conseguenze di decisioni a lui non imputabili, in una posizione di responsabilità oggettiva trasversale, che non vede analogia con altre figure dirigenziali pubbliche, e non esistono strumenti di tutela contrattuale che possano essere invocati.
La disciplina contrattuale deve essere realizzata come prima azione nel programma di riordino dell’amministrazione ed in parallelo con una riorganizzazione degli istituti penitenziari finalizzata ad istituire e disciplinare la figura e le competenze dei direttori di area.
Le politiche assunzionali degli ultimi anni hanno visto l’ingresso di funzionari del Corpo di Polizia Penitenziaria qualificati, ai quali è stata riconosciuta doverosamente la progressione in carriera sino al ruolo di dirigente, ingenerando legittime aspettative ma anche una grande confusione rispetto al ruolo ed alle funzioni che invece la legge attribuisce alla dirigenza penitenziaria.
È recente la querelle scaturita dalla proposta di riforma, poi respinta, che voleva sottrarre i dirigenti del Corpo di Polizia Penitenziaria dal vincolo gerarchico che per legge sussiste con il dirigente penitenziario direttore di istituto penitenziario. Non è difficile prevedere che in mancanza di una riforma organica e coerente, che tenga conto della complessità e dell’articolata specificità delle funzioni che devono essere assolte da ciascuno degli attori dell’organizzazione penitenziaria, i conflitti sopra descritti possano riproporsi ad ogni intervento di riforma settoriale, perché percepito sempre come dicotomico tra sicurezza e trattamento.
Occorre affrontare con coraggio e determinazione una riforma organica e strutturale, un progetto che preveda la valorizzazione del personale che già opera in carcere e che ha una grande esposizione gestionale, ma non ha ricevuto alcun riconoscimento professionale. Ci riferiamo ai responsabili delle aree della sicurezza, del trattamento e dell’amministrazione contabile. Questi responsabili di area dal 1990 ad oggi hanno solo visto aumentare il loro carico di lavoro, ma non certamente l’ambito della propria autonomia di gestione e di scelte operative. I responsabili di area devono diventare direttori di area, devono cioè poter gestire i propri compiti con un ambito di autonomia di risultato indispensabile per poter alleggerire molti dei procedimenti che ancora oggi prevedono autorizzazioni del Direttore d’istituto assolutamente ultronee. Al Dirigente capo dell’Istituto spetterebbe di conseguenza il compito di agire realmente la funzione dirigenziale di programmazione della gestione della struttura penitenziaria, del coordinamento e supervisione, della individuazione degli obiettivi e della responsabilità di risultato.
L’assenza di contratto ha posto il ruolo e le funzioni del direttore capo dell’istituto in una situazione di
vulnerabilità. La disciplina contrattuale deve essere realizzata come prima azione nel programma di
riordino dell’amministrazione ed in parallelo vanno riorganizzati gli istituti penitenziari per istituire e disciplinare la figura e le competenze dei direttori di area.
Queste azioni nella road map di rivisitazione ed ammodernamento degli istituti penitenziari e delle articolazioni territoriali sono da ritenersi propedeutiche a quella che noi consideriamo l’obiettivo principale del cambiamento: la Dirigenza Unica Penitenziaria.
Una dirigenza in grado di accogliere al suo interno tutte le competenze e le caratteristiche dei profili professionali apicali, che connotano trasversalmente le azioni della gestione dell’esecuzione penale in
carcere, con progressioni di carriera trasversali lasciati alla legittima aspirazione dei singoli nel rispetto del quadro costituzionale e delle raccomandazioni europee. Un ruolo unico per ampliare visione ed azione, per dare a questa dirigenza quella ricchezza professionale che la complessità della gestione dell’esecuzione della pena giustifica.
Una dirigenza penitenziaria che possa finalmente, a oltre quindici anni dalla legge, realizzare il suo primo contratto collettivo nazionale di lavoro e che possa diventare l’aspirazione legittima e unificante di approdo a una carriera di tipo manageriale, disponibile a quanti hanno già dato prova di direzione e
coordinamento nelle rispettive aree di specializzazione tecnico – professionale oltre che a quanti guardano all’amministrazione penitenziaria dall’esterno come a una realtà per cui investire il proprio sapere.
Fp Cgil Nazionale Fp Cgil Nazionale
Dirigenza Penitenziaria Funzioni Centrali
Carla Ciavarella Massimiliano Prestini